La guerra: crea le condizioni per il reset, alimenta l’emergenza sanitaria, ricompatta le masse, giustifica la militarizzazione della società.
di David Cane
Nel pezzo della scorsa settimana, intitolato “Una guerra di distrazione”, ho esaminato come lo scoppio della guerra in Ucraina abbia fornito l’arma di distrazione perfetta, sviando l’attenzione pubblica da una serie di sviluppi cruciali nel contesto dell’agenda di Davos. Detto questo, ci sono a mio avviso diverse altre ragioni per cui questo conflitto risulta perfettamente funzionale al disegno del Grande Reset – e che sia dunque da leggersi come una continuazione del progetto avviato con la pandemia covid, piuttosto che come un punto di rottura con essa. Cercherò qui di analizzarle sommariamente:
1.LA GUERRA CREA LE CONDIZIONI IDEALI PER IL RESET
Inflazione alle stelle, borse a picco, circuiti monetari internazionali stravolti, e lo stesso Eurogruppo che inizia a ventilare lo scenario di un default generalizzato… Insomma, sembra proprio che la guerra sia il veicolo perfetto per inaugurare la grande crisi economica e monetaria globale: crisi a lungo prevista da certi “complottisti” (c’azzeccano sempre, quei mattacchioni…) e che verrà affrontata, con ogni probabilità, attraverso una drastica riconfigurazione del sistema finanziario internazionale e il passaggio alla valuta virtuale, secondo il collaudato modello. Appare poi praticamente scontato che la moneta digitale sarà a sua volta legata al famigerato marchio QR, senza il quale diverrà dunque impossibile esistere all’interno della società. E forse a quel punto sarà chiaro anche ai più creduloni perché il “Green Pass”, venduto al popolo come strumento sanitario, sia in realtà emesso e controllato dal Ministero della Finanza.
Le gravissime interruzioni nella catena degli approvvigionamenti sembrano sul punto di innescare anche la radicale “rivoluzione alimentare” tanto cara a Davos, e già delineata fra i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU. I prezzi infatti lievitano a vista d’occhio, e iniziano a scarseggiare beni di prima necessità come grano, soia e olio di semi. Inoltre, vista la carenza di mangimi e fertilizzanti, e alla luce dei sempre più frequenti focolai di aviaria, gli allevatori di tutto il mondo già paventano di dover abbattere bestiame e pollame. Fortuna che giusto qualche mese fa – mirabile coincidenza! – la previdente Unione Europea ha approvato l’utilizzo di tarme e altri insetti per scopi alimentari. E fortuna che – altra splendida coincidenza! – siamo già dotati di un lasciapassare digitale, facilmente convertibile in una nuova tessera annonaria per i razionamenti… Inestricabilmente connessa alla crisi economica c’è poi, ovviamente, anche la crisi energetica, di cui già vediamo i sintomi ogni volta che apriamo una bolletta o ci fermiamo dal benzinaio. Se la prima verrà utilizzata come propulsore per introdurre un sistema monetario cashless ed esclusivamente digitale, la seconda servirà da pretesto per accelerare la tanto decantata “transizione ecologica”. E non è un caso se i propagandisti della fase pandemica si stanno già riciclando in chiave ambientalista, paventando di adattare il green pass per scopi “sostenibili” come ha fatto l’immunologa Antonella Viola.
2.LA GUERRA ALIMENTA L’EMERGENZA SANITARIA
Come hanno subito sottolineato gli zelanti virologi di regime, l’esplosiva situazione ucraina offre anche il contesto perfetto per la comparsa – reale o dichiarata – di nuove malattie e/o varianti, e per dare quindi nuova linfa alla campagna vaccinale. Oltre alle precarie condizioni igienico-sanitarie che inevitabilmente si vengono a creare sotto le bombe, sono inoltre già iniziati massicci flussi migratori dalla regione colpita verso altre parti d’Europa. E data la scarsissima copertura vaccinale della popolazione ucraina, è prevedibile che anche tali fattori possano (essere usati per) scatenare nuove “impennate”, “ondate”, “varianti” e quant’altro. Altra potenziale bomba a orologeria è rappresentata dai famigerati laboratori americani in territorio ucraino. Da Mosca fanno sapere di aver acquisito le prove che questi “centri di ricerca” lavorassero su armi biologiche e patogeni letali, e che stessero programmando un attacco contro la Russia. Gli Americani, per conto loro, ne hanno prima negato l’esistenza, poi goffamente cancellato dal sito web del pentagono le schede di ciascuno di questi laboratori inesistenti, e infine ammesso che sì, esistono, ma se dovesse sfuggire qualcosa sarà sicuramente per colpa dei Russi. Impossibile cercare di stabilire dove stia la verità nel fuoco incrociato della propaganda di guerra, dove ogni comunicato è un’arma da sparare al momento opportuno. Ma non c’è dubbio che anche la storia dei laboratori sia una potenziale “miniera d’oro” di future crisi sanitarie… E forse non è coincidentale il fatto che, proprio mentre si torna a parlare di armi biologiche, venga finalmente sdoganata l’origine artificiale del covid, ormai definita come “probabile” addirittura da pezzi grossi del mainstream come il Daily Mail o il capo dell’AIFA Palù. Parallelamente a questi scenari “epidemiologici”, la situazione ucraina ha rimesso in primo piano una minaccia ancor più terrificante, ovvero quella nucleare. Nel giro di pochissimi giorni siamo passati dall’incendio alla centrale di Zaporizhzhia ai valori sballati di Chernobyl fino allo spettro di uno scontro atomico su scala globale. Dall’Iran alla Korea alla Francia, le notizie a sfondo nucleare si sono improvvisamente intensificate un po’ dappertutto. Non c’è dubbio, poi, che il complesso mediatico abbia come sempre fatto il possibile per gettare benzina sul fuoco, producendosi in titoloni apocalittici e alimentando una nuova isteria collettiva fatta di bunker, iodio, tutorial anti-bomba e così via. E coi tempi che corrono, non mi sentirei di escludere che anche la minaccia nucleare si trasformi in un’emergenza da affrontare a suon di punture – se non con un vero e proprio vaccino anti-guerra come suggerito da Al Bano, magari attraverso interventi di gene editing e riprogrammazione cellulare mirati (ufficialmente) a proteggere contro radiazioni e onde magnetiche di vario tipo.
3. LA GUERRA RICOMPATTA LE MASSE
Lo spirito bellico riaccende nelle popolazioni quel sentimento di unità totalitaria che andava un po’ scemando nell’ultimo periodo, allorché in troppi iniziavano a perdere fiducia – o interesse – nella narrazione pandemico-vaccinale. Persino fra i fedelissimi – quelli che cantavano convinti sui balconi e poi credevano fermamente che la terza dose durasse dieci anni – c’è infatti chi inizia a realizzare che non “andrà tutto bene”, e in taluni casi si fa strada il pericoloso sospetto di essere stati tragicamente ingannati.
Il conflitto ucraino è arrivato peraltro nel momento in cui gli indici di gradimento dei maggiori leader covidisti (Draghi, Macron, Scholz, Biden, Bennett, Morrison, Trudeau, Ardern, ecc) erano TUTTI ai rispettivi minimi storici. Insomma, una nuova emergenza attorno alla quale ricostruire il consenso – con un nuovo nemico su cui scaricare la colpa di ogni male – sembra proprio cascare a fagiolo. E da questo punto di vista la strategia – se tale la vogliamo considerare – si è già rivelata un clamoroso successo, scatenando nel giro di pochissimi giorni una travolgente ondata di fanatismo antirusso. Se per creare il “mostro novax”, infatti, c’erano voluti mesi e mesi di propaganda martellante, qui un paio di giorni dopo l’invasione vedevamo già studenti espulsi da università, clienti cacciati da negozi e hotel, atleti banditi dalle competizioni, artisti e celebrità licenziati in tronco, ragazzini picchiati dai compagni di scuola, e giganti della letteratura messi all’indice dei libri proibiti. Oltretutto, la nuova emergenza svolge in un certo senso la funzione di “gatekeeper”, andando a intercettare una parte del dissenso e riportandolo nell’ovile della narrazione ufficiale. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel paese che, in fin dei conti, rimane il campo di battaglia più delicato per l’agenda del Grande Reset, ovvero gli Stati Uniti, in cui si contano ancora circa settanta milioni di novax – sempre più esasperati e in molti casi armati fino ai denti. La maggioranza di questi “dissidenti”, però, appartiene a un segmento demografico ultrapatriottico, apertamente militarista e storicamente anti-russo. E benché gli eventi degli ultimi anni abbiano senz’altro spostato certi equilibri e certe percezioni, è innegabile che una bella fetta degli anticovidisti americani sia adesso fermamente schierata contro il cattivone del Cremlino. Insomma, per fatalità o per disegno, la guerra in Ucraina sta riuscendo pure a spaccare ulteriormente la già frammentata “resistenza”, secondo i sempre attuali dettami del divide et impera.
4.LA GUERRA GIUSTIFICA LA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ
Fra coprifuoco, lockdown, droni, zone colorate, lasciapassare, checkpoint, divieti di assembramento e di spostamento, criminalizzazione del dissenso e un crescendo sempre più assurdo di restrizioni e coercizioni, gran parte dell’occidente vive ormai da due anni sotto una legge marziale de facto. Persino il linguaggio – e di conseguenza il pensiero – è stato militarizzato, con giganti del neoliberismo democratico come Mario Monti che sono arrivati a invocare un’orwelliana censura di stato. Perché, parole testuali, “la sfida del virus è come una guerra”. E adesso che la guerra c’è davvero, qualcuno pensa forse che la legge marziale si farà meno marziale? Come osserva lo scrittore Uriel Crua, “la pandemia è stata una strategia forzata di rieducazione delle masse propedeutica all’innesto di alcuni riflessi condizionati condivisi”. Tutto ciò che abbiamo vissuto non era provvisorio, bensì preparatorio. Perché è ormai chiaro che la condicio sine qua non del Grande Reset è una dimensione di emergenza permanente, entro la quale diviene possibile giustificare ogni manipolazione costituzionale, ogni aberrante imposizione, ogni criminale sopruso. Never let a good crisis go to waste, diceva un vecchio imperialista del mondo precedente. Mai lasciare che una bella crisi vada sprecata. E se la crisi non c’è, basta inventarla. Morto un papa, dopotutto, se ne fa un altro. Morta un’emergenza, idem.