Si sente spesso parlare in tv di fatti di cronaca terribili, come “il caso di Cogne” o altri più recenti, dove una madre viene condannata per aver ucciso il figlio. In relazione a questi eventi gli esperti intervistati nominano spesso il concetto di “amnesia dissociativa” per spiegare come mai chi viene condannato per aver commesso il crimine, anche davanti a prove schiacciati, si professa innocente.
Ci si chiede pertanto se sia possibile dimenticarsi di aver commesso un delitto così efferato o se il negare sia una deliberata menzogna. Per dare un senso alla prima ipotesi viene chiamata in causa “l’amnesia dissociativa”: essa è un complesso meccanismo di difesa messo in atto dalla psiche della persona per proteggere il proprio equilibrio mentale di fronte ad eventi fortemente stressanti e sconvolgenti subiti, agiti o a cui si è assistito.
Tra questi eventi vi possono essere: esperienze traumatiche subite direttamente o di cui si è stati testimoni (p. es., abusi fisici o sessuali, omicidi, disastri naturali); grossi problemi esistenziali (p. es., abbandoni, lutti, crisi finanziarie); gravi conflitti interiori (p. es., il senso di orrore per aver commesso atti criminali).
L’amnesia dissociativa opera per permettere “la separazione” (dissociazione) di elementi dei processi psichici dal restante sistema psicologico dell’individuo lasciando fuori dalla coscienza di sé le esperienze vissute; evitandone il recupero mnemonico consapevole (amnesia).
I contenuti affettivi di tali esperienze vengono però agiti o emergono a livello di coscienza procurando “inspiegabili” stati di iperattivazione fisiologica e immagini intrusive (flashback). Detto in altri termini, l’esperienza che facciamo della realtà coinvolge processi mentali di base diversi: le emozioni, le percezioni sensoriali (uditive, olfattive, visive, cinestetiche, gustative), l’attenzione, la cognizione, la memoria, etc.
Con la dissociazione questi processi mentali non sono più integrati in una esperienza di sé coerente, ma sono separati tra loro: così capita di non ricordare l’evento traumatico, ma di agitarsi se ci si avvicina al luogo dove si è subito il trauma (luogo che la persona dice di non aver mai visto prima), perché alcune percezioni visive o olfattive associate al trauma si attivano. Oppure può capitare invece di ricordare l’evento ma senza provare emozioni, etc. Soprattutto nel sonno e nei sogni frammenti di ricordi possono affiorare alla consapevolezza, magari “camuffati” con la conseguenza di provocare grandissima angoscia. Il ricordo di ciò che è stato dissociato può diventare consapevole dopo poco o dopo tantissimo tempo (o mai).
Questi sono momenti critici come si può immaginare, ma sono anche, soprattutto se la persona è in psicoterapia dove c’è un contesto ed una relazione di fiducia, sicurezza e protezione, momenti significativi di “elaborazione” ed integrazione della coscienza e di “ricucitura” di ciò che era stato scisso ed agito fuori dalla consapevolezza.
Infatti ciò che è scisso o ciò che è rimosso nell’inconscio della mente non svanisce, ma agisce in modo indiretti e in agiti a volte molto psicopatologici, come per esempio nei gesti autolesionistici.
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