Ladispoli, la Festa della Liberazione nel ricordo di Domenico Santi

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Lunedì 25 aprile alle ore 9,30 l’omaggio ad un ladispolano di valore.

La Festa della Liberazione nel ricordo di Domenico Santi (1911-1997). Ma come spesso accade nei piccoli centri dove tutti si conoscono, anche nella Ladispoli dei tempi passati lo chiamavano con un soprannome :“Memmo il calzolaio”. Una persona stimata, rispettata e socievole, la cui bottega “era luogo di incontri e di ritrovo per scambiare due chiacchiere, per parlare di tutto, dibattere di  politica anche con chi non la pensava come lui”, antifascista e partigiano.

Uno spaccato di vita e di rapporti umani che possiamo immaginare solo con la moviola della memoria. “E quando staccava dal lavoro, si fermava puntualmente dopo mezzogiorno davanti allo storico ristorante La Tripolina e anche lì i consueti incontri con i compaesani”. In quel punto c’è una targa che lo ricorda. Piccoli  flash dall’album dei ricordi legati alla famiglia, molto unita, delle figlie Tiziana e Stefania che è la mamma di Federico Ascani, Consigliere comunale e Città Metropolitana, PD, particolarmente affezionato alla memoria di nonno Memmo. Nel novembre 2013 il Comune gli ha dedicato una targa posta nello spazio compreso tra Piazza Rossellini e Piazza della Vittoria e, per inciso, la locale sezione ANPI porta il suo nome.

Facciamo la conoscenza di Domenico Santi: Nasce a Palo Laziale (allora comune di Civitavecchia) il 1 novembre 1911. Alla fine dell’ottocento il padre Giulio e la mamma, Colomba Silveri, si stabilirono a Ladispoli per il trasferimento di Giulio  come capo cantoniere. Colomba aprì una “hosteria” proprio di fronte la stazione di Palo Laziale, si chiamava appunto “Hosteria della sora Colomba” ma fu distrutta dai bombardamenti durante  la Seconda Guerra Mondiale. “Domenico (Memmo) era il sesto di sette figli. A sette anni è vittima di un brutto incidente: perde la gamba destra rimasta incastrata, dopo una caduta, nei raggi di una ruota del carretto che faceva la spola tra Palo e Ladispoli. Venne soccorso da Innocenzo Ruspoli che lo trasportò con la sua macchina all’Ospedale Santo Spirito di Roma. Non ci fu nulla da fare, la gamba venne amputata. Passò la gioventù ad imparare il mestiere di ciabattino a Ladispoli e durante l’occupazione tedesca sfollò a Ceri dove nelle campagne si nascondevano i partigiani. A quel punto decide di  entrare nella Resistenza e opera con il  ruolo  di staffetta. Memmo, a causa dell’ invalidità poteva circolare liberamente e con la sua bicicletta monopedale faceva l’andirivieni Ceri-Palo consegnando ai partigiani il giornale l’Unità, stampato clandestinamente, che dalla Capitale arrivava alla stazione di Palo. Nel 1944 fu incaricato dalla Camera confederale di Roma e provincia di costituire il Sindacato lavoratori agricoli di Ladispoli. Dopo il Referendum fu uno dei fautori dell’apertura della sezione del PCI e fu sempre presente come rappresentante di lista alle elezioni.  Dal  dopoguerra in poi potè dedicarsi al suo lavoro di calzolaio fino ad 80 anni con l’ultima bottega in via Duca Degli Abruzzi. Stimato per la sua puntualità e precisione, negli anni ’60 venne nominato Responsabile per la ricerca sul territorio delle famiglie in difficoltà che potevano accedere gratuitamente al vaccino antipolio e che all’epoca era a pagamento e non obbligatorio. “Ma noi lo abbiamo fatto a pagamento – puntualizzano le figlie Tiziana e Stefania – proprio perché nessuno potesse insinuare che Memmo il calzolaio se ne era approfittato”.

Anche quest’anno nella mattinata del 25 aprile, Festa della Liberazione, alle ore 9,30 famigliari e  amici e quanti vorranno intervenire, si ritroveranno per rendere omaggio alla memoria di Domenico Santi -“Memmo il calzolaio”- sotto la targa a lui dedicata. Per non dimenticare un ladispolano onesto e stimato, col senso della comunità, che sfidando gli oppressori ha lottato per un ideale di democrazia e libertà.
Carla Zironi