I dati personali degli utenti contano, una sentenza del Tribunale condanna il social per pratica commerciale scorretta.
Con una sentenza destinta a fare storia, il Tar Lazio ha riconosciuto che i dati personali degli utenti possono costituire un asset suscettibile di sfruttamento economico e, quindi, quando Facebook utilizza i dati degli utenti iscritti alla piattaforma per fini commerciali, deve farlo in maniera trasparente. Deve essere chiaro – secondo il giudice amministrativo – agli iscritti che in cambio dell’uso dei social stanno dando i loro preziosi dati personali. Una notizia a cura di Natalia Milazzo, nell’inserto Inchieste della rivista Altroconsumo (l’associazione italiana di consumatori senza fini di lucro, la prima e la più diffusa, nata nel 1973 sotto il nome di Comitato Difesa Consumatori). Un’informazione sicuramente non nuova ma utile da ricordare nell’uso quotidiano della piattaforma. Nel mese di gennaio La Repubblica, si era occupata della privacy del cittadino, in un’articolo ribadiva come “fino al 15 aprile 2018, l’utente in fase di registrazione non trovava un evidente e chiaro richiamo sulla raccolta e uso a fini commerciali dei propri dati”. L’articolo. Una sanzione che dà ulteriore slancio alla class action portata avanti a tutela dei consumatori, per i quali l’associazione aveva chiesto e, continua a chiedere, un risarcimento di 285 euro per anno di iscrizione al social, per pratica commerciale scorretta. Sono 120 mila gli italiani che hanno aderito all’azione, dopo la multa di 5mlm a Facebook inflitta dall’Antitrust. Qui l’approfondimento.