Quando il lavoro diventa pericoloso per la salute: il Mobbing

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Dott.ssa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapauta

In questo e nei prossimi due articoli, voglio parlare di ambiente lavorativo. Ora verrà affrontato il mobbing. Nelle settimane successive parlerò di burn-out e, poi, di clima organizzativo. Mi auguro di fare cosa gradita.

Nel 2002 sulla rivista FACTS n° 23 è stato descritto in modo semplice ma esaustivo e, forse, per la prima volta, il mobbing lavorativo definendolo come “un comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza”.

È importante evidenziare due termini fondamentali: 1- comportamento: una serie di azioni o comunicazioni intimidatorie, minatorie, aggressive ed umilianti che portano all’isolamento e che impediscono al lavoratore di difendersi; 2- salute: chi subisce il mobbing ha un serio rischio di compromettere la sua salute fisica e mentale, manifestando per esempio, depressione, calo dell’autostima, autobiasimo, fobie, disturbi del sonno, problemi digestivi e muscolo scheletrici fino ad arrivare anche alla manifestazione di sintomi legati al Disturbo Post Traumatico da Stress (che, solitamente, emerge dopo esperienze traumatiche che mettono in pericolo la propria sopravvivenza quali disastri, incidenti o aggressioni).

L’obiettivo del mobbing è indurre il licenziamento del mobbizzato. Nel mobbing esistono tre “attori”, il mobber ossia chi attua i comportamenti vessatori; c’è poi il bersaglio/mobbizzato, ossia chi subisce il mobbing; infine ci sono gli spettatori, i colleghi che osservano ciò che succede. Il mobbing può essere orizzontale, quando mobber e bersaglio hanno la stessa parità di ruolo, oppure verticale quando il mobber è il capo, o un preposto, del bersaglio.

In quest’ultimo caso si parla di “bossing o mobbing strategico” ed è determinato dall’esigenza di rinnovare il personale aggirando le garanzie lavorative sindacali. Il bossing viene messo in atto in modo razionale e con precisione chirurgica e le mosse attuate sono sabotaggi lavorativi (affidando compiti degradanti, togliendo incarichi importanti e consoni al ruolo, alla preparazione ed all’esperienza curriculare), togliendo i vantaggi che ha raggiunto il lavoratore (per esempio, cellulare e macchina aziendale).

Solitamente chi è bersaglio di mobbing è: 1- una persona che in quell’ambiente lavorativo è sola (per es., una donna in un ambiente maschile); 2- una persona che emerge dal gruppo, che si nota; 3- una persona di successo (suscita invidia); 4- una persona nuova, più vulnerabile perché non conosce le dinamiche né le persone oppure è confrontata con la precedente, considerata più brava o qualificata.

Le motivazioni della presenza del mobbing possono essere varie: 1- nell’azienda il mobbing è un comportamento tollerato e non viene considerato un problema; 2- conflitti di ruolo; 3- il ruolo lavorativo che ricopre il lavoratore bersaglio è molto richiesto; 4- la dirigenza pressa il lavoratore; 5- scarsa qualità nel rapporto tra colleghi e tra la dirigenza e i lavoratori.

L’ideale è la prevenzione con interventi mirati in azienda, sia preventivi che “curativi”. Spesso, però, la vittima si sente sola ed isolata e ha difficoltà di denunciare credendo che ciò che le sta succedendo sia colpa sua. In questo caso è importante che inizi a pensare che il problema non è il suo ma dell’azienda; è importante, inoltre, che rinforzi l’autostima e che impari delle tecniche comunicative di risposta adatte.