Mi piacerebbe che ognuno di voi, prima di leggere questo articolo, pensasse ai litigi che ha avuto; non importa chi erano i protagonisti (genitori, amici, partner) e neanche gli argomenti.
Mi piacerebbe che si iniziasse a pensare ai litigi come ad un format che col tempo si è consolidato tra quelle due persone, al di là dell’argomento. Nelle relazioni umane e, soprattutto nelle coppie e nelle famiglie, il conflitto e il litigio sono considerati quasi sempre in modo negativo per cui si cerca di evitarli. Ci sono due tipi di conflitti: quello distruttivo e quello costruttivo. A questo punto chiedo: i vostri litigi sono più distruttivi o più costruttivi? Nel conflitto distruttivo, le persone cercano di avere ragione e sovrastare l’altro in tutti i modi, usando soprattutto l’accusa. Questo tipo di litigio sembra una vera e propria guerra oppure una partita a ping-pong in cui si cerca di non far cadere la pallina, fino allo sfinimento. Qui il dolore viene sovrastato dalla rabbia. Alla fine, però, con molto rammarico, qualcuno cede. Nel litigio costruttivo, il vero protagonista è il dolore relativo all’argomento e la rabbia passa in secondo piano. Qui tutte le parti sono consapevoli che non c’è nessun vincitore/vinto ma che entrambi hanno contribuito allo sviluppo del litigio. Cosa fare, allora, affinché il litigio diventi costruttivo?
1- concentrarsi solo su quell’argomento;
2- raccontare come “io mi sento quando succede questo” per evitare di cadere in accuse; inoltre, se “io mi sento così” è una verità che non può essere smentita dall’altro;
3- mantenere una comunicazione chiara e
4- mantenere dei “turni di comunicazione”: mentre uno parla, l’altro ascolta. Infine,
5- disinnescare: quando la rabbia prevale, fermarsi e chiedere “cosa si può fare per…” e, se necessario, stoppare temporaneamente il litigio. Sappiamo che la rabbia è un’emozione primaria e, quindi, fa parte di noi come fanno parte di noi il cuore e i polmoni; la rabbia ha dei correlati neurofisiologici importanti (aumento battito cardiaco, tensione muscolare, ecc.) per non parlare degli aspetti non verbali (tono e ritmo della voce, postura corporea, cambiamento dell’espressione del viso, ecc.). Ognuno di noi conosce, se ci riflette bene, quali sono i segnali che il corpo dà quando si arriva al limite nel provare la rabbia. Molto spesso è fondamentale per disinnescare:
a) ascoltare gli effetti che produce la rabbia e cercare di arrivare al punto da cui si può tornare indietro;
b) quando sia arriva quasi al limite, interrompere il litigio anche fisicamente, cambiando stanza insieme oppure separandosi andando ognuno in una stanza diversa;
c) mantenere una distanza di sicurezza, di solito la misura è la lunghezza del proprio braccio.
Culturalmente, c’è una regola “mai andare a letto senza aver concluso il litigio”; questa è una parziale verità poichè mentre da un lato un litigio irrisolto può portare ad una notte insonne, dall’altro volere a tutti i costi concludere il litigio può portare alla sua esacerbazione. Ricordiamoci, però, che ci sono delle coppie e delle famiglie che mantengono il legame attraverso il litigio; inoltre, ci sono delle coppie che dopo il litigio fanno all’amore in modo più passionale. In entrambi i casi, soprattutto alla presenza dei figli, si possono produrre effetti educativi estremamente negativi perché i figli non sanno che ci sono altri modi di comunicare e non sanno che e come i loro genitori fanno pace (in questo caso sono consapevoli e apprendono solo la prima parte).
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta
Psicologa Giuridico-Forense
Cell. 338/3440405