Impedito l’imbarco per Civitavecchia ad una donna con tumore, salta l’operazione al Gemelli

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Non aveva ancora il Super Green Pass e ha dovuto rimandare un delicato intervento chirurgico in ospedale nonostante avesse un tumore.

Una vicenda assurda nel nostro Paese capitata ad una donna di Cagliari che ha pure provato insieme al marito a salire su una nave diretta da Olbia a Civitavecchia. La donna era attesa al Policlinico Gemelli lo scorso 12 gennaio – è quanto reso noto dall’agenzia Adnkronos -, ma ai due è stato impedito di salire a bordo. La paziente avrebbe effettuato la prima dose di vaccino solo tre giorni prima del viaggio. I due, rassicurati anche dal loro medico di base, erano convinti di potersi imbarcare ma a quanto pare così non è avvenuto. “Mia moglie doveva subire un intervento urgente perché affetta da tumore”, è il racconto del marito che poi prosegue sempre su Adnkronos: “Avendo noi fatto il vaccino il 7 gennaio, e non essendo dunque ancora trascorsi i 15 giorni per l’arrivo della certificazione verde, abbiamo ottenuto dal nostro medico un certificato che attestava come io e lei, io come accompagnatore perché lei è invalida al 100%, potessimo partire. Siamo andati al porto convinti che fosse tutto ok. Prima di andare, per sicurezza avevamo fatto anche il tampone “. I due passano un primo controllo, ma al momento dell’imbarco vengono bloccati. Dal 10 gennaio per poter viaggiare su treni, navi o aerei è infatti necessario il green pass rafforzato che si ottiene solo dopo la vaccinazione. Durissimo lo sfogo del cittadino sardo: “Sotto la nave ci hanno chiesto il green pass sostenendo che tutto quello che avevamo non bastava. Mia moglie ha fatto tutto il viaggio in lacrime”, ha aggiunto il signor Giuseppe. La seconda dose è ora programmata per il 4 febbraio. Per fortuna, l’ospedale Gemelli “si è reso disponibile ad attendere, ma questa storia è una vergogna, e noi vogliamo che sia fatta chiarezza. Siamo segregati, ai domiciliari. Da Roma a Milano posso andare in macchina, ma da Cagliari? Dalla Sardegna? Questa è discriminazione, siamo in un apartheid”, chiude Giuseppe.