Si parla spesso di dipendenza affettiva, di dipendenza da sostanze, da gioco, ecc. Ma, senza saperlo, esiste anche il fenomeno opposto ma, fondalmentalmente, uguale che si chiama “contro-dipendenza”.
È molto facile evidenziare un comportamento di dipendenza affettiva o da sostanze ma è molto difficile evidenziarne l’opposto, la contro-dipendenza. La contro-dipendenza va a braccetto con la dipendenza poiché, spesso, le persone contro-dipendenti incontrano persone dipendenti ed insieme trovano un equilibrio che impedisce di entrare in vera intimità reciproca.
I principali meccanismi di difesa che intervengono nella dipendenza e nella controdipendenza sono l’idealizzazione, l’evitamento e fuga. La persona contro-dipendente tendenzialmente ha una parte molto matura, presenta una buona autostima, spesso ha una buona posizione sociale, ha una buona cultura ma ha difficoltà nell’instaurare rapporti di coppia intimi perché associa l’intimità alla dipendenza e, quindi, all’abbandono.
Nel vissuto del contro-dipendente l’intimità è in unione biunivoca con l’abbandono e con la sofferenza. L’evitamento dell’intimità, in pratica, è l’evitamento del trauma primario dell’attaccamento. Spesso la persona contro-dipendente ha imparato molto precocemente a cavarsela da sola perché le figure di attaccamento primario (i genitori) o erano rifiutanti, oppure la famiglia ha passato momenti difficili (grave malattia, crisi economica, ecc…).
L’attaccamento primario con le figure di riferimento è stato probabilmente intermittente. Il bambino ha imparato, così, che le sue esigenze e i suoi bisogni non avevano lo spazio adeguato nella famiglia e, per questo motivo, ha imparato presto a mettere da parte i propri bisogni primari e ad indossare una maschera che lo accompagnerà nella sua crescita.
In pratica, nel momento o nei momenti traumatici primari, il bambino è come se avesse fatto un patto con se stesso “io non dovrò più soffrire così”. Questo patto ha funzionato per un periodo (più o meno lugo) della sua vita e gli ha permesso di crescere in modo sufficientemente sano, di farsi una posizione, di riscattarsi in nome di quella forte alleanza con sé stesso.
Ciò gli ha impedito di vivere appieno le sue emozioni e di instaurare relazioni profonde. Il vissuto emotivo viene contattato in modo superficiale e tenuto a debita distanza perché potrebbe essere pericoloso.
Il bambino ha vissuto delle emozioni grandi da cui ha temuto di essere sovrastato perché gli è mancata la canalizzazione emotiva che il genitore ha il compito di insegnargli. Il bambino ha imparato che l’intimità con l’altro può essere un potenziale pericolo, una possibilità di riaccendere il vissuto di abbandono primario e, di conseguenza, la grande sofferenza.
Persone contro-dipendenti possono, da adulti, avere tratti più o meno marcati di personalità narcisistica, tendono a cercare relazioni con persone dipendenti oppure presentare comportamenti di dipendenza da sostanze, da gioco o da sesso.
Il sesso viene vissuto in modo superficiale non come una vera intimità né una vera reciprocità ma come una sorta di trofeo. Nella vita, però, può succedere che qualcosa “buchi” il patto originario che la persona ha fatto con se stessa e l’impalcatura difensiva scricchioli, non sia più efficace né funzionale. L’evento scatenante, allora, diventa l’emblema del trauma originario, emerge il dolore legato all’evento scatenante che è la sommatoria del dolore vecchio, antico.