INTERVISTA A VERONICA GUIDOZZI

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Ha calcato i palazzetti più importanti d’Italia giocando tra le campionesse della Nazionale con il Igor Volley Novara A1.

 

A tu per tu con un’atleta di grande livello, tornata a giocare a pallavolo da qualche anno, dopo la nascita dei suoi tre bambini. Una carriera eccezionale, fatta di risultati che contano, passione e voglia di mangiarsi il campo. Veronica è una ragazza determinata e umile, partita con un sogno in tasca e che oggi sta crescendo tre gemellini senza rinunciare alla propria carriera. Dopo la stagione con la VBC Viterbo in B1, quest’anno ha scelto di scendere in Serie C per riportare in B2 la Civitavecchia Volley.

Raccontiamo le tappe più importanti della tua carriera

Ho iniziato a tredici anni nel vivaio della Pallavolo Tarquinia, poco dopo il VolleyRò mi ha presa in squadra e sono arrivati il primo scudetto giovanile, la Coppa Italia e l’esordio in B1 che abbiamo vinto quell’anno. Ho vinto 8 campionati in totale e gran parte della mia carriera oscilla tra la B1 e la A2. Dopo Roma sono andata a Viterbo in B2, poi sono partita per il Nord tra Brescia in B1 e Piacenza in A2. Ho giocato a Novara in A1 durante la stagione 2014/2015, giocando in Challenge Cup, Champions e finale scudetto che purtroppo quell’anno abbiamo perso. Per motivi personali ed iniziare un nuovo percorso mi sono trasferita al sud e ho giocato lì qualche anno. Sono rientrata nel Lazio qualche anno fa e ho giocato a Cisterna e Sant’Elia, dove ho vinto l’ultimo campionato in B2.  Infine l’anno scorso sono rientrata da mamma al VBC e ora non vedo l’ora di iniziare questo nuovo percorso la Cv Volley.

Il momento più bello di tutta la tua carriera? E quello più brutto?

Il momento più bello è stato a Novara in A1. Mai a 27 anni mi sarei aspettata di giocare nella massima serie. Ho giocato con atlete di livello indiscusso, campionesse della Nazionale. Sono tornata nelle mie categorie A2/B1. Nel corso di una carriera così lunga ci sono tanti momenti brutti. Mi è capitato di non trovarmi bene in alcune fasi del percorso ma fortunatamente ho sempre trovato la chiave per iniziare qualcosa di nuovo e cambiare ciò che non mi faceva stare bene.

Come si gestisce una vita da atleta che ha calcato i palazzetti più importanti d’Italia e quella di mamma?

E’ molto complicato quando si incontrano l’essere mamma ed essere una professionista. Ero abituata a vivere la pallavolo come il mio lavoro, poi diventi madre e le priorità cambiano, ma quella passione che senti nel cuore non svanisce e non svanirà mai. Vanno conciliate con tanto coraggio e bisogna anche un po’ accontentarsi in ambito professionale e vivere il lavoro con tempi e aspettative diverse. Diventata mamma sai che non potrai più ambire a quei palazzetti perché hai scelto una vita nuova. Ma è importante continuare a fare ciò che si ama pur essendo genitori, in categorie più basse e nel proprio stile, ma è importante non fermarsi e continuare a ritagliare dei momenti per se stessi e a realizzarsi in ambito professionale.

I tuoi bambini sono ancora piccoli ma saresti felice se entrassero a far parte del mondo della pallavolo e giocassero ad alti livelli?

Mi piacerebbe molto vederli nel mio mondo e seguirli in questo percorso perché si vivono delle emozioni bellissime. Se dovesse essere un altro sport li seguirei comunque con orgoglio e amore perché la cosa più importante è che si divertano e capiscano cos’è l’educazione sportiva, il sacrificio. Non è necessario essere campioni, ma se dovessero esserlo spero che lo facciano sempre con umiltà.

Davanti alla sconfitta come si reagisce e ci si rialza?

Si reagisce sicuramente con difficoltà se le aspettative di quella gara o del campionato sono alte e ci sono obiettivi ben prefissati. Si può imparare molto di più da una sconfitta però rispetto ad una vittoria. Sei obbligato a rialzarti. Vincere sempre è bello ma è meno costruttivo.

Sei stata capitano diverse volte durante la tua carriera, come vivi l’onere e l’onore di questo ruolo?

Sono stata chiamata a ricoprire questo ruolo parecchie volte nella mia carriera. Lo vivo sentendomi molto onorata, è un ruolo importante. Al di là della leadership che è molto importante, bisogna farsi sentire, ma si deve essere anche un’amica, una compagna speciale per la squadra, la società e lo staff. Essere capitano è complicato, bisogna essere anche mediatore tra le parti ed è ancora più complicato quando c’è del malcontento.

Il ruolo dell’allenatore: che peso ha all’interno di una squadra e com’è il tuo allenatore ideale?

Il ruolo dell’allenatore è fondamentale. Ho visto squadre formate da atlete eccezionali ma guidate da allenatori di poco conto e che per questo non hanno potuto fare il salto nella loro carriera. In questo caso corrisponde un po’ al detto “hai in mano una Ferrari e non la sai guidare”. L’allenatore è la guida, il braccio di tutto il meccanismo. Non ho un allenatore ideale ma credo che un buon allenatore debba capire i propri atleti, mettersi a disposizione della squadra sempre facendosi rispettare con autorevolezza. Le qualità tecniche e tattiche devono sempre esserci chiaramente.

Mamma e papà avrebbero preferito facessi altri sport o amano anche loro la pallavolo?

Entrambi sono felici e orgogliosi della strada che ho scelto. Forse avrebbero voluto che studiassi un po’ di più come tutti i genitori, ma ci siamo tolti tante soddisfazioni. Se dopo che sono nati i miei figli ho ricominciato a giocare è stato perché so che mio padre avrebbe voluto vedermi in quel campo considerati tutti i salti mortali che ha fatto per me negli anni.

A chi vuoi dire grazie per averti sostenuta nel tuo percorso?

La persona a cui devo tutto è mio padre. L’ho perso due anni fa, erano appena nati i miei bambini quando è venuto a mancare. Lui è stato il mio motore in questo percorso. Senza di lui non sarei mai potuta arrivare dove sono arrivata. C’è sempre stato, per portarmi avanti e indietro quando ero piccola, e quando sono cresciuta e ho giocato a Cagliari prendeva l’aereo per venire a vedermi giocare in casa. Non si è mai perso una partita ovunque io sia andata. C’è sempre stato e credo che ci sia tuttora. Mi ha permesso di vivere il mio sogno, di diventare una giocatrice conosciuta e non smetterò mai di essergli grata. Anche mia madre è stata un pilastro. Senza di lei tutto questo anche oggi non sarebbe possibile perché mi aiuta facendo la nonna (una super nonna), mi dà supporto e mi è sempre stata accanto.