San Giuseppe e la festa del papà
Di Pamela Stracci
La festa di San Giuseppe così come la conosciamo oggi, ha origini molto remote. Nell’antica Roma dal 17 marzo si celebravano i “Liberalia”, antichi riti di purificazione propiziatoria, in onore della divinità italica Liber Pater della fecondità, virilità e libertà, assimilata con la divinità greca Dioniso che, nel momento dell’estasi, è il Bacco romano.
Si festeggiava anche Sileno, l’anziano barbuto satiro precettore di Dioniso, che l’iconografia raffigura con il piccolo dio tra le braccia. In onore di queste due figure era usanza che sacerdoti e sacerdotesse, con il capo vestito di fiori, offrissero alla divinità e poi a tutto il popolo, delle paste fritte schiacciate e dolci, delle frittelle chiamate “foculus”. Con l’avvento e la liberalizzazione del culto Cristiano, venne sostituita nel tempo la figura mitologica e le pratiche legate a Sileno con quella di San Giuseppe che tiene in braccio il Santo Gesù bambino. San Giuseppe è una figura centrale dell’avvento cristiano, è lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù, un uomo definito dai testi sacri buono e giusto. In Italia i primi a celebrare la Festa del papà, di cui San Giuseppe rappresenta la massima espressione, furono i monaci benedettini nel 1030, poi Papa Gregorio XV nel 1621 estese questa ricorrenza a tutta la Chiesa. E così ancora oggi, alla vigilia dell’equinozio di primavera, si festeggia in Italia il 19 marzo San Giuseppe e la festa del papà. A Roma il santo è soprannominato “frittellaro” in onore di quelle buone frittelle dolci che tutti conosciamo. Nella capitale il quartiere Trionfale, che accoglie la chiesa a lui dedicata, è quello che per eccellenza festeggia questa ricorrenza: fino almeno alla metà del secolo passato, erano numerosi i friggitori ambulanti che, su baracche mobili munite di una caratteristica e fumosa caldaia, si sfidavano per le vie del quartiere con banchi guarniti per l’esposizione delle frittelle. Lo sfrigolio dell’olio bollente e l’odore di questi squisiti dolci fritti, era accompagnato con scherzosi sonetti d’occasione che cantavano le doti “miracolose” di questi dolci: “Là a Borgo uno stroppio se partì, Un sordo e muto ce si accompagnò, Pe’ magnà le frittelle insina qui. Le prese er muto e subbito parlò, Quello che era sordo ce sentì, E quello che era stroppio camminò”.
Non ci resta che festeggiare questa ricorrenza: auguri a tutti i papà e buon onomastico a tutti i Giuseppe!