La vulvodinia

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Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Ci sono delle patologie croniche di cui le donne non parlano perché riguardano la sfera intima: se ne vergognano e pensano di essere considerate “matte” o “sessualmente deviate”. In questo articolo voglio parlare di una di queste: la vulvodinia, un dolore cronico ed altamente invalidante che colpisce una donna su 15, alle volte fin dall’età infantile. La vulvodinia si manifesta con dolori fortissimi descritti come sensazione di “aghi che si conficcano nella pelle” oppure lacerazioni vere e proprie e spontanee nella vulva (la parte esterna dell’organo genitale femminile); alcune donne riferiscono di provare un acutissimo dolore anche solo a contatto con l’acqua per l’igiene intima. Le donne con questo disturbo devono adattare le loro scelte di vita ed abitudini per provare meno dolore possibile: devono usare abiti larghi, slip di cotone e non di pizzo, hanno bisogno di alternare spesso lo stare sedute con lo stare in piedi. La loro vita sessuale è altamente compromessa: hanno dolore durante il rapporto sessuale e spesso il piacere dell’orgasmo (quando c’è) è misto al dolore (quindi non è mai soddisfacente). Molto spesso succede che le donne temano la penetrazione talmente tanto da avere dei veri e propri attacchi di panico. Anche l’autoerotismo è compromesso: il dolore supera il piacere. Molto spesso la muscolatura pelvica è contratta: che questo ne sia la causa o la conseguenza poco importa ma è un’ulteriore aggravante della patologia. Il corpo, quando una sua parte è dolorante, irrigidisce la muscolatura al fine di difendersi dal dolore: ciò provoca un circolo vizioso perchè il normale irrigidimento muscolare aumenta il dolore. È importante e fondamentale la diagnosi precoce. Molto spesso le donne che soffrono di vulvodinia hanno una diagnosi certa solo dopo molti anni di peregrinazioni e di incertezze. È importante una diagnosi differenziale: la vulvodinia non è vaginismo (contrattura involontaria dei muscoli pelvici durante qualsiasi penetrazione), non è anorgasmia (mancanza della fase orgasmica durante il rapporto sessuale o l’autoerotismo), non è frigidità (difficoltà di provare una qualsiasi reazione di attrazione o piacere verso l’attività sessuale). La persona che è affetta da vulvodinia attraversa tutte le fasi della risposta sessuale: eccitamento, plateau, orgasmo e fase risolutiva; il vero problema è il mettere in atto il comportamento sessuale. Purtroppo non si hanno delle spiegazioni certe sull’eziologia (causa) della patologia: si parla di alta sensibilità al dolore derivato da terminazioni nervose che si sono sviluppate in modo “disordinato”. La cura è altrettanto incerta. Spesso si usano alcuni antidepressivi (nello specifico Triciclici o SSRI) non solo perché la donna ha un tono dell’umore compromesso ma soprattutto perché aumentano la soglia del dolore e fanno si che la donna provi meno dolore. È importante, comunque, anche dare uno sguardo al tono dell’umore della donna. La psicoterapia è importante: la donna e la coppia devono essere sostenuti. La donna ha bisogno di  trovare uno spazio di comprensione. Alle volte le donne con vulvodinia sono talmente disperate da pensare al suicidio e, talvolta, lo tentano. Con le suggestioni ipnotiche si può aumentare la soglia del dolore. La vulvodinia, oltre ad essere una patologia complessa e poco conosciuta, riguarda l’intimità femminile e la sua sfera sessuale che risentono ancora di un alone culturale importante, talvolta punitivo, vergognoso o restrittivo. Alle volte la donna può pensare “passerà”. Altre volte l’idea è che “se non ne parlo è come se il problema non ci fosse”. La verità, purtroppo, è che la vulvodinia è reale, dolorosa e compromette la vita (nella sua totalità) della donna di cui ne è colpita.

Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Cerveteri – via Prato del Cavaliere, 5
Ladispoli – via Ladislao Odescalchi, 27
Roma – via dei Camillis, 8 (metro Cornelia)

Cell. 338/3440405