Abbiamo sperato invano che in questi anni la Regione desse attuazione alla legge n. 5 del 2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” per dare finalmente un assetto stabile e unitario di gestione pubblica e partecipata delle risorse idriche, come hanno continuato a richiedere i Comuni della regione promotori della nuova legge nello spirito dei principi affermati col referendum vittorioso del 2011.
Se fosse stato avviato il nuovo sistema degli ambiti territoriali e dato vita agli organismi di gestione, oggi si sarebbe determinato un esito diverso della causa e tolto il motivo del contenzioso. Il piano messo in atto per affossare definitivamente la volontà dei cittadini espressa col referendum per l’acqua pubblica si fa sempre più articolato: il governo regionale ha volutamente tenuto nel cassetto la nuova legge per essere in linea con le recenti normative nazionali della ministra Madia che favoriscono le privatizzazioni delle gestioni idriche concentrandole a vantaggio di poche multi utility che perseguono il profitto e l’utile di bilancio piuttosto che l’interesse delle comunità, Ora c’è anche questa sentenza del Consiglio di Stato sfavorevole nei confronti dei comuni che non vogliono farsi scippare l’acqua da ACEA. Una sentenza che suscita multi dubbi e lascia sconcertati laddove afferma che la concessionaria ACEA ATO 2 spa è una società ad integrale partecipazione pubblica in quanto opera quale soggetto in house. Quanto poi alle finalità che la sentenza intende tutelare, ossia la non frammentazione della gestione del servizio idrico per favorire le economie di scala e gli investimenti per l’ammodernamento degli impianti a favore dei cittadini-utenti dell’ambiente, contrariamente a quanto afferma il CS, sono le stesse che rientrano nelle finalità che i comuni in questione hanno inteso perseguire promuovendo e sostenendo l’approvazione della nuova legge regionale.
Il Comitato per l’Acqua Pubblica di Civitavecchia