IL PRIMO SPECCHIO

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Il Primo specchio che conosciamo una volta venuti al mondo non è quello del bagno o quello posizionato sull’armadio, ma è lo sguardo di nostra madre.

Dottor Riccardo Coco
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Donald Winnicott (1896-1971), noto pediatra e psicoanalista britannico, usa questa celebre espressione per esprimere l’importanza determinante per tutto il successivo sviluppo che questo fatto ha: “Il bambino trova se stesso negli occhi della madre”. Potremmo aggiungere, “trova se stesso … o non si trova affatto”.

In questo articolo cercherò di spiegare perché lo sguardo che nostra madre (e anche gli altri che si prendono cura di noi) ha mentre si prende cura di noi è così fondamentale. Lo sviluppo psico-affettivo, in particolare la capacità di regolare le nostre emozioni (auto-consolarci quando siamo tristi e atterriti, contenere la nostra ansia quando qualcosa ci angoscia, tenere a freno al nostra aggressività, non scappare dalle cose che ci spaventano quando non sarebbe saggio farlo, gestire le nostre pulsioni, controllare le nostre emozioni o saperle esprimere per comunicare i nostri stati d’animo, etc.) dipende interamente dal tipo di relazione che abbiamo avuto nei primi 2 anni di vita circa con chi si prendeva cura di noi e che solitamente è nostra madre. Se nostra madre in quel periodo della sua vita era depressa (per esempio se ha sofferto di una depressione post-partum non riconosciuta), infelice, preoccupata ed angosciata da altri eventi (malattia di un genitore, conflitti coniugali, etc.) o non aiutata dagli altri membri della famiglia nel difficile compito di accudire un figlio piccolo; potrebbe non essere stata in grado di darci un accudimento ottimale, tale da infonderci – anche attraverso il suo sguardo e tutto il suo non verbale – un senso di essere meritevoli di amore. I primi 2 anni di vita sono determinanti nello sviluppo delle strutture cerebrali dell’ emisfero destro del cervello e sappiamo ormai da una mole enorme di studi portati avanti da diversi ambiti scientifici (neuroscienze, psicologia, neurofisiologia, etologia, etc.) come le strutture cerebrali nel loro formarsi siano influenzate dal tipo di relazioni di accudimento nell’infanzia: tanto per dirne una molto esemplificativa: l’amigdala ed il sistema limbico (queste sono strutture cerebrali situate nell’emisfero destro del cervello con il compito, tra gli altri compiti che hanno, di regolare le emozioni) in persone maltrattare ripetutamente nell’infanzia sono solitamente più piccoli: il che vuol dire che l’ambiente relazionale ha influenzato proprio la stessa crescita di queste strutture cerebrali. Il che, a sua volta, si riverbera in un funzionamento a livello comportamentale e relazionale più “difficoltoso” per la persona.

Dunque mente-corpo-cervello-psiche sono incredibilmente interconnesse; sono ovvero una cosa sola. Le madri o gli adulti in genere che si occupano dei piccoli nei primi anni di vita andrebbero pertanto aiutati, sostenuti, non lasciati soli (e dovrebbero farsi aiutare se si rendono conto di essere depressi o “esauriti”), perché i livelli di stress o la possibilità di non essere sereni in quella fase della vita avrà ripercussioni sullo sviluppo della personalità del bambino per tutto il resto della sua vita; sempre che non intervengano sul suo cammino esperienze relazionali che possano almeno in parte risanare quei primi deficit di sviluppo emotivo.

Dottor RICCARDO COCO
Psicologo – Psicoterapeuta
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