L’insostenibile colpa della felicità

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di Maria Stallone Alborghetti

Lo scopo principale di tutte le nostre azioni è il perenne tentativo di raggiungere la felicità ed evitare il dolore. Malgrado i nostri sforzi e meriti, spesso non ci riusciamo. Talvolta ci stupiamo nel constatare che le rare persone felici sono addirittura le meno virtuose.
Il disorientamento che ne deriva lascia un senso d’impotenza generale, tanto da chiedersi: «come è possibile che una condizione così umana, tanto desiderata, sia altrettanto difficile da perseguire? Cos’è questo quid misterioso, che s’insinua indisturbato nell’atteggiamento globale di colui che è infelice? ».
Per chi è avvezzo ad una cultura razionale, può sembrare inaccettabile l’idea che il boicottaggio che s’instaura nella persona sfortunata provenga proprio dal suo inconscio, dal suo respiro, dalla sua totalità non consapevole. Se non prendiamo in considerazione le contraddizioni in termini provenienti dal nostro inconscio, la profondità del respiro, le tensioni muscolari e le sensazioni che ci provengono dal nostro corpo, ci sentiremo spesso più nel dolore che nella gioia di vivere.

L’esplorazione inconscia può avvenire sia prendendo in considerazione l’attività onirica, sia abbandonandosi ad appropriati esercizi di analisi bioenergetica. Attraverso i sogni, spesso si constata che inconsciamente la felicità tanto ambita è altrettanto temuta, poiché ci induce a confrontarci con un senso di colpa archetipico rispetto alla sofferenza altrui.

La nostra sofferenza, negativa e confusa, è inconsciamente accompagnata dal timore di differenziarsi dal proprio nucleo familiare che spesso vive in situazioni mediocri o fallimentari. Differenziarsi dalla propria famiglia significa, per molti, sottolineare la propria diversità, suscitare invidia, divenire oggetto di sentimenti negativi.

CASTRARE I PROPRI DESIDERI E CAPACITÀ PER UNIFORMARSI ALLE DIFFICOLTÀ FAMILIARI: (…) Il senso di colpa, anche se difficilmente riusciamo a sentirlo perché sottilmente rimosso, è un sentimento così universale che lo ritroviamo alla radice di tutte le religioni, fiabe o antichi miti. Nel mito di Prometeo (che si appropria del fuoco per dare luce e calore all’umanità), l’eroe è colpevole per essersi impossessato di un bene appartenente all’Olimpo.

Analogo messaggio si trova nei miti dell’erba dell’immortalità, dei pomi delle Esperidi e del ramo dell’albero sacro a Diana, nel bosco di Ariccia. La ridondanza maggiore di questi miti la riscontriamo nella nota disubbidienza di Adamo ed Eva. E’ questo il peccato, la colpa implicante il desiderio e la realizzazione del possesso della conoscenza e del piacere, considerati assoluto privilegio di Dio. Nei miti come nelle religioni, gli Dei sono coloro i quali vivono al di sopra degli esseri umani, con privilegi dettati da un destino divino non estendibile a tutti.

Nell’inconscio, la costellazione degli Dei può essere proiettata sui genitori, sui fratelli e, talvolta, attraverso un sincretismo concreto inconscio, su tutta l’umanità che vive fuori di noi. Gli altri, nell’immaginario inconscio, sono la sintesi di quegli dei che proibiscono di conoscere e gustare il piacere che deve appartenere solo ed unicamente a loro.

Il senso di colpa inconscio, di colui che si appropria di ciò che è prerogativa divina, può essere così pesante e catastrofico che quantitativamente riesce a pervadere ogni azione dell’individuo.

Tutti possono ricordare Prometeo condannato a farsi mangiare il fegato dagli uccelli rapaci. Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre e condannati a soffrire a vita… insieme a tutti i loro discendenti. Pur essendo così universalmente presente in tutte le religioni, nei miti e nelle leggende, il complesso di Edipo, come già detto, è talmente misconosciuto dalla nostra coscienza, da agire in modo sottile e subdolo non solo nella realizzazione sociale, economica, ludica, ma finanche nella sfera affettiva e sessuale.

La maledizione e il senso di colpa così filogenetici, ontogenetici e biopsichici agiscono sotterraneamente in modo continuo in tutto ciò che può arrecarci felicità. Nel lavoro, nello studio, nella sfera affettiva e sessuale, e finanche, per essere nati belli, o più ricchi o più intelligenti. Può sembrare assurdo, ma il problema è talmente ancestrale che non perdona nessuna categoria sociale, nessuna fascia d’età.

Le categorie meno fortunate per generazioni sono quelle più pesantemente colpite, ma è proprio la loro totale disperazione, che spesso li aiuta a riconoscere il senso di colpa e quindi a ricorrere alla psicoterapia. Purtroppo, se non si entra in contatto con il senso di colpa individuale, per instaurare una dialettica costruttiva, man mano che si diviene adulti il complesso rimosso pervade ogni giorno di più il corpo e la sua inflazione provoca infine comportamenti autodistruttivi, generando anche gravi malattie, incidenti e seri problemi ai propri figli.

Fonte: Bioenergetica Online