L’ambientalismo di facciata che fa da apripista allo sfruttamento aggressivo di spiagge e riserve naturali.
I giorni “funesti” per la salute del litorale cerite e per i diritti dei residenti e villeggianti di Cerveteri sono tornati. Infatti è tornato il mega concerto che nel 2019, dopo aver sbancato le dune, aveva di fatto sequestrato la spiaggia causando disagi inauditi agli abitanti delle due frazioni coinvolte, Campo di Mare e Cerenova.
È tornato qui e altrove, nonostante proteste e pile di esposti nelle Procure di mezza Italia. Come al solito, grazie ad una amministrazione compiacente, ha vinto il principio dell’Io so’ io e voi non siete cazzo. Ha vinto spudoratamente e arrogantemente l’interesse privato su quello collettivo. Anzi ha stravinto: infatti l’evento, raddoppiando le date e il carico antropico, ha raddoppiato il disagio e l’inquinamento. Per la gioia delle tasche di pochi. L’organizzazione del Jova Beach con la complicità dei vari attori istituzionali, ancora una volta si è impossessata a scopo di lucro della principale porzione di spiaggia libera di Campo di Mare per oltre una settimana. Transenne, recinti alti più di due metri e sorveglianti sono lì apposta per dirti che nella spiaggia di tutti, nella tua spiaggia, non ci puoi entrare. Ti è “concesso” metterci piede per qualche ora, o sabato 23 o domenica 24, solo se hai acquistato il biglietto. Se tu per caso hai unicamente questa settimana di vacanza per stare al mare con i tuoi bambini, beh so’ problemi tuoi. Né a Jova né al sindaco né al Presidente della Regione, né ai funzionari coinvolti gliene po’ fregà’ de meno.
Fatto è che i bagnati, estromessi dalla spiaggia libera del Lungomare dei Navigatori Etruschi, per una decina di giorni – il tempo che occorre per adattare la spiaggia alle esigenze del concerto – sono stati costretti ad ammassarsi come bestiame nei piccoli tratti di arenile libero rimasti. I più giovani, gambe in spalla, hanno potuto riversarsi nella spiaggia della Palude. Ma i più anziani non hanno avuto scampo dal carnaio. Poi, nei due giorni del concerto, i disgraziati cittadini delle due frazioni marine possono scegliere se starsene rinchiusi in casa con le orecchie tappate oppure migrare. Per gli esseri viventi che popolano la palude nessuna scelta.
Che il Jova Beach, spalleggiato dal WWF, sia tutto fuorché green, appare assodato. Occorre una massiccia dose di ipocrisia e opportunismo per affermare il contrario. Con decine di migliaia di presenze, elettrosmog e inquinamento acustico causato dagli impianti audio di altissima potenza è un evento non sostenibile, per il semplice fatto che le spiagge sono un ecosistema fragile tanto più se sono in prossimità di un’area protetta. I laqualunque forse non lo sanno o se lo sanno, allegramente se ne fregano, salvo poi partecipare con pelosa convinzione al Friday for future. Ma il WWF lo sa eccome. Come sa che livellare l’arenile con ruspe e grandi trattori, sbancando tutto, fino all’ultimo centimetro al fine di trasformare la spiaggia in una sorta di stadio, è un intervento violento che azzera ogni forma di vita e devasta ogni residuo di naturalità. A Ravenna sono state abbattute decine di tamerici alte 4 metri, mentre a Vasto un corso d’acqua destinato a rinaturalizzazione nel Piano Demaniale, è stato azzerato dal punto di vista naturalistico e intubato per permettere il concerto. Attila non avrebbe saputo fare di meglio. Fa bene Jovanotti ad indossare il cappello di corsaro dal momento che questi concerti hanno un carattere predatorio “autorizzato” proprio come i corsari erano autorizzati dal Re ad assaltare le navi e svuotarle del carico. Eventi di tal sorta sono la rappresentazione plastica dello sfruttamento aggressivo di un bene comune da parte dei privati con il placet della politica, dei suoi clientes e dei potentati locali. E fanno da apripista alla predazione del patrimonio costiero italiano. Una predazione ben mascherata che si nasconde dietro una suadente cortina fumogena di brani musicali di successo, effetti speciali e una vagonata di greenwashing.* “[..] la cosa grave – ha detto l’attivista ambientalista Franco Sacchetti in una intervista di Linda Maggiori – non è solo l’impatto enorme di ogni concerto, ma anche l’aspetto diseducativo. I danni collaterali sono di ordine culturale, sociopolitico. Si tratta di un precedente, che altri hanno iniziato ad imitare, in nome di una concezione riduttiva della natura, che non rappresenterebbe un valore in sé, ma avrebbe bisogno di essere valorizzata a fini turistici e ludici dalle attività umane.
Il Jova beach Party ha avuto l’effetto di un decreto Sblocca Spiagge sancito dal potere mediatico. Le feste sulla spiaggia, i mega concerti in luoghi fragili e naturali, stanno diventando la normalità.” Non a caso, alla faccia del green, tra gli sponsor principali dell’evento figura TIM la multinazionale di telefonia mobile che per l’occasione promuove il metaverso. “TIM, Main Sponsor Tecnico del Jova Beach Party 2022, porta Jovanotti per la prima volta nel metaverso per dar vita ad un’esperienza indimenticabile, il Jovaverso, dove sarà possibile esplorare il backstage delle feste in spiaggia dell’estate ed entrare nel camerino di Jovanotti”. Casualmente, sempre alla faccia del green una mega antenna è stata piazzata sulla spiaggia di Campo di Mare. D’altra parte ai corsari di oggi non basta occupare, livellare e snaturare spiagge: vogliono sottoporre allo stesso trattamento i nostri cervelli.
* il greenwashing è ambientalismo di facciata: indica la strategia di comunicazione di certe imprese o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.