L’APE REGINA COORDINA LA NASCITA, DOVE PORRE IL FAVO, LA RIPRODUZIONE DELLA SPECIE.
Di Maria Luisa De Caro
L’uomo da sempre considera le api sacre e la pratica dell’apicoltura è presente in molte raffigurazioni egizie e greche elleniche che ben conosciamo. Anche tutta la genealogia delle divinità greche ha a che fare con le api. Nel mito greco, Kronos, dio del tempo, sarebbe stato evirato da Zeus dopo aver fatto bere idromele, bevanda considerata sacra prima del vino poiché favoriva l’estasi. I riti d’idromele sono antichissimi, risalirebbero al periodo in cui l’anno nasceva con l’apparizione iliaca di Sirio con una sorta di manifestazione luminosa dovuta all’uso delle fiaccole, oppure alla lama di luce che penetrava negli anfratti delle caverne e creava la suggestione di un’epifania divina. Per questo la bevanda era associata alla luce. Zeus stesso fu nutrito dal miele delle api di Creta, motivo per il quale veniva chiamato Mellisseo e raffigurato come uomo–ape. Lui aveva donato loro il colore aureo che ricorda l’oro e associato questo colore alla regalità come avveniva in precedenza anche nei miti raccontati dai popoli precedenti come gli Assiri e i Babilonesi. Molti monili antichi furono creati con l’ambra, la resina prodotta dagli alberi che ricordava il miele delle api e che secondo la credenza era preziosa e magica per le sue qualità.
L’ape, quindi esprime dai babilonesi in poi il concetto di sovranità. Si donavano vasi di miele agli Dei durante le cerimonie soprattutto legate a periodi dell’anno particolari che dovevano generare raccolti e cacciagione per la perpetuazione della specie umana. Tornando a parlare degli Elleni, i Cretesi offrivano il miele ad Arianna, signora del Labirinto. Per i Cretesi Arianna era la signora degli animali e della caccia a cui si offrivano sull’altare il miele insieme all’ascia bipenne, arma sacrificale connessa al toro, la cui stilizzazione ricorda l’ape. Arianna –Aridele dea lunare del mondo egeo, fu origine anche della personificazione della luna di Miele, ossia il plenilunio celebrante la ierofania tra la luna e il sole con cui iniziava il calendario. Si tratta del plenilunio rapito che dette origini ai Misteri Eleusini. Lo sposo di Arianna, Dioniso, era chiamato Pelekyis “doppia scure”, era particolarmente legato più al vino, ma in origine sicuramente associato all’idromele e alla sfera delle api, le ninfe nutrici che lo avevano allevato insieme al suo doppio: Apollo.
Il tempio di Delfi, prediletto ad Apollo, in cui risiedeva la Pizia, in origine era costruito con la cera delle api. La Pizia stessa, era definita da Pindaro “Ape Delfica” nonostante il suo aspetto ofidico, affermando l’affinità tra api e rettili, divinità tipiche nutrite con il miele dai serpenti. Il rapporto ape- serpe è sempre ambivalente poiché esprime la polarità vita-morte.
Questo legame doppio si evince nei due animali: ape e serpente, presenti nel mito. Le api sono connesse ai defunti come “anime”, I serpenti poiché avi protettori della casa, legati entrambi al mito di rigenerazione; in entrambi i veleni che producono ha aspetti negativi e positivi. Positivi perché il morso del serpente era usato per addormentare i pazienti durante le operazioni chirurgiche negativo perché oteva portare alla morte , il pungiglione delle api era era usato per curare le gravi forme reumatiche negativo per la possibilità di portare alla morte l’individuo allergico ala sostanza. Nell’ape stessa c’ è questo dualismo vita-morte, poiché unisce la dolcezza del nettare al veleno del pungiglione evocando il motivo sacrificale della morte rigeneratrice, impliciti nella labrys ipostasi della Signora del Labirinto.
Le api sono associate nella Grecia arcaica anche ad altre divinità Demetra, dea della terra, trasfigurazione della materia primordiale che genera il tutto per il fatto di essere fecondata e attraverso la sua natura cibare, rifugiare e difendere le speci più deboli. Non è escluso che durante il rito dedicato a Demetra si bevesse idromele. Demetra madre della fanciulla Kore era detta Melissa come Melissai erano chiamate ad Eleusi ed Efeso le sacerdotesse dei Misteri,e che noi usiamo per indicare il primo mese di nozze. La Diana efesina porta nel vestito il simbolo dell’ape poiché rappresenta il segno di riconoscimento per antonomasia della fertilità.
Il miele prodotto dalle api era sempre associato alla manifestazione divina sia per il colore sia perché prodotto vegetale nato da una trasformazione “magica” che consente al polline dei fiori di migrare con loro e di fecondarli sia di produrre questa sostanza associata al paradisiaco. Una trasformazione alchemica che cambiando gli elementi li arricchisce e consente la trasformazione in altro: dal polline si genera cera- miele- propoli che sono usati dagli uomini per tanti utilizzi.
Il miele occupa un posto importante nei riti religiosi dei popoli arcaici. La stagione asciutta era rapportata alle costellazioni delle Pleiadi ritenuta simile allo sciame d’api, ed era il periodo più favorevole alla raccolta del miele, perciò la costellazione e le api erano associate. Il collegamento tra api caccia e pesca e le Pleiadi, come le iodi nel segno zodiacale del Toro in cui cadeva il punto vernale evidenzia la connessione semantica tra il codice alimentare, sociologico sacro ed astronomico.
L’ape fu rapportata ai più arcaici cerimoniali connessi alla misura del tempo poiché al suo apparire, sembra sparire l’inverno e riapparire la primavera, elemento che si propone in tante divinità successive che muoiono ma rinascono simboleggiando la resurrezione del potere germinativo, sicuramente collegata ai riti dell’anno nuovo celebrati nell’equinozio di Primavera.
La danza delle api costituisce l’imitazione espressiva di un viaggio fatto in precedenza attraverso il corpo. Le api e l’uomo sarebbero le sole speci dotate di linguaggio simbolico. La danza circolare verso l’alto e il basso che tracciano curiosamente percorsi ad “otto” simili ai tragitti labirintici di andata e ritorno ripercorrendo sia il ciclo di venere ch e sugli scudi cretesi stigmatizzate, sia il tragitto solare, sia i viaggi rituali degli sciamani che ruotando ritmicamente prima verso destra poi verso sinistra intorno al turo( asse polare)mimavano gli antichi percorsi tracciati in inverno dagli antenati verso le zone ricche di vegetali e cacciagione.
Il legame delle api con la grande madre è antichissimo, basta guardare la raffigurazione di Catal HuyuK, in Turchia, la cui testa ha al posto del capo un’arnia ed è circondata da api e affiancata di stelle , sottolineando l’affinità di queste e la dimensione astrale . Nella venere di Willendorf vecchia di 30000 ac il cranio pare costituito proprio da un’Arnia .
La Gimbutas, grandissima archeologa che ha scoperto la linea matrilineare che univa i popoli migranti dall’est legati al culto della Dea madre, tratta di una brocca reperita nell’isola di Melos ( Egeo 1500 a,c,) evidenzia la relazione tra l’ape e la futura Gorgone , la dea insetto che mostra il pungiglione e le ali triangolari similmente ricordate dalla doppia scure. Il culto di Medusa dalla testa mozzata emerge Pegaso , parrebbe riferirsi al mito iniziatico della rigenerazione del tempo.
La curiosa leggenda delle api nascenti dalla carcassa bovina è la metafora che serviva a raccontare cosa stesse avvenendo nel cielo: le api Pleiadi apparivano nella costellazione del Toro, segnando di passaggio dal vecchio anno come passaggio ormai concluso al giovane Torello del nuovo ciclo calendariale .
Il link rimanda alla registrazione dell’intervista su: Facciamo finta che di Gianluca Lamberti
Nella venere di Willendorf,la cui testa è a forma di alveare.
Raffigurazione della Dea Madre trovata a Catal HuyuK, visibile come la terza figura abbia in testa un alveare e vicino le stelle