L’affascinante protagonista di “Vivere”, di spettacoli e fiction, già doppiatore di artisti internazionali, incarna a pieno il concetto interpretativo del verbo “to play” con cui gli anglofoni traducono “recitare”.
Attore, regista, doppiatore…
Insomma: chi più ne ha, più ne metta! perché, detta in breve, a tenerlo fermo proprio non si riesce.
Dirigi festival, presiedi fondazioni, interpreti, doppi: ma quante ne combini Siravo?
È vero, molte, ma ti confesso che se mi si desse altro tempo ne farei di più!
Cominciamo dallo spettacolo portato al Teatro Arcobaleno, tempio romano della classicità. Perché “Curculio”?
Perché nasce con gli allievi del laboratorio teatrale del “Plautus Festival 2023”di Sarsina dove, come direttore artistico, prediligo testi meno rappresentati, messi in scena da attori giovani coadiuvati da un professionista affermato che offre la propria esperienza. Nel 2022 è stato fatto “Edipico” con Marco Simeoli. Nel 2023 mi hanno proposto “Curculio” e ho accettato.
Ma che fanno: lasciano le proprie attività e si impiantano lì?
Certo, sono attori under 35 che iscrivendosi stanno per 3 settimane a contatto con professionisti come Cinzia Maccagnano, regista di “Curculio”, o Simeoli o me. Lo spettacolo poi va in scena all’interno del “Plautus”, che è già una grande opportunità cui negli ultimi anni abbiamo aggiunto un piccolo tour in sale come l’Arcobaleno o il Teatro dei due mari. Insomma: mi diverto a lavorare con i giovani, a crear opportunità.
Che mi dici del doppiaggio? Hai prestato la voce a Gérard Depardieu, Peter Fonda, Michael Keaton, Jeremy Irons ma non mi pare tu sia voce di qualche attore specifico.
No, di nessuno in particolare anche perché io non sono un doppiatore puro: vengo chiamato quando c’è un attore importante che mi si addice. Il doppiaggio mi affascina molto, c’è molto da imparare, un po’ come nel mondo degli audiolibri che permette di toccare corde interpretative profonde.
Ti è mai capitato di incontrare personalmente attori di cui sei la voce?
Un paio di volte. È successo con William Baldwin, cui davo la voce in una serie di Netflix, e con Jeremy Irons: quello è stato davvero un bell’incontro, pieno di temi comuni, perché anche lui viene dal teatro.
Il teatro è il tuo primo amore: ricordi il titolo del primo spettacolo che hai visto? Certo, ero giovanissimo e mio padre mi portò a vedere “Il mercante di Venezia” che poi interpretai nell’81 nel ruolo di Antonio con la regia di Memé Perlini e poi nel ‘92 come Bassano nella regia di Luigi Squarzina.
Ora punti a Shylock?
Sono ancora giovane per interpretarlo.
A quale spettacolo sei più affezionato?
Ne ho tantissimi che ricordo con gioia, ma direi “Aspettando Godot”, diretto da Maurizio Scaparro.
Anche in televisione hai fatto parecchio.
Si, pure lì ho potuto interpretare tanti bei ruoli anche se quella che è rimasta di più nella memoria della gente è “Vivere”, la soap per cui ancor oggi vengo fermato.
Sei soddisfatto?
Si, nella mia carriera ho fatto tante cose belle e ogni scelta mi ha anche dato modo di far semina a beneficio di impegni importanti come la Fondazione Piccolomini, di cui sono presidente, una struttura molto impegnativa che il conte Piccolomini ha lasciato in eredità agli artisti con l’intento di farne una casa di riposo per attori indigenti, cosa che non è potuta ancora avvenire perché la villa è sotto la tutela delle Belle Arti.
E che ci fai?
Ad oggi l’unico utilizzo delle sale è come affitto per eventi matrimoniali, affitto che contribuisce al mantenimento della struttura e a dare piccoli contributi ai più indigenti. Di recente abbiamo proposto alla regione l’acquisto di un’area adibita a parcheggio ritenuta ideale come “droni park”, vendita che permetterebbe una parziale ristrutturazione delle sale.
Magari contribuirai organizzandovi un nuovo festival e interpretando là un ruolo finora mai fatto. Chi vorresti ancora essere?
Ne ho tanti, Shylock a parte mi viene in mente Cyrano o Re Lear ma sono opere impegnative ed io lavoro più con produzioni private che con gli “stabili”. L’attuale situazione dei teatri, lo sai bene anche tu, è molto complessa, si parla di certi titoli proponendone continue rivisitazioni che spesso ne abbassano anche i costi.
C’è un filo di amarezza?
La situazione culturale nel nostro Paese è quella che è ma ogni passo della mia carriera mi conferma di essere su un percorso giusto per cui, qualsiasi cosa avvenga, anche in futuro continuerò così
DI MARA FUX