IL LIDO BALNEARE SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO.
di Angelo Alfani
Nella annata agraria 1954/55 – per incarico dell’UNESCO, del Ministero dell’Agricoltura e
dell’Ente Maremma – uno studioso di fenomeni sociali scese da Bologna in terra cervetrana per analizzare i cambiamenti dovuti alla Riforma agraria. Il sociologo era Achille Ardigò, cavallo di razza tra i giovani del cattolicesimo sociale. Aveva la statura di un ragazzo, vestiva elegantemente, si rivolgeva in modo forbito ma con domande a tutti comprensibili.
L’analisi del professore si focalizzò su Cerveteri, le sue campagne ed i suoi pagi, affrontando necessariamente anche il “centro balneare di Ladispoli”, da poco assorbito da Cerveteri.
La premessa al capitolo specifico era che Ladispoli, “composto di popolazione in gran parte immigrata negli ultimi vent’anni, aggregatasi a Cerveteri appena due anni prima della Riforma”, presentava una struttura sociale molto complessa, a differenza del capoluogo che “poteva dirsi, all’inizio della Riforma fondiaria, una società premoderna”, in fase di immobilismo, se non addirittura “chiusa ed isolata” come il borgo del Sasso. “Accanto a pescatori, albergatori e commercianti si era venuto costituendo a Ladispoli un ceto medio urbano: famiglie di impiegati occupati a Roma, pensionati, professionisti, ferrovieri, militari dell’aeroporto di Furbara,ed inoltre tutto un proletariato recente di manovali, operai, muratori, braccianti immigrati delle più vaste parti del continente e delle isole pronti a dedicarsi ai più disparati traffici pur di campare”. ”Insomma – concludeva il sociologo- Ladispoli costituiva funzionalmente una dipendenza della capitale” . Tra i ladispolani, i funzionari dell’Ente, dovettero sudare sette canottiere per arrivare a raggiungere 99 richiedenti. A dispetto dell’esiguità della popolazione propriamente agricola, stava il massimo sviluppo del settore commerciale e degli esercizi pubblici.
Nel 1951 Ladispoli contava un numero di esercizi pari ad una volta e mezzo quello del paese in collina. Vi erano 108 esercizi commerciali e pubblici, esclusi gli alberghi e stabilimenti balneari, (in numero di 13) e le tabaccherie, e inclusi gli esercizi non ambulanti
con licenza per vendita di produzione propria. Delle 217 ditte, in gran parte ambulanti e di commercio al minuto di alimentari, reali ma non censite, ben 129 erano di ladispolani. Stessa solfa per i negozi di prodotti meccanici ed affini e quelle artigianali, escludendo dal confronto le “attività turistiche” dove il monopolio Ladispolano era assoluto. Quanto alla disoccupazione nel 1951 essa era di fatto inesistente a Ladispoli o esistente nelle forme frizionali inevitabili e proprie di una società in espansione, con una forte mobilità professionale nella mano d’opera (specie tra settore agricolo e quello edile). Tutto questo rendeva il suo collegamento con Cerveteri puramente commerciale e burocratico, al punto che nei confronti del capoluogo, la popolazione di Ladispoli non aveva tardato a manifestare un atteggiamento di superiorità, quello caratteristico del cittadino verso gli abitanti della campagna.
Gli “uomini nuovi” di Ladispoli “con un passato ignoto ai più, appena riusciti a far fortuna rimproveravano ai “bifolchi” di Cerveteri di non aver mai saputo sfruttare, per cortezza d’ingegno, le possibilità esistenti in loco” afferma, con una punta di acidità ed al contempo partecipazione per i più economicamente deboli, il giovane studioso. La Riforma aumenterà a Ladispoli enormemente l’importanza del settore degli esercizi commerciali, soprattutto di generi alimentari. Tra il cinquantuno ed il cinquantaquattro se ne aprono otto nuovi. Si contano ben sei tra pensioni ed alberghi, tredici stabilimenti balneari e centoventiquattro trattorie, ristoranti,bar più diverse tabaccherie e “fraschette”. Ma la differenza sostanziale sta nella capacità di attirare i bagnanti della spiaggia della salute che arrivano, stime locali, a punte di venticinquemila. Una fonte inesauribile di reddito e di possibilità di ulteriori investimenti per la gran parte dei ladispolani. L’attrazione che per gli assegnatari, insediati lungo l’Aurelia, suscita Ladispoli non ha paragoni a fronte oll’impiccata, su in alto, Cerveteri.
Le assegnatarie vi scendono per vendere polli, verdure, uova, frutta lasciando lì i quattrini per acquistare beni per la casa, nuove calze in nailon, ciabatte dorate ed altre attrazioni consumistiche. Ladispoli si trova dunque ad entrare in concorrenza con Cerveteri, proprio in ordine al suo ruolo di polo servizi per tutti gli insediamenti dei contadini nelle
zone di riforma ad oriente del capoluogo. Accadrà che il gruppo dirigente di Ladispoli, grandi e piccoli bottegai, impresari edili, appaltatori e cottimisti, proletari in orbita, prenderà coscienza, per stimoli di convenienza economica e di prestigio sociale,delle
possibilità di ottenere l’agognata indipendenza di Ladispoli a comune autonomo, ed operare a questo fine promuovendo legami e prebende coi padroni della politica e della stampa. Dato sostanziato da un fatto, sempre sottaciuto, quello che, dopo le elezioni del 1964, i rappresentanti ladispolani nell’Assise comunale avevano un potere di veto o via libera su
qualsivoglia decisione, spesso al di là delle posizioni politiche di appartenenza.