“L’amministrazione comunale di Ladispoli, capofila di 18 enti locali che gestiscono autonomamente il servizio idrico e non intendono passare sotto Acea, domani sarà ricevuta in Regione Lazio per ribadire la propria posizione alla luce della nuova legge sull’acqua pubblica che il Governo si prepara ad approvare”.
Le parole sono del consigliere delegato alle Risorse Idriche e Ambientali, Filippo Moretti, che sarà ascoltato nella riunione congiunta delle Commissione regionali alla Tutela del territorio ed Agricoltura ed Ambiente, programmata per il 16 ottobre alla Pisana. L’audizione è stata accordata da una iniziativa nata di concerto con tutte le forze politiche rappresentate nel Consiglio comunale di Ladispoli ed è condivisa con le amministrazioni dei comuni interessati, anche esse appartenenti ad un ampio schieramento politico.
“Alla Regione Lazio – prosegue Moretti – che ringraziamo per aver accolto la nostra richiesta di audizione, confermeremo la nostra volontà di scongiurare che il servizio idrico delle nostre città venga forzosamente trasferito sotto la gestione d’ambito ATO1 ed ATO2. Siamo tra i pochi comuni compresi in questi ambiti che, autonomamente o attraverso società partecipate, ancora gestiscono in proprio il servizio idrico integrato, con buoni risultati in termini di prestazioni di servizi e di tariffe. La nostre carte dei servizi, infatti, sono estremamente concorrenziali e le tariffe sono notevolmente più basse rispetto a quelle dei nostri rispettivi gestori d’ambito. A Ladispoli da tempo siamo particolarmente attenti alla qualità dell’acqua e, seppure con grandi difficoltà, facciamo manutenzione sugli impianti e sulle reti, investendo per garantirci una disponibilità costante di acqua potabile anche in periodi nei quali moltissimi comuni del nostro comprensorio hanno conosciuto il disagio del razionamento. Particolare attenzione prestiamo, inoltre, agli impianti di potabilizzazione e depurazione, per garantire la salute dei cittadini ed il rispetto dell’ambiente. Sono queste le argomentazioni che sottoporremo all’amministrazione regionale, ricordando come quello di Ladispoli sia un esempio virtuoso di gestione che abbiamo cercato di conservare ma che non è contemplato dalla legge vigente. Abbiamo richiesto la convocazione di questa audizione perchè appare paradossale che la Regione Lazio acceleri improvvisamente le procedure che ci obbligano a confluire negli ATO di competenza, proprio nel momento in cui nel documento programmatico del nuovo governo “Contratto per il governo del cambiamento”, al punto 2. Acqua Pubblica, si legge testualmente “È necessario investire sul servizio idrico integrato di natura pubblica applicando la volontà popolare espressa nel referendum del 2011, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica, garantendo la qualità dell’acqua, le esigenze e la salute di ogni cittadino, anche attraverso la costituzione di società di servizi a livello locale per la gestione pubblica dell’acqua.” Una declaratoria che trova già piena rispondenza nei fatti in tutti quei comuni, come i nostri, che si oppongono al passaggio forzoso nei grandi ambiti di gestione. Lo scorso 23 marzo 2018 è stata presentata una nuova proposta di legge, la n. 52, “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” firmata da numerosissimi parlamentari, rappresentanti di pressoché tutte le forze politiche, nella quale viene profondamente rivisto il criterio di Ambito Territoriale Ottimale ed i criteri che stabiliscono la libera adesione dei comuni. E’ da sottolineare che tale legge ha subito proprio in questi giorni un forte impulso affinchè venga presto valutata dalla commissione competente ed approdi in tempi brevi alla discussione in aula. Alla Regione Lazio chiederemo una moratoria nell’applicazione dell’incomprensibile obbligo previsto dalla legge vigente che ci porterebbe sotto la gestione degli attuali ambiti, in attesa dell’approvazione delle preannunciate nuove disposizioni legislative. Sarebbe, infatti, paradossale che i nostri Comuni venissero obbligati ad una scelta devastante in termini economici e di servizi, con criteri opposti alla gestione dell’acqua pubblica, solo per adempiere ad una norma che è in procinto di essere profondamente cambiata”.