La gestione del dolore da parte del medico di medicina generale
A cura del Dottor Professor Aldo Ercoli
L’associazione internistica della terapia del dolore, definisce quest’ultimo “un’esperienza sensitiva od affettiva di tonalità spiacevole associata a danno tissutale reale o potenziale, o comunque descritta in tal senso”. Attualmente i dolori alle ossa sono all’ordine del giorno. Né riguardano solo gli anziani. Sapete quante ernie vertebrali (sia lombosacrali ma anche cervicali) riscontra il medico di medicina generale, ogni settimana, nei soggetti che hanno un’età inferiore ai cinquanta anni?
Credetemi non si tratta di casi isolati. Tutt’altro. Sarà la mancanza di movimento, di attività fisica in sintesi di un errato stile di vita quello che ha abbassato drasticamente l’età di questa patologia. Solo la TC o la RM ci permette una diagnosi certa anche se un medico esperto ed aggiornato sa pure le giuste domande (interrogatorio anamnestico) e dove “mettere le mani” (visita medica). Quello delle ernie discali vertebrali è solo uno dei tanti dolori: strappi muscolari, frattura delle ossa, algie dopo un intervento chirurgico anche banale, dolore del gomito del tennista etc. Dal punto di vista temporale distinguiamo il dolore acuto (durata inferiore a tre mesi) da quello cronico (durata superiore ai tre mesi). Invece se parliamo di fisiologia algica dobbiamo distinguere il dolore somatico da quello viscerale e neuropatico. Nel primo, il dolore somatico, vi è un’attivazione dei recettori nervosi periferici e delle fibre nervose efferenti somatiche senza che vi siano lesioni a carico delle stesse. Il dolore viscerale deriva invece dall’attivazione dei recettori periferici viscerali nocicettivi e di fibre nervose viscerali efferenti.
E’ caratterizzato da una sensazione dolorosa profonda. Sia il dolore somatico che quello viscerale rispondono bene agli antidolorifici (anche se va sempre prima posta la giusta diagnosi). Il dolore neuropatico deriva da recettori periferici che raggiungono i tronchi nervosi o il sistema nervoso centrale. E’ tipicamente bruciante (urente) e sovente si presenta in zone corporee ipo-anestetiche (un esempio è rappresentato dalla nevralgia post-erpetica). Questo dolore risponde poco o nulla agli analgesici. Il dolore riferito è percepito in un’area corporea remota rispetto a quella della sede di origine del disturbo.
Il sistema nervoso autonomo gioca un ruolo significativo di modulazione in tutti e tre i tipi di dolore ma in particolar modo in quello viscerale. Vorrei concentrarmi, essendo il tema assai vasto, soprattutto sui dolori potenzialmente gravi, specie quelli toracici. Un dolore acuto di nuova insorgenza, ricorrente, che persiste per non più di quindici minuti, retrosternale, scatenato dallo sforzo fisico, dal freddo, da pasti eccessivi, salendo in fretta le scale, camminando controvento deve farci sospettare un’angina pectoris.
Spesso il dolore, oltre che retrosternale (come un peso, una stretta sul torace) si può irradiare al collo o al braccio sinistro. Quando questo dolore perdura più a lungo (non si placa con il riposo o con la nitroglicerina, “carvasin”) dobbiamo sospettare un infarto del miocardio. Infatti in questa più severa patologia il dolore è simile a quello anginoso ma è più intenso e prolungato (dura più di mezz’ora) e non è alleviato né dalla nitroglicerina né tantomeno dal riposo. Talora in alcuni pazienti diabetici l’infarto è silente (senza dolore). Solo l’ecg o l’eco può metterlo in evidenza. Negli altri casi i markers cardiaci (CPK – MB, GOT, LDH, mioglobina, troponina I e T), anche se in tempi diversi, ci consentono la giusta diagnosi ancor prima dell’ecg o dell’ecocardiogramma. Attualmente questi enzimi cardiaci (espressione del danno muscolare del cuore) sono di prassi in ogni pronto soccorso ospedaliero. Di certo va dal medico sempre eseguita una diagnosi differenziale (aneurisma aortico, ernia iatale da scivolamento dall’addome al torace, forme psicosomatiche etc). La mia massima è “augurarsi il meglio ma pensare al peggio”.
L’esperienza clinica, l’aggiornamento continuo e l’amore per la professione sono tre caposaldi per me indispensabili. Vi sono altri dolori potenzialmente gravi? Certamente. L’embolia polmonare (dolore retrosternale o laterale di natura pleuritica con colpi di tosse e sangue, tachicardia); la dissecazione aortica (dolore al centro del cuore, come un colpo di pugnale che si irradia poi al dorso e non si modifica con i movimenti del corpo), il pneumotorace, la pericardite acuta e altro ancora. Un’ultima nota la dedico all’infarto miocardico inferiore che non presenta un caratteristico dolore dietro lo sterno ma alla “bocca dello stomaco” tanto da essere scambiato talora con “un’imbarazzo” intestinale. Ma anche la colica epatica (calcolosi biliare) può darci lo stesso quadro clinico, oppure anche una pancreatite acuta (anche se qui il paziente si presenta con un forte dolore che “lo fa piegare in due”, ovvero in posizione Blakmore).