Il verde è un colore secondario ottenuto dalla unione dei primari giallo e blu ed è il complementare del rosso. È un colore rilassante per l’occhio nelle sue molteplici sfaccettature tonali e nella sua intonazione più o meno calda ottenuta aggiungendo più rosso o più giallo o più blu.
di Pamela Stracci ©
Il suo nome significa vivace, “virdis” associato infatti a tutto quello che è giovane, fresco, alla speranza e alla rinascita.
Nella storia dell’arte, il verde però, non ha sempre trovato una accoglienza favorevole: per i popoli primitivi era un colore così ridondante in natura, alberi, erba, foglie, che non sarebbe risaltato all’interno di una pittura. Questa visione fu condivisa anche dai Greci, molti secoli dopo, che avevano una tavolozza per lo più limitata ai rossi, al bianco e al nero e occorrerà aspettare l’epoca ellenistica affinché questa tinta inizi ad essere apprezzata. Gli etruschi ne facevano invece ampio uso assieme ai rossi e al blu, assegnando a questi colori soprattutto una funzione magica e rituale. Gli egiziani associavano il verde (wadhj) al dio Osiride, spesso raffigurato proprio con la pelle di questo colore perché simboleggiava la crescita, la vita e la resurrezione. In India anche il dio Kam è verde.
I latini usavano il verde sia nel tingere le stoffe prevalentemente destinate all’abbigliamento di qualche eccentrica signora. Nel dipingere le superfici, gli artisti latini lo consideravano, almeno all’inizio, un colore “barbaro”. Successivamente nel basso impero una stoffa di colore verde veniva usata per fasciare, in segno di beneaugurante fortuna, i neonati. Durante il medioevo era il colore che indossavano le giovani in cerca di marito o mentre erano in dolce attesa come ben evidente dal quadro famosissimo di Jan Van Eyck del 1434 “Ritratto dei coniugi Arnolfini” esposto alla National Gallery of London.