“La scomunica della cupola”: saggio inchiesta su mafia e chiesa

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Un saggio-inchiesta realizzato dai giornalisti Fabio Beretta e Damiano Mattana che analizza, attraverso una lente giornalistica, antropologica e culturale, come la criminalità organizzata abbia utilizzato gesti e simbologie religiose per conferire falsa legittimità e ingannevole autorevolezza alle proprie azioni e al proprio potere.
 
Se esiste un luogo sulla terra che più di tutti avvicina l’uomo al Cielo è sicuramente la Cupola di San Pietro. I suoi marmi decorati, sormontati da una croce che sfiora la volta celeste, porta chiunque giunga a Roma ad alzare lo sguardo verso l’alto. Di cupola, però, ne esiste un’altra. Diversa, forse persino più grande ma priva di mura e di bellezza. E che, soprattutto, obbliga gli uomini a tenere gli occhi rivolti in basso, lontani dalla luce.

Senza forma né dimensione, la cupola nata nel seno del Mezzogiorno italiano non allarga il cuore o la mente, ma stritola, come fa un serpente, in un abbraccio di violenza, paura e morte. Un messaggio in totale contrapposizione a quello che l’opera dell’ingegno di Michelangelo partorì oltre cinque secoli fa.

È una cupola edificata da un crimine inumano che si arroga il diritto di professare la medesima fede, intaccandone e stravolgendone, al contempo, i pilastri che la sorreggono. Perché sì, anche i mafiosi si dicono religiosi. Ma la mafia, da sempre denominata “anti-Stato”, è anche “anti-Chiesa”.

Questo il fulcro dell’indagine sociale condotta dagli autori de “La scomunica della cupola” (Di Carlo Edizioni, 2023). Un saggio-inchiesta realizzato attraverso esperienze di ricerca sul campo, vissute nelle Regioni del Sud Italia a stretto contatto con le realtà quotidiane locali e ascoltando le voci di chi, quotidianamente, lotta in prima linea contro la criminalità organizzata, che sarà presentato venerdì 22 settembre, alle ore 17, presso la Sala Almeyda dell’Archivio storico comunale di Palermo.

Il libro

Palermo, Foggia, Reggio Calabria: realtà diverse, ognuna complicata e con migliaia di sfaccettature, toccate con mano. E così il volume analizza come la mafia strumentalizzi riti, preghiere e ogni aspetto del cattolicesimo per legittimare il proprio operato.

Alle voci degli agenti di Polizia di Stato si uniscono quelle di magistrati e preti di frontiera, come don Maurizio Francoforte, parroco che nel quartiere palermitano di Brancaccio ha raccolto l’eredità spirituale di don Pino Puglisi, ucciso da Cosa nostra esattamente trent’anni fa. Ma anche di vescovi come monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania, autore della prefazione al testo, e monsignor Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale.

«Riuscire a raccontare in un linguaggio semplice e accessibile a tutti questioni giuridiche ed ecclesiali è forse stata la sfida più ardua nella realizzazione di questo volume. Un volume che ho sentito in dovere di realizzare per dare, nel mio piccolo, un contributo alla lotta che tante persone per bene, assieme alle Forze dell’Ordine, ogni giorno, affrontano nella città che mi ha visto nascere e crescere: Foggia. Una città complessa, spesso rimbalzata sulle prime pagine dei quotidiani nazionali per il sangue che ha tinto di rosso le sue strade, creando sgomento in chi non condivide quegli pseudo valori che certi signori vorrebbero imporre. Ascoltare dalle parole degli agenti di polizia che per primi accorrono sul posto quando avviene un omicidio di mafia nella mia terra è stato raccapricciante. Ma per combatterlo, questo cancro deve essere conosciuto in ogni sua sfaccettatura, anche la più cruenta. Conoscere è il primo passo per vincere questo male che toglie la vita anche quando non uccide», afferma l’autore, Fabio Beretta.

«L’accessibilità del testo e la semplicità del linguaggio – ha spiegato Damiano Mattana – sono essenziali. Perché la lotta alla criminalità organizzata, così come a tutte le forme di prevaricazione sociale riscontrabili nei contesti in cui il senso di emarginazione o difficoltà sociale è più forte, avviene nel quotidiano. Nell’offrire, in particolare ai più giovani, reali prospettive di emancipazione e, insieme, gli strumenti giusti (a cominciare dai luoghi di istruzione) per contribuire alla riedificazione dei propri luoghi di vita quotidiana. In questo anche la Chiesa può fare molto, riaffermando il valore della comunità sana e stimolando anche i contesti più piccoli a contribuire per la cura dei principi di legalità e condivisione. Senza dimenticare che la necessità di arrivare ai più giovani è imposta anche dai nuovi canali utilizzati dalla criminalità organizzata. Educare alla sicurezza informatica significa anche contrastare le mafie».

Il volume, costituito di cinque capitoli, affronta il tema attraverso due distinte prospettive. Nella prima si analizza la questione da un punto di vista storico-antropologico, dall’Unità d’Italia fino alla guerra di mafia degli anni Ottanta, tra riti di affiliazione e silenzio o azione della Chiesa nelle zone del Sud. La seconda si inoltra nella contemporaneità vera e propria, analizzando, tra gli altri, i fenomeni degli inchini da un punto di vista mediatico e dei testi ecclesiastici, fino alla scomunica pronunciata da Papa Francesco. L’obiettivo del testo è dimostrare, nonostante tutto, l’inconciliabilità concettuale, oltre che spirituale, tra Vangelo e operato criminale.

A chiusura dell’opera, la postfazione del giornalista Nicola Graziani, vaticanista dell’Agi, e la poesia “Ventu’nfami” di Antonello Di Carlo, editore del libro.

«L’interessante lettura che ci propongono Fabio e Damiano sul fenomeno mafioso, studiato e raccontato dagli albori a oggi, rappresenta una vera e propria ricerca che, attraverso la narrazione di fatti di cronaca che hanno lasciato ferite ancora aperte nella nostra società, muove un’indagine quasi scientifica sul fenomeno mafioso e sui suoi rapporti con il tessuto sociale, religioso e istituzionale, affrontato e descritto, partendo dalla leggenda, financo ad abbracciare l’attualità, la storia contemporanea e tutte quelle “verità” discoperte grazie alle inchieste giudiziarie divenute oramai pubbliche e, direi, ben note a tutti – afferma l’editore, Antonello Di Carlo -. Non voglio anticipare nulla di questa interessante lettura che gli anglosassoni definirebbero “politicamente scorretta”, forse, ma che rappresenta il frutto di un lavoro di due straordinari giornalisti sempre alla ricerca di fonti attendibili e con un minuzioso “investigare e catalogare” deontologicamente svolto senza mai tirarsi indietro… Senza mai risparmiarsi. Lo fanno perché sono consapevoli testimoni che l’informazione non data, alla stessa stregua di quella “priva di sostanza”, è una metastasi che avvelena il pensiero e uccide le coscienze. Per dirla tutta, prendendo in prestito una citazione di Moravia: “Quando l’informazione manca, le voci crescono”».

Il libro è il primo dei libri-dossier con cui, dalla Di Carlo Edizioni, viene inaugurata la nuova collana editoriale “Idia”.