A VENT’ANNI DALLA SCOMPARSA DEL PADRE NINO, LUCA MANFREDI DIRIGE “GENTE DI FACILI COSTUMI”CON FLAVIO INSINNA E GIULIA FIUME.
di Mara Fux
Un mega evento dal sapore squisitamente nazional-popolare ha inaugurato il 2024 per ricordare, a vent’anni dalla sua scomparsa, Nino Manfredi uno degli attori più amati del nostro cinema. Fulcro delle due serate celebrative svoltesi ai primi di gennaio al Teatro Argentina di Roma, è stata la presentazione in anteprima della piece teatrale “Gente di facili costumi”, commedia scritta a quattro mani dallo stesso Manfredi con lo sceneggiatore messinese Nino Marino, qui per la prima volta diretta da Luca Manfredi e rappresentata nella sua propria versione integrale grazie anche alla brillante interpretazione di Flavio Insinna e Giulia Fiume, che per quasi tre ore consecutive hanno retto il palcoscenico trascinando il pubblico per tutte le sfumature della risata.
“Gente di facili costumi” è uno dei testi più rappresentati: come mai lo hai diretto solo ora?
Semplice, nessuno mi ha mai chiesto di farlo. Ovviamente è un testo che conosco molto bene, ne ho visto varie versioni successive a quella interpretata da mio padre, ma mai nessuno mi ha proposto di dirigerlo, forse anche perché non ho mai fatto teatro.
Eppure, l’avrei trovata una regia, come dire, “naturale”.
Sarà ma l’unico a propormelo è stato Valerio Santoro, con il quale –in tutta realtà- mi stavo interfacciando per una commedia francese che però per varie ragioni poi è saltata; discutendo su un’alternativa, è venuto fuori che nel 2024 sarebbe caduto il ventennale dalla scomparsa di mio padre ed a lui è venuto in mente di mettere in scena “Gente” rendendogli anche omaggio.
E come siete giunti alla scelta degli attori?
Che Insinna interpretasse il personaggio di mio padre è stato un omaggio nell’omaggio di cui posso solo ringraziare la produzione che ha considerato la popolarità di Flavio oltre al suo calibro di bravura in teatro. Per scegliere una “Principessa” giusta al suo fianco ho fatto un’accurata, lunga selezione.
Quale aspetto del testo hai tenuto più da conto?
Quello linguistico, mi divertiva il contrasto tra il romano forbito del personaggio di Flavio e il siciliano smaccato e sempliciotto del personaggio interpretato da Giulia.
Per cui ha vinto l’origine catanese?
Sicuramente, in aggiunta alla sua padronanza scenica: per tenerti incollati addosso gli occhi degli spettatori per tre ore, devi credere tu per prima che sei una bella ragazza venuta nella grande città da un paesello del Sud per fare soldi facili e comprarti un futuro migliore; nell’interpretazione ci deve stare una tenerezza di fondo che ti porta a sognare.
Nella regia hai seguito le indicazioni di tuo padre?
Ho rispettato il testo rimarcando il contrasto d’età e di ceto, rispettando le caratteristiche dei due personaggi, lui intellettuale solitario, quasi un misantropo, lei estrosa, estroversa e di bassa cultura. Considerati gli attori che avevo davanti ho lavorato sulla romanità trattenuta di Flavio e la sicilianità invadente di lei dando peso e rilievo al forte gioco di botte e risposte.
Trovi che questa edizione riscuoterà il successo di quella interpretata da Nino?
Nessuna edizione può essere uguale ad una precedente perché gli interpreti sono differenti ed ognuno ci mette del suo, regista compreso. Quella è stata l’edizione di Nino, questa è l’edizione di Flavio.
Che differenze trovi tra le due interpretazioni?
Flavio è verbale, si butta, si dà al pubblico. Papà per sua natura era schivo, nella recitazione giocava molto sui piani d’ascolto.
È stato difficile essere figlio di Nino?
Nino non era un tipo facile ma tutto quello che avevo da raccontare su di lui lo puoi trovare nelle pagine del mio libro “Un friccico ner core” o nel film “In arte Nino” opera biografica interpretata da un bravissimo Elio Germano che, a chi non lo ha visto, consiglio davvero di guardare.