E’ un argomento non facile, anzi direi alquanto complesso, quello della iperlassità articolare vera.
Quello che è certo è che i pazienti che ne sono affetti possono eseguire almeno quattro manovre:
1)Iperestendere il gomito di 10 gradi o più;
2)Estendere le articolazioni metacarpo falange (MPC, della mano) di 90 gradi o più oltre alla posizione neutra;
3)Flettere il pollice fino a toccare il polso oppure ipertensione dell’interfalangea prossimale (delle dita delle mani e dei piedi) con flessione dell’interfalangea distale;
4)Flettere il tronco in avanti fino a poggiare al suolo i palmi delle mani.
Anche se molti casi di iperplassità articolare sono su base ereditaria (come le più famose sindromi di Marfan ed Ehlers – Danlos) non sempre l’anamnesi familiare ci è di aiuto in quanto non mancano mutazioni spontanee che avvengono solo nel singolo paziente. Nell’iter, nel percorso diagnostico, dobbiamo prendere in esame, in primo luogo, la Sindrome di Marfan (1896), malattia ereditaria del tessuto connettivo, trasmessa in modo dominante. Un paziente che presenti tutte le manifestazioni cardine (oculari, cardiache e dello scheletro) oppure almeno due di queste, con un’anamnesi familiare positiva, soddisfa i criteri diagnostici.
L’ectopia del cristallino (il paziente porta gli occhiali n.d.r.) è la manifestazione oculare più frequente. L’interessamento cardiovascolare comprende: dilatazione dell’aorta ascendente, dissecazione aortica, insufficienza aortica e prolasso valvolare mitralico.
Le caratteristiche dello scheletro comprende una statura molto elevata, dolicostenomelia (deformazione congenita dei quattro arti più pronunciata alle estremità, con allungamento e assottigliamento delle ossa che danno agli arti un aspetto stirato e fragile), aracnodattilia (esagerata lunghezza delle dita), palato ogivale e deformità anteriore del torace, dolicocefalia (aspetto del cranio allungato dall’avanti all’indietro).
La diagnosi va fatta con altre sindromi “marfanoidi” che rispondono ai quattro criteri sopracitati pertinenti la iperlassità articolare.
E’ soprattutto importante prendere in considerazione la possibilità di un’omocistinuria, un difetto metabolico congenito, a trasmissione ereditaria recessiva, che è curabile.
L’ omocisteinuria (1962) viene diagnosticata dall’anomala presenza di omocisteina (aminoacido solforato) nelle urine. Pur ricordando, nell’insieme delle malformazioni, il Marfan, vi si riscontano spesso sia il ritardo mentale che le crisi convulsive. Anche il morbo di Erdheim (ectasia anuloartoica) e la sindrome di Stickler (artro – oftalmoplegia ereditaria progressiva), seppur assai rare, possono simulare la sindrome di Marfan.
La sindrome di Enler (1899) – Danlos (1908) è una distrofia ereditaria del mesenchima trasmessa in modo dominante e caratterizzata anatomicamente da un’alterazione delle fibre collagene e clinicamente dall’associazione di una iperlassità articolare, di una ipereleasticità della pelle (cute iperelastica), di una fragilità cutanea che è all’origine di cicatrici atrofiche piane multiple, e di pseudotumori “tipo mollusco” (molluscoidi).
Se escludiamo tutte queste patologie perché la cute è normale è doveroso valutare la statura del paziente. Nel nanismo è molto frequente l’iperlassità articolare con talora associate displasie dello scheletro. Se è prevalente il coinvolgimento vertebrale, con alterato allineamento e lussazione epimetafisaria, la patologia è chiamata con l’acronimo DSELA (lussazione articolare epimetafisario distrofica).
Se invece non è vi coinvolgimento vertebrale dobbiamo prendere in considerazione, sempre in un soggetto di bassa statura, la sindrome di Larsen (depressione della sella nasale ed allargamento delle falangi distali) e la sindrome di Desbuquosis (esoftalmo, allungamento delle falangi distali e presenza di falangi soprannumerarie).
Talora la statura nella sindrome di Larsen può essere anche normale ma il paziente presenta sempre delle lussazioni recidivanti (specie ginocchia, anche e gomiti). Le sindromi con cute lassa di solito non sono associate all’iperlassità articolare, alle cicatrici o alla fragilità cutanea. Vi è però una variante della “cutis laxa”, chiamata “cutis laxa con iperlassità e ritardo di sviluppo” (basso peso alla nascita) che fa eccezione.
Come vedete, per le diverse sindromi che presenta,l’argomento pertinente l’iperplassità articolare è alquanto complesso.
A cura del
Dottor Professor ALDO ERCOLI