L’importanza del raccontarsi

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Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Tempo fa ho avuto la fortuna di lavorare con una ragazza con cui, durante il racconto della propria storia, si era evidenziato la sua idealizzazione di una persona di famiglia, svalutando, di conseguenza, se stessa. Durante il racconto di un evento quotidiano successo quando lei era bambina, la ragazza mi ha esposto il suo punto di vista e, alla fine, le ho proposto un altro punto di vista che mi sembrava congeniale alla situazione. Dopo aver riflettuto su questa nuova idea, dopo aver ipotizzato che avrebbe potuto essere un punto di vista possibile e probabile, dopo averlo inserito in una prospettiva di dinamica famigliare, la ragazza ha iniziato, da quel momento, ad osservare i suoi eventi passati sotto altre possibili alternative, modificando, ampliando, inserendo altri possibili particolari e altre possibili alternative e significati. Un’altra ragazza, raccontava alcuni eventi della sua vita in modo “da cronaca”: li considerava importanti ma li lasciava lì senza darsi la possibilità di lavorarci. Quando si pensa al percorso di psicoterapia, si pensa di esporre un problema attuale e di trovare noioso, inutile, troppo doloroso riprendere il passato. Alla fine si pensa, in modo quasi passivo, che “è una fase della psicoterapia”. L’andare a vedere il passato innanzitutto serve per avere un quadro delle dinamiche famigliari e sociali in cui la persona è cresciuta e cosa, di esse, la persona si porta nell’attualità. È vero che il passato rimane tale e che non può essere cambiato: la morte, per esempio, di una persona rimane tale anche dopo il racconto. Cosa cambia, allora? Il passato non si cambia ma può essere cambiata la prospettiva di osservazione, di interpretazione. È come guardare un evento o una serie di eventi dal di fuori, da una prospettiva che diventa progressivamente più “adulta”. Quando una persona vive un evento, emergono delle emozioni, ne vengono represse altre, si hanno pensieri, idee ed, infine, si interpreta l’evento in un determinato modo. Inoltre, ci sono delle ovvie reazioni comportamentali. Per esempio, un bambino che subisce bullismo può avere delle reazioni comportamentali, oltre che emotive, che possono “bloccarlo” o “facilitarlo”. Queste variabili sono vere in quel momento lì. Il racconto di sé, il raccontare la propria storia: 1- fa rivivere le emozioni del quel momento e permette di rielaborarle; 2- pone un ponte tra le emozioni di ieri e quelle di oggi; 3- permette alla persona di rivedere la propria storia da fuori, come se vedesse un film; 4- permette di reinterpretare gli eventi della vita secondo quel periodo (famigliare, personale, scolastico, ecc.) specifico; 5- permette alla persona di vedere quale “eredità” ha portato quella serie di eventi; 6- permette, alla fine, di venire in contatto con il vero sé, con ciò che avrebbe voluto fare e ciò che effettivamente ha fatto; 7- permette alla persona, spesso, di perdonarsi perché non poteva agire altrimenti; 8- permette alla persona di lasciare il passato al passato e di farlo diventare ininfluente e poco importante. Molto spesso le scelte di vita sono il frutto di una cultura famigliare e sociale in cui la persona è inserita e, per questo, la persona, in quel momento, non può permettersi altre scelte oppure non ha altre scelte. Ecco perché è importante raccontarsi e fare in modo che, durante la psicoterapia, si faccia un ponte tra il proprio passato e la vita attuale. È prendersi cura di sé, mettersi al centro e darsi lo spazio adeguato.

Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Cerveteri – via Prato del Cavaliere, 5
Ladispoli – via Ladislao Odescalchi, 27
Roma – via dei Camillis, 8 (metro Cornelia)

Cell. 338/3440405