Il tempo imprigionato

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Lockdown e prigionia a confronto nella testimonianza di un ex detenuto che ha scontato 20 anni di carcere

di Angelo Alfani

Jonathan Freedland

Ho avuto l’opportunità di leggere sul The Guardian del 22 aprile, *l’articolo di un opinionista e scrittore di importanti romanzi gialli: Jonathan Freedland. Ho ritenuto opportuno condividerlo per la capacità  di affrontare temi attuali e scomodi con un taglio del tutto originale.

“Esiste una separazione dallo scorrere del tempo” ho conferma da un amico tenuto in segregazione per un lungo periodo “Come se tu stessi fermo ed il tempo scivola via così che non è tanto il tempo che realmente è trascorso quanto quello che percepiamo sia trascorso” (la traduzione, a volte incerta e balbettante, me ne scuso, è mia).

Il coronavirus ci ha derubato degli indicatori della vita e ci ha lasciati come prigionieri che attraversano i giorni fino a quando non potremmo vivere di nuovo liberi.

È stata una lunga marcia, forse la più lunga che ognuno di noi possa ricordare.

Eppure sono stati 31 giorni a marzo, come sempre, così come saranno 30 ad aprile, come sempre.

Il coronavirus non ha solo stravolto lo spazio, rimodellando il paesaggio intorno a noi in modo che i centri urbani, un tempo stipati, ora giacciono vuoti e deserti, ma ha anche incasinato il tempo. Di’ alla gente che lunedì saranno passati due mesi di blocco e si guarderanno indietro increduli. Veramente? Come è successo?

<<Le settimane sembrano passare sorprendentemente rapidamente>> dice un amico <<Eppure i giorni sembrano durare una eternità>>. Strane cose stanno accadendo con il tempo, e cose ancor più strane potrebbero accadere.

Di quindici giorni in quindici giorni il blocco si è sempre più dilatato.

Questa prospettiva così diversa  richiede di regolare i nostri orologi.

Il corrispondente super razionale del New York Times, Donald MacNeil, suggerisce che un allentamento entro la fine dell’anno è da ottimisti, dato il tempo necessario per produrre un vaccino o un trattamento efficace per Covid-19.

Per ognuno di noi, questa è una sfida di ordine diverso.

Un blocco prolungato per un lungo periodo significa che un altrettanto tratto di tempo indifferenziato si svolgerà davanti a noi, privato delle consuete divisioni e marcatori.

Ci si trova di fronte ad una forma di confinamento che non sarà breve.

Erwin James

Con titubanza, ho chiamato Erwin James, che ha scontato 20anni di ergastolo per omicidio, e che per alcuni anni teneva una rubrica sul Guardian, chiamata A Life insidie.

Ho scritto timidamente non essendo sicuro che un ex prigioniero avrebbe avuto la pazienza per confrontare il tipo di blocco che stiamo subendo -nelle nostre case, a volte con un giardino, spesso con la famiglia, potendo andare anche, se sotto controllo, in giro per gli acquisti essenziali- e l’incarcerazione che ha vissuto.

Eppure, se qualcuno sa della restrizione dei trucchi che può giocare con il tempo, questi è un ex detenuto.

Mi rendo conto che non c’era motivo di esitare a chiamarlo.

<<Ci sono così tante risonanze con la prigione>>, mi dice James. Tanto che la pagina delle lettere che pubblica per il mondo delle carceri, chiamata opportunamente Inside Time-è stata riempita con poco altro. Qualsiasi detenuto si identificherebbe con lo snervante paradosso di cui il mio amico aveva parlato, dice James.

<<I giorni trascinano e poi ti svegli ed un mese è passato e pensi:Dove diavolo è finito?>>

Al centro del problema c’è l’identità del Giorno della Marmotta.

Quando un giorno non è diverso dall’altro, il tempo diventa denso ed amorfo, difficile da mantenere.

<<È come camminare attraverso la melassa, al rallentatore>>, dice James.

Per usare l’espressione di Victor Serge, il rivoluzionario russo incarcerato in serie: <<ci sono ore veloci e secondi molto lunghi>>.

Per spezzare la monotonia, i prigionieri hanno fame di pietre miliari, soprattutto quelle legate alle stagioni. Essi desideravano, ricorda James, la vista degli uccelli batticoda dalla finestra della cella o del verde sugli alberi, prova che la primavera era sopraggiunta. Attendevano con impazienza la Boat Race (la più celebre gara di canottaggio al mondo) o il Grand National (corsa ippica celeberrima) o le feste di maggio o Wimbledon, qualsiasi cosa potesse separare un periodo di tempo da un altro.

James ricorda come i suoi compagni si scatenavano alla vigilia di capodanno – sbattendo lattine di fagioli, pugni, persino teste contro le porte per festeggiare- solo che ci sarebbe stata una pausa di mezz’ora dopo, mentre quelli all’interno si rendevano conto che, sebbene un anno era trascorso, che c’era “un’altra montagna da scalare”.

<<Il tempo è più facile da sopportare in inverno, perché i giorni sono più brevi. L’inverno è molto più veloce dell’estate>> dice James.

Insomma il blocco non è uguale alla prigione o agli arresti domiciliari. Ma James insiste sul fatto che “ha dato alla gente un’idea di cosa significhi avere le tue scelte limitate”.

 Oggi le nostre vite assomigliano ad una frase senza punteggiatura, informe e confusa.

 

*Adjust your clocks: lockdown is bending time completely out of shape.