Il Paese che Vorrei: una SLAPP è una “Querela Strategica Contro la Partecipazione Pubblica”
A Santa Marinella l’aria si fa sempre più irrespirabile. Non bastava l’assenza di qualsiasi trasparenza e condivisione democratica, ora siamo arrivati all’attacco diretto a chi esprime un pensiero critico nel dibattito pubblico.
Oltre a rimuovere le voci contrarie dalle pagine Facebook riconducibili al Sindaco, insultare pubblicamente- via social o a mezzo stampa – gruppi o rappresentanti politici all’opposizione, tentare (invano) di ostacolare l’iniziativa referendaria attraverso l’ostruzionismo e la denigrazione dei promotori, ora siamo arrivati a sporgere o minacciare querela nei confronti di singoli cittadini, definiti odiatori seriali per aver osato sollevare dubbi sulla opportunità e pubblica utilità di alcuni progetti previsti dall’Amministrazione.
Naturalmente, non mettiamo in discussione il diritto di difendersi dalla diffamazione o dall’incitamento all’odio, attraverso gli strumenti previsti dalla legge. Ma non è questo il caso; qui è in gioco il nostro diritto ad analizzare, discutere ed eventualmente bocciare pubblicamente le iniziative dell’Amministrazione. Diritto messo a repentaglio da una tattica che tenta di abusare degli strumenti legali per reprimere le voci critiche.
È una tattica consolidata che nel mondo anglosassone ha già un nome: SLAPP. Una SLAPP è una “Querela Strategica Contro la Partecipazione Pubblica” utilizzata per prevaricare e mettere a tacere chi dissente. L’acronimo inglese è volutamente simile a “slap” (schiaffo) perché è uno schiaffo alla democrazia. Questa procedura di intimidazione, infatti, ha lo scopo di eliminare ogni contestazione.
L’azione è resa ancora più meschina dalla disparità di potere e di risorse economiche tra querelante e querelato. La “Querela Strategica” sfrutta questa disparità e trasforma questioni di pubblico interesse in dispute tecnico-legali per intimidire il querelato e indirettamente tutta la comunità. Lo scopo è inequivocabile: bloccare i cittadini nell’esercizio dei loro diritti politici e “fargliela pagare” per averli esercitati facendo leva sulle preoccupazioni, i fastidi e le spese che essere chiamati in causa comporta. Anche se si è innocenti, la difesa legale (praticamente indispensabile) costa centinaia di euro, un deterrente forte per il cittadino che vorrebbe solo esprimere il suo dissenso.
In molti casi, non serve neanche che la querela venga formalizzata: basta l’annuncio/minaccia per intimidire, inducendo all’autocensura e scoraggiando la società civile o specifiche categorie (attivisti, personale dipendente, giornalisti) dall’esprimere critiche o sollevare obiezioni.
É una brutta situazione e non solo per le conseguenze che le scelte unilateralmente prese dall’Amministrazione possono comportare. Siamo di fronte a una minaccia alla partecipazione e alla libertà di espressione che può avere gravi ripercussioni sulla crescita culturale della nostra città e sul modello di rapporti di potere che diamo ai nostri figli, sull’indipendenza dell’informazione e sul rispetto di noi stessi in quanto parte di una comunità.
A questa provocazione rispondiamo: non ci faremo intimidire.
Il Paese Che Vorrei