KO AL BULLISMO: IL PROGETTO DI LUISIANO FIORE

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La ricetta di Luisiano Fiore: sport, ascolto e tempo ai giovani. 

” Se il bullo è qualcuno che cerca una vittima, una persona ritenuta indifesa, da attaccare per farsi grande agli occhi degli altri, mai andrebbe da un bambino che pratica il pugilato dove il bullo rischia di fare una brutta figura in quanto lede lo status di ‘figo’, a cui ambisce. Per questo, penso che il bullo è un insicuro, un individuo che non ha ancora capito da che parte stare”. Il pugilato rimette in riga.

Inizia così la piacevole chiacchierata con Luisiano Fiore, il pugile 38enne che vive a Valcanneto e nel territorio si dedica ai giovani. Ha proposto nelle scuole il progetto “KO al bullismo” per avvicinare i ragazzi al mondo del pugilato, diffondendo l’importanza del rispetto verso gli altri e facendo conoscere uno sport completo e sano. Avvallato subito dal Ministero della Pubblica Istruzione e dal Comitato Regionale Lazio di Pugilato, ha iniziato il percorso in due istituiti del territorio: la scuola di Valcanneto e quella di Borgo San Martino. Il 9 marzo nel pallone geodetico di Valcanneto, ci sarà la giornata di chiusura corso con i rappresentanti degli istituti e i genitori dei ragazzi coinvolti.

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Samuel Fiore, argento al Torneo regionale esordienti 2020

Hai spiegato l’importanza per gli adolescenti di sapersi difendere, ma il bullo può smettere di esserlo attraverso il pugilato? Certo, fa bene a tutti, perché l’adolescente che manifesta un atteggiamento prepotente verso gli altri, praticando lo sport acquisisce sicurezza nei suoi mezzi e non gli serve più dimostrare di essere forte, sa di esserlo e gli basta. Non si parla solo di forza fisica, il pugilato è molto altro e non è uno sport violento. É appagante. Dall’altra parte il bullizzato, capisce di avere gli stessi mezzi del cattivo in quanto sul ring siamo tutti uguali, abbiamo tutti 2 mani e possiamo usare solo quelle. Come nella vita tutti dovremmoavere le stesse possibilità, con KO al bullismo nasce  il rispetto per l’altro.

Qual’è stata la risposta degli studenti? I ragazzi hanno capito! Una risposta positiva al progetto che mi ha stupito, dentro e fuori dalla scuola. Il maggiore interesse nelle classi dove sto lavorando, è arrivato dalle donne. Il progetto è stato presentato nelle scuole ma nasce dal mio gruppo:la Luisiano Team Box, un team che viene dall’Accademia Pugilistica Roma Est, una delle più grandi società del Lazio e attraverso la palestra di Ladispoli, di via Messico, dove ho iniziato ad allenare con Fabio Filippini.

Quando e come è iniziata la passione per il pugilato? Ho iniziato a 15 anni. Dopo vari incidenti nel calcio, altra mia passione, ho appeso gli scarpini e ripreso il pugilato diventando tecnico della Federazione Pugilistica Italiana. Con mia grande soddisfazione ho superato un corso impegnativo incentrato sui percorsi propedeutici all’attività di pugilato, per questo è nata anche la mini box, che si rivolge ai bambini dai 4 anni, dove si lavora  molto sulle abilità motorie.

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Sul ring così piccoli? Per loro l’allenamento inizia con esercizi di stretching fondamentale prima e dopo ogni esercizio fisico. Dopo iniziano i percorsi propedeutici, solo gli ultimi 20 minuti sono dedicati alla tecnica del pugilato. Lo scopo è far percepire ai piccoli atleti il proprio corpo, raggiungere un equilibrio tale da permettergli di eseguire una capriola! A poco a poco si lavora sulla resistenza e sulla forza.

Che percezione hanno i bambini del pugilato, il mito del pugile esiste ancora? Quando sono arrivato nella scuola per loro il pugilato era sport violento, dove ti rompono il naso, è stata la prima cosa che mi hanno chiesto. Era ed è tuttora un mito da sfatare sul quale lavoro. In passato le palestre erano dure, i pugili erano quelli che andavano sul ring a fare la guerra, oggi non è più così.

Vale anche per i genitori? Sopratutto! Un retaggio culturale comprensibile per chi è cresciuto con Roky Balboa.

Come e grazie a chi è cambiato? il pugilato è cambiato grazie agli amatori, grazie alle donne, e grazie a tutti gli accorgimenti che la federazione ha preso per far si che diventasse uno sport accessibile e non distruttivo. Non sei più Rambo! Il pugile amatore è un pugile forte, preparato atleticamente, dalla tecnica pugilistica perfetta ma non combatte mai: i suoi obiettivi sono il sacco, la palla elastica, il vuoto. Certo, qualora si trovassero in difficoltà gli atleti saranno capaci di difendersi!

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Questo sport, aiuta a combattere la rabbia? Si. Con i miei ragazzi, il lavoro è completo, ci si confronta, ci si sfoga. La rabbia è un sentimento complesso, con più origini, un ambiente di collaborazione e di amicizia dove l’uno può contare sull’altro sicuramente aiuta. Vittime di bullismo che ritrovano il sorriso.

Come un centro di aggregazione? Lo è, toglie i ragazzi dalla strada. In mente c’è l’ulteriore volontà di estendere la possibilità a chi non può economicamente frequentare una palestra, di far sentire meno soli quanti più adolescenti possibili. Quando parlo con i ragazzi mi rendo conto che sono mentalmente ed emotivamente maturi, più di quel che sembra, hanno solo bisogno di ascolto da parte dei grandi e di un obiettivo dove far confluire le energie.

Qual’è la risposta del territorio a questa necessità? Il territorio non è affatto ricco di opportunità per i ragazzi dai 12 ai 18 anni, ne sportive ne culturali e questa povertà contribuisce al diffondersi di cattive abitudini, di atteggiamenti nocivi come il bullismo. La noia è cattiva consigliera!

É difficile essere un adolescente oggi? Complicato. Quando mi capita di percepire in un ragazzo, uno stato emotivo particolare, lo coinvolgo nelle attività, chiedendogli aiuto, e l’essere impegnati tira su il morale. Io sono una persona fortunata per la famiglia in cui sono cresciuto e per come ho superato le tante prove della vita, per questo mi sento di fare del bene al prossimo. Io amo la vita in tutti gli aspetti, ho avuto anche incidenti importanti e cerco di ripagare questa mia fortuna trasferendo dedicandomi ai ragazzi.

Il preside ha sposato il progetto, ma i ragazzi parlano di bullismo? No. Credo lo abbiano solo assimilato, se gli nomini la parola bullismo ti rispondono «Che stai a di’!?» A volte sembra che non hanno la percezione né di subirlo né di farlo. Almeno i ragazzi delle classi 4^ e 5^ elementare coinvolte nel progetto.