Visitare il polmone? Sembra facile basta utilizzare lo stetoscopio ed ascoltare gli emitoraci mentre il paziente respira. Ma non è cosi semplice. Già dalla verde età di 18 anni il mio maestro pneumologo, Prof. Renato D’Ambrosio (primario del reparto del S. Filippo Neri), mi invitava a visitare il paziente, a torace nudo, in piedi.
“Prima di tutto viene l’ispezione, ossia osservare i polmoni. Iniziamo dal dorso. Vi è una cifoscoliosi (gobba) o ci sono segni di spondilite anchilosante? In entrambi i casi ci può essere una ridotta espansione polmonare (insuff. respiratoria restrittiva). Poi guardo davanti per escludere un “pectum escavatum o carenatum” (deformazione costale congenita). Conto gli atti respiratori perché se frequenti possono essere un segnale di dispnea (affanno) o di stato neurodistonico. Il paziente ha fame d’aria (dispnea, asma bronchiale) utilizza i muscoli accessori della respirazione (sternocleidomastoideo, pletisma)?
Questo era solo l’inizio dell’ars medica pneumologia. Il primario diceva a me (e all’altro studente, mio amico, C. Giarrizzo, unici frequentatori negli anni 70 del reparto) di osservare le mani del paziente: erano cianotiche di color blu? cianosi periferica; se era cianotica solo la lingua e le mucose (cianosi centrale). Le mani erano di colore bianco? (anemia) erano scure? (nicotina) oppure ippocratiche? (varie altre patologie).Poi ci invitata a porsi di nuovo alle spalle del paziente ed a dislocare i nostri pollici, di entrambi le mani (o palmo aperto sugli emitoraci) ai lati della colonna vertebrale.
Quindi chiedere al paziente di effettuare delle inspirazioni (aria dentro) ed espirazioni (aria fuori) profonde. Se vi era un lato “offeso” (es broncopolmonite, fibrosi etc) questa parte dell’emitorace dimostrava un ritardo o una riduzione dal movimento rispetto al controlaterale. Poi diceva al paziente di sollevare i gomiti flessi all’altezza della fronte per far allontanare le scapole della loro posizione. Solo cosi l’ispezione dei polmoni era per lui completa. Vi era “flepping tremor” (asterissi) ossia mani a battito di uccello? (insuff. epatica opp. intossicazione da biossido di carbonio).
Vi era un atrofia dei piccoli muscoli delle mani? (K polmonare). Ci diceva allora di cercare se era anche presente una Sindrome di Cloude- Bernard – Horner (K polmonare apicale): ptosi palpebrale (distruzione del tumore del plesso brachiale simpatico); miosi (prevalenza del parasimpatico), esoftalmo. Oppure se il paziente aveva anche dolore alla spalla e al braccio omolaterale (Sindrome di Ciuffini Pancost). Ci invitava a palpare sopra le clavicole per escludere un “linfonodo di Troiser”: tutti segnali di allarme per neoplasia polmonare.
La percussione doveva essere eseguita su entrambi gli emitoraci, sia in inspirazione che in espirazione: un’area di ottusità era fortemente sospetta di broncopolmonite o altre malattie. All’ascoltazione insisteva molto sulle distinzioni tra crepitii (es pleurici), sibili (es asma bronchiale), rantoli (a grandi, medie e piccole bolle indice di flogosi polmonari), ronchi (rumori secchi e non umidi come i rantoli, indice spesso di broncopneumopatie croniche). Molta attenzione veniva posta alle due fasi della respirazione: un’espirazione prolungata (EP) era fortemente suggestiva di asma bronchiale perché il paziente aveva difficoltà ad espellere con facilità l’aria.
Per sospettare un’ipertensione polmonare (da cuore polmonare cronico oppure da valvulopatia tricuspidale) li paziente veniva invitato a distendersi sul lettino posto a 45° C. Ciò per osservare il JPV (Jugular Point Vens), ossia la vena giugulare: se patologica rappresentava un inizio importante di una patologia polmonare, specie se il fegato era ptosico e vi era, all’ascoltazione, un rinforzo del 2 ° tono sul focolaio polmonare (2° spazio intercostale sinistro sul margine sternale).
All’ascoltazione era sempre bene far tossire il paziente in presenza di rumori patologici. Un conto era poi trovare dei rantoli solo da un emitorace (es. bronchiettasie) un altro da entrambi i lati (es scompenso cardiaco). Non lo mai, sentito pronunciare “dica 33”.
Mi accorgo, e me ne scuso, di aver parlato al passato. Ancora oggi molti medici e broncopneumologi si comportano cosi, con scrupolo, esperienza, rispetto della professione medica. Sulla scia dei ricordi che mi legano a questo mio grande maestro che non c’è più (aveva allora più di 65 anni). Fu lui che mi accompagnò, facendomi, da relatore, alla tesi di laurea all’Università. Si proprio lui il prof. Renato D’Ambrosio. Vorrei ricordare anche i suoi stretti collaboratori poi diventati tutti primari (Tellini, Cacciani, Chiucini). Come poi dimenticare dei primari di medicina interna quali Iandolo e Di Porto? Oppure di alcuni due loro vice quali Tamburi e Guerrieri (mio grande insegnante)?