Ho rilasciato ultimamente un’intervista ad una giornalista di un importante periodico nazionale; voleva conoscere il mio pensiero sulle Baby Gang, argomento di scottante attualità.
In effetti sono anni che da sociologo mi interesso di questo fenomeno, sempre più evidente, ad imitazione di altri paesi, tra i quali gli anglofoni, dai quali ne scaturisce il nome. Recenti fatti di cronaca in diverse città del nostro Paese hanno portato in primo piano il fenomeno; alle domande che mi sono state fatte ho risposto in questi termini. Riguardo i ragazzi e le ragazze che formano le baby gang, l’età scende sempre più in basso perché ormai, con la tecnologia, i bambini imparano prima quello che un tempo si apprendeva in età più avanzata. Oggi gli adolescenti sono molto più svegli, d’altronde il fenomeno di questa bande giovanili non è nuovo; si lega al bullismo all’interno delle scuole. E’ noto che sia nelle classi ma anche nei gruppi di amicizie sotto casa, c’è sempre qualcuno che è dominante sul gruppo; quando questa persona è seria e tranquilla, il gruppo, guidato da un vero leader, non risulta problematico; se invece il capobranco è isterico e manesco, nelle sue nefandezze riesce a trascinare con se un gruppetto di ragazzini, di età anche inferiore a lui, che pendono dalle sue labbra; infatti è sempre lui a decidere il da farsi. Questi “discepoli”, che presi da soli sarebbero innocui, lo seguono e lui, ritemprato dal loro numero, insegna loro come agire, come far esplodere la prepotenza, e soprattutto scelgono i soggetti da prendere di mira. Le vittime possono essere: il secchione della classe, il più grasso, quello con un piccolo difetto fisico, magari con gli occhiali, o ancora chi è più timido e silenzioso; quando viene individuato il soggetto iniziano le vessazioni e i soprusi. Oggi, l’evoluzione della baby gang porta il gruppo per così dire anche in trasferta. “Vediamo cosa riusciamo a combinare fuori”, si dicono. Vanno al centro della città o anche semplicemente fuori casa “per fare danno”, individuano la vittima e basta un segnale d’intesa per agire; il malcapitato viene aggredito magari solo perché ha un cellulare nuovo in mano, e spesso le persone intorno restano ferme a guardare o addirittura girano la testa dall’altra parte. Ci si chiede perché, tra i più giovani, la violenza è diventata sempre più spesso mezzo d’espressione; ma basta guardare il cinema, la televisione, You Tube e i social: ormai è tutto sdoganato, lecito e possibile. Una volta era sempre il buono a vincere, il cattivo non riusciva quasi mai nei suoi intenti, adesso invece se la cava quasi sempre, e sul finale del film lo troviamo ai Caraibi con una bibita in riva al mare e una bella ragazza al suo fianco. Il furbo che vince, è questo che piace; in tutto questo l’emulazione ha un ruolo importante. Le cause di tutto ciò, all’origine, sono da ricercarsi all’interno della famiglia; parte tutto da lì, come sempre. I ragazzi non sono tutti dei potenziali esaltati, è l’amore che deve essere letteralmente inculcato dai genitori, dai nonni e da chi fa parte del nucleo familiare. Oggi i genitori sono costretti a lavorare tutto il giorno, magari in fasce orarie diverse, hanno sempre meno tempo libero, con i turni, sempre più complessi; i giorni di riposo non coincidono quasi mai con quelli della scuola, e la famiglia, o quello che ne rimane oggi, non ha più l’opportunità di vivere una vita in comune. Così accade che i bambini crescono con il cellulare in mano o passano il tempo davanti al computer, dove in gran parte dei giochi, chi uccide di più risulta il vincitore. E’ quindi in famiglia che bisogna affrontare questo fenomeno sociale, soprattutto con il dialogo, l’amore e il ritorno a infondere nei più giovani il senso della giustizia: bisognerà mettere al bando ogni sorta di incomunicabilità tra coniugi e tra adulti e ragazzi. E’ l’amore per il prossimo, in definitiva, l’antidoto contro i veleni della società d’oggi, quelli che respiriamo e soprattutto quelli che ci vengono trasmessi dai media e da falsi guru, sciagurati discepoli del dio denaro e della dea della potenza.
Dr. Pietro Zocconali Presidente Associazione Nazionale Sociologi