LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE HANNO AVUTO IL LORO EPILOGO

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Le amministrazioni locali sono state inserite in un quadro politico generale che investe l’intero Paese. 

di Antonio Calicchio

Le elezioni, in Italia, hanno avuto il loro epilogo, il quale avrebbe dovuto evidenziare un significato tale delle liste che fosse più importante di quello legato alla politica vista negli ultimi anni, con istituzioni “occupate” da gruppi variamente denominati e rimasti attaccati a profonde contraddizioni: ed infatti, i partiti avevano un senso in quanto riconducibile a dei valori, basati su una fede, fascista, antifascista, repubblicana, monarchica, etc.

Gli attuali raggruppamenti o movimenti corrispondono ad una confusione intellettuale, che muove dal declino dei partiti, di destra e di sinistra, smarrendo, peraltro, anche i nomi. Anzi, a parere di alcuni analisti, è da questo punto che origina la decadenza, cioè dacché i partiti si “vergognano” di chiamarsi con un nome, che corrisponda a delle idee, assumendo nomi singolari, quasi sempre con la parola Italia: Italia viva, Italia morta, Italia sì, Italia no, Fratelli d’Italia, Forza Italia. E così, la politica si è destinata ad una dissociazione nel rapporto con le persone, anche dal punto di vista linguistico.

Un tempo, essa, quando corrispondeva a dei principi, era liberale, repubblicana, socialista, e via discorrendo. Ma i partiti sono stati nullificati e distrutti dalla potenza di “Mani Pulite”. E da simili macerie sono sorti partitini con vaghi nomi. Prima, quindi, esistevano i partiti, autorevoli personaggi, come Gramsci, Gobetti, Croce, idee, perché non si dà politica, mancante di idee. Ora, esiste una – sola – idea, grande, che è quella dell’Italia. Tuttavia, l’Italia non può essere intesa in modo generico ed astratto, benché essa sia, non di rado, identificata con Dante, Michelangelo, Leonardo, Caravaggio.

Occorre rinascere, dopo anni di morte civile, proprio in forza dell’orgoglio di essere Italiani, oltre gli steccati destra/sinistra, compensando i nomi dei partiti, che non esistono più. Occorre rinascere, attraverso figure di riferimento valenti e prestigiose, che conferiscano identità alla politica. Identità che deve avere alla radice, da un lato, la storia e la grandezza dell’Italia, dall’altro, il “coraggio”, che è imprescindibile per fare politica. E’ necessario prendere posizione, non farsi intimidire, non vivere da schiavi, non farsi piegare, allo scopo di schiudere possibilità di speranze e superare condizioni psicologiche di intollerabile oppressione: questo – e solamente questo – è il senso di libertà e apertura politica che la democrazia deve garantire.

Del resto, il peso della cultura, nella sfera politica ed amministrativa, è tale in quanto offre un contributo significativo, tanto più quando si hanno comunità che abbiano volontà di essere nutrite di cultura e bellezza, bellezza della natura, della storia. Le figure e le personalità che rappresentano i partiti devono avere carattere, distinzione, devono, cioè essere riferimento di qualcosa, credere almeno in loro, come guide, avere la consapevolezza che l’Italia è stata fatta sì dal Creatore, che l’ha prodotta con una bellezza senza fine, ma anche da persone straordinarie, che le hanno dato vanto e onore, persone che vanno da Giotto a Ferrari. Il nostro Paese ha la creatività e la bellezza come situazioni primigenie di vita. Per questo, bisogna puntare su di esse, anche per assicurare ai cittadini un riferimento a qualcosa che abbia a che fare col pensiero e l’intelligenza umana.

La politica ha perso dignità e decoro. Ad es., in Giappone, vi sono uomini le cui qualità divengono tesori nazionali viventi. L’Italia è piena di talenti, persone intelligenti, capaci, che si disinteressano alla politica. Si fatica a trovare soggetti che hanno lavoro, intelligenza, che si impegnino in politica, poiché la disprezzano, per come è divenuta, la evitano. La politica non è sopra di noi, ma è con e per noi. Essa è una condizione alta della dimensione umana e, come tale, va esercitata con coraggio e senza imbarazzo, senza umiliazione o senza sentire che è indegna.

E’ indispensabile credere alla politica, all’Italia, alla bellezza, alla rinascita di un mondo che, durante vicende tanto complesse, è capace di farsi riconoscere. L’Italia è prima nel mondo, non ha rivali, dotata di un patrimonio artistico-archeologico senza paragoni al mondo. E noi dobbiamo mantenere vivida questa dignità, anche nel nome.

“L’Italia … non è nata dalla politica o dalla guerra. Non da un matrimonio dinastico, non da un trattato diplomatico. E’ nata dalla cultura, dalla bellezza. Dai libri, dagli affreschi. E’ nata da Dante e dai grandi scrittori” (Cazzullo).

E il decadimento del costume politico, la corruzione e la “concussione ambientale”, con la conseguente delegittimazione democratica, da una parte, l’imbarbarimento della vita di relazione, visibile nei centri urbani, con la caduta di ogni slancio partecipativo, dall’altra, fanno delle nostre città il paradigma dell’odierno marasma nazionale. Anche la preoccupante situazione ambientale, amministrativa ed urbanistica è ormai prossima alla irreversibilità.

E’ opportuno che si affermi la consapevolezza che, al di là delle dispute di potere, ci si disponga ad agire concretamente per affrontare una situazione il cui precipitare potrebbe generare conseguenze incalcolabili e, comunque, gravi. Il massacro urbanistico, il dissesto territoriale, le carenze dei servizi sociali essenziali, come l’assistenza sanitaria, il trasporto pubblico, la casa, le attività culturali hanno trovato indubbiamente poco spazio nell’ambito dei programmi elettorali.

Numerose città, giunte al limite di guardia della loro vivibilità umana e collettiva, non potevano non imporre, alle forze politiche, una certa attenzione a problemi la cui mancata soluzione potrebbe dar vita ad aggregati urbani spesso parossistici e nevrotizzanti e a non poche sacche di impressionante degrado civile.

Le consultazioni elettorali del 12 e 26 giugno hanno significato un momento di disamina politica generale dei più rilevanti problemi nazionali. Per questo, le amministrazioni locali sono state inserite in un quadro politico generale, che investe l’intero Paese, tanto che, nel dibattito elettorale, sono state presenti questioni strutturali, inerenti alla vita politica ed istituzionale dell’intera Repubblica.