INTERVISTA A FRANCESCA GENTILE, L’ARTISTA CHE “DIPINGE” CON LA LUCE

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Francesca Gentile autoritratto

L’arte di Francesca Gentile è caratterizzata da una “firma” inconfondibile: la sua fotografia richiama la pittura e la tradizione dei “tableaux vivants”

di Andrea Macciò
Francesca Gentile è un’artista e fotografa di Montecastrilli, comune alle porte di Terni, che, dopo aver ripreso in mano la fotocamera intorno al 2020, negli ultimi due anni ha partecipato a numerose esposizioni ed eventi in Umbria, distinguendosi per uno stile personalissimo e inusuale nelle mostre fotografiche di oggi.
L’arte di Francesca Gentile è caratterizzata da una “firma” inconfondibile: la sua fotografia richiama la pittura e la tradizione dei “tableaux vivants”.
Nelle sue affascinanti opere è evidente tanto l’influsso dei “maestri” della pittura del Rinascimento e del Seicento, da Caravaggio a Rembrandt ai fiamminghi, quanto quello contemporaneo di alcuni maestri della fotografia contemporanea, della digital art e della grafica, il tutto arricchito talora da un tocco surrealista, da una grande sensibilità per i diritti e i temi sociali, dalla grande passione che mette nella sua attività artistica.
Ritratto, still life e fotografia naturalistica sono alcuni dei “generi” fotografici che caratterizzano l’arte di Francesca Gentile.
Se dal punto di vista etimologico “fotografia” significa “scrivere con la luce” possiamo affermare che nelle sue immagini Francesca Gentile “dipinge” con la luce, grazie alla tecnica del light painting e alla sua reinterpretazione creativa della storia dell’arte.
Francesca è una delle artiste più attive dell’associazione Thyrus, nata nel 2023 per mettere in rete le energie creative della città di Terni, con la quale ha esposto, tra l’altro, nella collettiva “Donne Straordinarie” e dalla quale sono nati altri importanti progetti.
Francesca Gentile con le due sue opere
Francesca Gentile con le due sue opere
La abbiamo intervistata per capire meglio il suo approccio alla fotografia, il suo punto di vista sul ruolo degli artisti nel cambiare la società e toccare la sensibilità collettiva su temi come l’omofobia e la violenza di genere, la controversa questione della “post-produzione” che in realtà è da sempre parte integrante dell’arte fotografica, il ruolo “terapeutico” della creatività, l’importanza dell’arte e delle nuove energie creative per ridefinire l’identità della città di Terni.
Quando hai iniziato a interessarti alla fotografia come linguaggio artistico? Sei autodidatta o hai seguito una formazione specifica? Quando hai iniziato a scattare in modalità “professionale”?
 Ho iniziato ad approcciare la fotografia da adolescente, più o meno all’età di 16/17 anni, sperimentando gli autoritratti. Ho sempre considerato la fotografia come una forma terapeutica per esprimere ciò che provo ed esorcizzare il mio malessere, un modo per comunicare agli altri cosa sento dentro o immedesimarmi in altre situazioni. Con il passare del tempo ho accantonato questa passione ed espressione artistica, c’è stata una lunghissima pausa durata anni, riprendevo a periodi sia davanti l’obiettivo come “alternative model”, sia dietro l’obiettivo.
Ma è stato poco prima del Covid e poi definitivamente durante il lockdown che ho deciso di riprendere in mano i miei corpi macchina per poi non abbandonarli più. Ho avuto modo e tempo di applicarmi fotografando tanti generi diversi, sviluppare idee e studiare seriamente con costanza. Sono autodidatta: ho imparato tramite libri, siti/forum, tutorial e corsi online, internet devo dire che mi ha dato una grande mano in questo. La fotografia stessa mi è stata maestra per affrontare i miei problemi caratteriali e d’ansia e conoscere gli altri, ma in fondo anche me stessa.
Nel 2022 circa sono iniziate le prime commissioni e nel 2023 le prime mostre.
 La tua fotografia ha uno stile personale inconfondibile e inusuale, molte delle tue opere richiamano la tradizione dei “tableaux vivants” e quella pittorica dello still life o “natura morta”.  Ci sono pittori o fotografi che hanno influenzato in maniera particolare il tuo linguaggio artistico?
Viviamo in un periodo in cui possiamo fruire di migliaia di immagini ed io, chiaramente come tanti, ne vedo, salvo e studio moltissime fra pittura, fotografie, ecc. Fra gli artisti ai quali faccio riferimento ci sono Caravaggio, Rembrandt ed altre pittrici e pittori dell’arte barocca. Artemisia Gentileschi, le tante nature morte esistenti e molto della dark food photography, un genere fotografico molto in voga negli ultimi anni che usa e si ispira alle tecniche del Chiaroscuro.
In molte mie foto uso la tecnica del light painting che a mia volta ho appreso da altri fotografi come Harold Ross, Paolo Roversi, Renato Marcialis e Luigi Boccia.
(N.d.R.: Il “light painting” letteralmente “dipingere con la luce” è una tecnica fotografica che permette di creare un effetto pittorico nelle immagini fotografiche usando la luce come se fosse un “pennello” grazie ai lunghi tempi di esposizione)
Oggi la fotografia può apparire un linguaggio alla portata di tutti. Che cosa dal tuo punto di vista caratterizza la fotografia in quanto linguaggio artistico?
Innanzi tutto, il sentimento, che può essere inteso come passione vera e propria e di conseguenza anche come ciò che vuoi esprimere.
Oggi come oggi tutti possiamo scattare delle belle foto, abbiamo a nostra disposizione ogni mezzo, dal telefono alle tante fotocamere in commercio, e ogni modo per poter apprendere la tecnica. Ma se non c’è il sentimento e un pezzo di te nella tua fotografia, rimane semplicemente una bella foto. Credo di essere una delle poche persone che va contro corrente su questo concetto perché in un certo senso sono contenta che la fotografia sia alla portata di tutti: certo dipende dai contesti, ma ognuno di noi così può esprimersi attraverso questo splendido mezzo e se si hanno le capacità si possono creare cose meravigliose, ognuno col proprio modo di vedere il mondo. Per chi non la prende seriamente rimarrà solo uno sfizio passeggero.
 Alcune delle tue immagini trattano temi di grande rilevanza sociale e culturale, come “Paura di essere sé stessi” sul tema dell’omosessualità e “Artemisia tatuata” che hai esposto nella mostra “Donne Straordinarie” sul tema della violenza di genere e contro le donne. Pensi che l’arte fotografica possa avere un ruolo significativo nel modificare la sensibilità collettiva su questi temi e contrastare dal punto di vista culturale fenomeni come l’omofobia, la violenza di genere, i femminicidi?
 Assolutamente sì, come ogni forma d’arte. E siamo noi artisti che abbiamo in mano questi mezzi potentissimi a dover cambiare la società e influenzare la sensibilità altrui, per lo meno provarci. L’arte l’ha sempre fatto e queste cose non devono scindere l’una dall’altra.
Spesso mi sono sentita dire il contrario, invece io penso che la fotografia e l’arte in generale possano fare e dare tanto a questo mondo sempre più alla deriva, ci deve essere un’ancora di salvezza.
Nel mio piccolo io ci sto provando, non lo cambierò di certo da sola, ma pensare di dare un contributo a migliorarlo mi fa stare bene.
Francesca Gentile Paura di essere se stessi
 L’immagine “Paura di essere sé stessi” che ho avuto occasione di ammirare nella collettiva dell’associazione Thyrus presso il PalaSi di Terni lo scorso febbraio è ricca di elementi simbolici. Ci puoi “raccontare” che cosa hai voluto trasmettere con quest’immagine?
Per “Paura di essere sé stessi” inizialmente volevo coprire il viso di entrambi, ma parlando coi soggetti ritratti l’idea ha cambiato forma e credo sia anche questo il bello di fare fotografia: la condivisione di idee e visioni, conoscere situazioni differenti da quelle che ti eri prefissata!
L’omosessualità, nonostante le lotte che ancora ci sono da fare, è molto più accettata e normalizzata oggigiorno.
La foto vuole raccontare chi invece ancora non accetta sé stesso e si nasconde dietro la vergogna e la paura (rappresentate dal velo) intaccando inevitabilmente la propria quotidianità (rappresentata dalla tavola imbandita) e quella del partner che al contrario si sente libero di essere sé stesso. Ho voluto inserire tanti elementi proprio per sottolineare questo aspetto e quello della passione, del caos, della tentazione, del cibo e della sessualità che sono istinti naturali per l’essere umano.
Il vino, ad esempio, in molti dipinti di nature morte era metafora dell’intemperanza sessuale e il bicchiere riempito a metà potrebbe essere un richiamo alla moderazione, quella moderazione che spesso la società ci impone.
 Dal 2023 sei parte integrante dell’Associazione Thyrus e in alcuni dei tuoi lavori più recenti hai fotografato alcune artiste sempre con la tecnica del ritratto ambientato. Puoi raccontarci qualcosa di più sull’importanza che ha avuto l’incontro e la collaborazione con altre artiste e artisti per te, e se queste immagini sono parte di un progetto fotografico più ampio?
Francesca Gentile Ph Modella Federica Ceccotti
L’Associazione Thyrus è stata la mia ancora di salvezza sia dal punto di vista artistico che personale. Sentirsi parte di qualcosa di bello, di un gruppo di persone con i tuoi stessi interessi e passioni, è qualcosa di indescrivibile e sinceramente mancava una situazione così a Terni. Respirare arte con tante persone diverse e smuovere qualcosa nel contesto cittadino fa capire che non ci sono solo fabbriche e acciaio, ma anche persone che hanno tanto da dire.
Una parte fondamentale di tutto questo è senza ombra di dubbio la collaborazione con altri artisti e soprattutto la fusione di più arti diverse fra loro: unire la fotografia con la pittura, l’artigianato, la poesia e tanto altro crea una sinergia meravigliosa, si impara sempre dagli altri ed io ne faccio tesoro. Apprendere e fare propri gli insegnamenti di altre arti o vederne le similitudini, è questo il mio tesoro più grande. Come scriveva Alfred Tennyson “I am a part of all that I have met” (Sono una parte di tutto ciò che ho incontrato) e dall’anno scorso ad oggi ho incontrato tante parti meravigliose che ognuno a modo proprio ha arricchito il mio percorso artistico e personale. Sono cresciuta professionalmente e artisticamente grazie a queste collaborazioni e prossimamente ce ne saranno altre. Con alcune artiste della Thyrus stiamo lavorando ad un nuovo progetto…
Francesca Gentile ritratto
 Oltre alle immagini ispirate ai “tableaux vivants” e gli still life di quali altri stili fotografici ti occupi attualmente?
Mi piace sperimentare e fotografare anche altri generi, fa bene uscire dalla propria comfort zone e imparare cose nuove. Ultimamente ho fotografato molti eventi e ritratti, ma il mio lavoro con lo still life continua: ho lavorato per fotografie da portfolio e di prodotti, fotografia commerciale per lo più.
Francesca Gent
Quando ho tempo e voglia (e bisogno soprattutto!) di rilassarmi o evadere dai problemi quotidiani prendo la mia Fujifilm e vado per le campagne intorno a me o in montagna a fotografare fiori e animali. La fotografia naturalistica è stato uno dei primi generi con i quali ho iniziato a studiare e spesso mi piace immergermi nel piccolo mondo che mi circonda ed entrarci in sintonia.
Francesca Gentile foto naturalistica
Con i programmi attuali è possibile “ibridare” la fotografia con la digital art, intervenendo in maniera significativa con la post-produzione. Qual è il tuo punto di vista in merito?
La mia domanda preferita e quella più ostica.
So che molti non saranno d’accordo, ma la post-produzione è sempre esistita, anche in camera oscura e a chi afferma il contrario ed è assolutamente contro i programmi di fotoritocco consiglio di andarsi a documentare a riguardo, sono solo cambiati i mezzi; basti pensare ad Ansel Adams o a tanti fotografi anche di moda, ci sono molti articoli a riguardo, i negativi con scritti gli appunti su cosa modificare, anche la Magnum li ha pubblicati. Quello che abbiamo a disposizione oggi è solo un’evoluzione di quello che c’era prima, il resto è solo una questione mentale e prese di posizione sbagliate. Potrei continuare con altri esempi, quindi, come avrai capito e come si evince dai miei lavori, io uso la post-produzione in ogni scatto. La foto che esce dalla macchina fotografica così com’è (per non parlare dei telefoni), jpg o raw che sia, non è la mia visione…è quella del corpo macchina e già così può considerarsi post-produzione. È chiaro che esistono vari modi e contesti differenti per post produrre una foto, bisogna saperlo fare, ma soprattutto capire cosa fare per ogni tipologia di foto e cosa voler esprimere.
Per esempio, sarebbe assurdo pensare di non modificare una foto surrealista o di prodotti: lì oltre la fotografia subentra anche l’arte digitale e la grafica, ma chi l’ha detto che è sbagliato? La fotografia di per sé non ha mai riprodotto la realtà.
I ritratti o gli still life che decido di scattare ispirati alla pittura è normale che siano modificati, altrimenti non otterrei lo stesso risultato che ho in mente.
Francesca Gentile Still Life
Quali sono state sino ad ora le occasioni di esporre le tue immagini in mostre personali, collettive o concorsi? E quali sono i tuoi progetti artistici per il futuro?
In realtà ho iniziato ad addentrarmi nell’ambito delle mostre da un anno e qualcosa, quindi da pochissimo. Il battesimo di fuoco è stata proprio una personale ad Amelia e lì ho esposto più volte in vari eventi, uno degli ultimi la Biennale Letteraria di Maggio. Ringrazierò sempre Aki Echevarria per avermi dato la possibilità di scoprire questo mondo e per avermi fatta rapportare con tante persone diverse. Ho partecipato a tante altre mostre grazie all’associazione culturale Thyrus anche in ambiti prestigiosi come il Complesso Museale San Francesco di Trevi, alla BCT e al Palasì di Terni.
Per quanto riguarda i concorsi fotografici ancora non ho provato e sinceramente sono un po’ restia, ma è prettamente per una questione caratteriale perché ancora non mi sento abbastanza pronta e matura da poter competere con altri fotografi bravissimi.
Nei progetti artistici per il futuro sicuramente c’è quello di partecipare a concorsi fotografici importanti e farmi conoscere di più.
Attualmente ti occupi anche della gestione dei canali social di “CreaThyrus”. Puoi raccontarci qualcosa su questo progetto ispirato al simbolo della città di Terni?
È un’azienda giovane e dinamica nata da pochissimo, si tratta della vendita di gadget e oggettistica varia ispirati al Thyrus, simbolo della città di Terni. Abbiamo inaugurato da pochi mesi la messa in posa della statua del Thyrus presso la rotonda Filipponi di Terni, che interpreta in senso contemporaneo il “drago” simbolo della città.
 “Le Giornate del Drago” a giugno 2024 sono state un vero successo come spero possa essere questo nuovo progetto. Io mi occupo della fotografia e della gestione social, devo ammettere con molto entusiasmo e anche un po’ di ansia! Oggi il lavoro del fotografo è spesso collegato a quello della presenza su internet e non è sempre facile gestire il tutto (mi occupo anche della gestione social dell’associazione Thyrus).
Da alcuni giorni è possibile trovare i primi post e i contatti su Facebook e Instagram.
Francesca Gentile per Crea Thyrus
Per contattare Francesca Gentile
Instagram: @francescagentileph
Instagram: @francescagentilenature
Contatti progetto CreaThyrus
 Fb: CreaThyrus
Instagram: @crea.thyrus