LA SFIDA DELLA MORTE IN ADOLESCENZA

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Sfidare la morte

Dottor Riccardo Coco
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Ultimamente ho letto di un’ennesima situazione in cui degli adolescenti hanno messo in pericolo la loro vita sdraiandosi sulla strada dopo una curva poco tempo prima che passasse una macchina, la quale fortunatamente li ha schivati. Questa recente notizia mi ha fatto venire in mente che qualche anno fa si è parlato molto del fenomeno “blu whale” ed anche L’Ortica se ne occupò con un bell’articolo. Ma che cosa rappresentano questi gesti o lo stesso blu whale per gli adolescenti?

Ebbene, prima di rispondere a questa domanda è bene fare una premessa e la premessa è che ogni epoca storica ha avuto i suoi blu whale: è stato, è e sarà sempre così! Fa parte dei sani compiti di sviluppo di un adolescente la sfida dei propri limiti – questo è il senso, sebbene inconsapevole, di tali gesti – e tra i limiti da sfidare c’è anche la morte.

Quando io ero adolescente c’erano altri riti di sfida dei propri limiti, ma il significato psicologico che rivestivano per noi (anche se non ne eravamo consapevoli) era identico: noi adolescenti ladispolani e cerveterani negli anni ’90 sfidavamo la morte scendendo dal “Sasso” con il motorino senza mai frenare, o andando in giro di notte a fari spenti, o usavamo cocktails potenzialmente letali di droghe sperando che il giorno dopo ci saremmo svegliati. Era anche la coda dell’epoca in cui qualcuno sfidava la morte “incarnandola” nell’eroina e cercando di sopravvivergli e di “vincerla” (i significati psicologici dell’uso delle droghe sono tuttavia anche altri ed inoltre mutano con l’età).

Solo ieri, prima di quest’ultima “moda” di sdraiarsi in strada o sui binari del treno, c’era per gli adolescenti il rito di lanciarsi da un tetto ad un altro; oppure dagli alti balconi degli alberghi nella piscina sottostante. Più alto era il piano, più grande la prova di coraggio. Il superamento di prove di coraggio, non a caso, è universalmente parte dei riti di iniziazione all’età adulta di moltissime culture. E domani, sicuro quanto il sorgere del sole, ci saranno altre “prove di coraggio” legate al mutato contesto storico. Insomma, diciamolo pure con franchezza, superare indenni l’adolescenza senza conseguenze che possano segnarti per la vita è anche questione di fortuna!

A meno che un adolescente venga privato della sua adolescenza da genitori ipercontrollanti che lo infantilizzano trattandolo – seppure con il buon proposito di proteggerlo dai pericoli del mondo – come un bambino piccolo ed inetto; o a meno che egli stesso si privi dell’adolescenza, con i suoi compiti di sviluppo, per proteggere i genitori dalle loro ansie. Entrambe queste soluzioni hanno però un prezzo. Ed è un prezzo salato.

Questo adultobambino potrebbe infatti sentire la spinta biologicopsicologica a viversi l’adolescenza in una fase successiva della vita, magari a 40 anni. E se a 14-15 anni hai la protezione dei genitori e ci si aspetta da te, data l’età, che farai stupidaggini, diverso è a 40 anni, magari con figli tuoi e responsabilità decuplicate sulle spalle. Quindi i genitori non possono fare nulla per proteggere i figli dai pericoli?

Tutt’altro direi: essi possono fare moltissimo, ma devono farlo prima: ovvero costruendo con i figli, fin dalla primissima infanzia, un legame d’amore fatto di fiducia, rispetto delle differenze, comprensione, presenza (che è cosa ben diversa dal controllo), pazienza e tanto ascolto.