Niente di nuovo sotto il sole, il modello è l’approccio da ordine pubblico alle criticità sanitarie con la limitazione delle libertà personali come linea guida.
di Andrea Macciò
Nel settembre 2022, l’attuale maggioranza di destra-centro guidata da Giorgia Meloni ha vinto le elezioni anche e soprattutto grazie a un punto essenziale del programma, quello che ribadiva che anche in caso di “emergenze sanitarie” ci sarebbe stata un cambio di passo rispetto al metodo Conte-Speranza-Draghi, per il quale la lotta alle malattie respiratorie è stata una via di mezzo tra una crociata morale contro il peccato e un problema di ordine pubblico al quale rispondere con operazioni di polizia senza andare troppo per il sottile.
Per il primo aspetto, basti pensare alla quantità di “nemici del popolo” costruiti dalla comunicazione politica tra il 2020 e l’inizio del 2022, dai runners alle coppie non regolarmente sposate o conviventi, dai proprietari di cani ai turisti, dai “negazionisti” (forse il pandemismo è una religione?) fino ai veri o presunti no vax.
Per il secondo aspetto, basti pensare allo sgombero forzato del presidio dei manifestanti “no pass” e dei portuali di Trieste nell’Ottobre 2021, e stiamo parlando di un paese nel quale solo pochi anni prima, nel 2005, la circolazione ferroviaria sulla linea tirrenica fu sospesa in piena estate per oltre una settimana pur di non “sgomberare” uno sparuto gruppo di manifestanti che occupavano la stazione ferroviaria di Montecorvino-Rovella, nei pressi di Salerno, per una diatriba a carattere locale.
L’anno 2024, quello delle Europee, è iniziato con la circolazione della bozza del “piano pandemico 2024-2028” preparato dagli “esperti” nominati dal governo Meloni, al quale si aggiungono i burocrati di stato dei vari Istituto Superiori di Sanità, Unità di Crisi, Consigli Nazionali di Sanità, Comitati Scientifici, Task Force e quant’altro sia possibile inventarsi nel paese nel quale Checco Zalone ha dedicato al mito del “posto fisso” di Stato il suo divertente film “Quo Vado”.
Ma cosa contiene il “piano pandemico” preparato dagli esperti meloniani?
Vediamo alcuni aspetti nel dettaglio.
Nella premessa sugli aspetti giuridici, gli esperti riuniti in pensoso consesso ribadiscono che “può diventare necessario imporre limitazioni alla libertà dei singoli al fine di tutelare la salute della collettività” salvo poi precisare che tali limitazioni dovranno restare in vigore “lo stretto necessario ed essere proporzionate all’entità dell’evento” e alla sua “efficacia”.
Questo basta a soddisfare molti fan del governo attuale, convinti che la destra prenderà le misure solo se veramente necessarie e sorrette da evidenze scientifiche.
Per quanto riguarda gli interventi, si ribadisce che i “vaccini rappresentano le misure più efficaci” ma si sottolinea anche che devono essere comunicati i “limiti della vaccinazioni” forse per prevenire parole in libertà come quelle dell’esperto Sergio Abrignani, che nel 2021 parlava di “immunità per almeno dieci anni”.
Proseguendo nella lettura, si ribadisce che “il diritto di libertà del singolo è limitato sia dall’altrui diritto, sia dall’interesse della collettività” e che la possibilità di imporre trattamenti sanitari obbligatori, nei quali lo ricordiamo non rientrano solo le vaccinazioni obbligatorie, ma anche eventuali obblighi di tampone o mascherina, è perfettamente costituzionale grazie all’apposito comma dell’Art 32.
“Il diritto alla tutela della salute del singolo può confliggere con ulteriori diversi interessi della società” e pertanto per gli esperti di turno a essere sacrificato sull’altare del bene collettivo deve essere il diritto alla salute del singolo.
Il “pieno esercizio delle libertà fondamentali” è “incompatibile con le misure di prevenzione e di contrasto alla pandemia necessarie secondo i più accreditati protocolli scientifici alla tutela della salute individuale e collettiva” e pertanto, ancora una volta, la politica abdica alla hybris degli “scienziati” e dei medici, gli stessi che solo un paio di anni lamentavano che c’è chi si prende l’aperitivo mentre “c’è gente in terapia intensiva”.
La fallacia ad misericordiam, in filosofia del linguaggio, è una strategia retorica sempre efficace in questo paese.
Tra le altre “misure” auspicate c’è il “tracciamento dei contatti” (che lo ricordiamo, consiste anche nel delegare a privati la raccolta e detenzione di dati personali, vedi i ristoranti o gli impianti sportivi che nel 2020 conservavano i dati personali dei frequentatori) l’immancabile “resilienza” (dovremo rifugiarsi nell’immaginario, ma non troppo, comune toscano di Bugliano, dove il sindaco Fabio Buggiani vietò l’uso di tale termine nell’estate 2020, per sfuggire alla resilienza?) e lo “stato di emergenza nazionale” come disposto nel Gennaio 2020 da Roberto Speranza.
Tra le misure non farmacologiche per contrastare “la pandemia” troviamo il solito repertorio della cultura della “massima precauzione”: la chiusura delle scuole, la chiusura delle attività lavorative non essenziali (criterio essenzialmente morale, peraltro), uso raccomandato di “mascherine e filtranti” tramite l’obbligo mascherato della “calda raccomandazione” anche se non si precisano i contesti, la didattica a distanza, il famigerato “distanziamento sociale” con la riesumazione dell’obbligo-raccomandazione dei “2 metri di distanza” anche tramite l’apposizione di “segni sul pavimento” (e deve ancora arrivarci il conto degli adesivi che invitavano a restare a 2 metri di distanza apposti nei luoghi pubblici italiani tra il 2020 e il 2022), la didattica a distanza, la modulazione dell’accesso ai mezzi di trasporto (d’altra parte, in molte regioni è rimasto in vigore l’obbligo formale di prenotazione sui treni regionali, vedi il Piemonte), le “misure per i luoghi di lavoro”, la “permanenza in casa” della popolazione (chiedendo alla popolazione di rimanere in casa, leggiamo proprio cosi, e ci chiediamo come pensino codesti esperti di punire i sovversivi potenziali che volessero mettere il naso fuori, e quale sia la differenza tra richiesta e obbligo), la “restrizione delle interazioni sociali” adottando il suggerimento di non ben identificati “esperti” di chiudere gli individui in una “bolla sociale” che passi per la frequentazione sempre delle stesse persone, per “garantire una socialità minima” e “ridurre il rischio contagio”.
In caso di “pandemia” dovremmo fornire agli esperti del governo Meloni, o magari di un governo tecnico, la lista delle persone che frequentiamo, che sarà sottoposta al vaglio di un comitato di esperti?
Ma qualcuno si rende conto della gravità di queste affermazioni, che riesumano il discorso del 26 aprile di Giuseppe Conte su congiunti, amici stabili, affetti stabili, fidanzati/e ufficiali e no?
L’unica novità, per ultima, è la “ventilazione degli ambienti” uno dei punti identitari della campagna di Meloni nel 2022 per distinguersi dal duo Conte-Speranza. Un po’ pochino per aspettarsi in caso di una contingenza storico-politica simile a quella del 2020 qualcosa di meglio da costoro.
Resta inoltre la conferma del Dpcm come strumento privilegiato di governo, e resta il rapporto privilegiato e subordinato di fatto a Oms, Ema e altri organismi sovranazionali.
In tutto questo, circa il rafforzamento della sanità, che sia pubblica o convenzionata pubblico-privato ci pare secondario, della medicina territoriale, delle risposte a carattere medico e farmacologico e non politico, del rafforzamento dell’organico di medici, infermieri e strumentazioni apposite, resta solo qualche vago auspicio.
E in tutto questo, l’opposizione giallo-rossa esulta, con Conte che torna a rivendicare il suo lockdown, quello dei canti del balcone e del cane a 99 metri da casa, perché se lo dicono anche gli esperti del destra-centro (che poi in molti casi sono gli stessi burocrati al servizio del suo governo, personaggi buoni per tutte le stagioni) e Marco Furfaro del Pd che sottolinea come Meloni abbia cambiato idea rispetto a quando flirtava con i no vax ( e non sarebbe la prima volta, vista che prima della campagna per le politiche Meloni cancellò in fretta e furia i post e i tweet di alcuni anni fa nei quali sosteneva con entusiasmo la legge Lorenzin).
Nel frattempo, la “controinformazione” ridotta ormai a una sorta di patetica quinta colonna del governo in carica, ci parla di questioni davvero fondamentali per il paese, quali l’approdo di Aida Yespica sulla piattaforma Onlyfans, il solito rischio degli “insetti nel piatto”, l’istituzione della zona a traffico limitato a Roccapepa del Sannio e quant’altro.
Cosa significa questo “piano pandemico” che lo ricordiamo per ora è solo una bozza “tecnica”?
Significa che “ricomincia tutto” come auspica di fatto anche buona parte del cosiddetto “mondo del dissenso” per tentare di nuovo lo sbarco nell’universo della gente che conta, e magari portare avanti le sue agende politiche di estrema destra o estrema sinistra, o il rapporto privilegiato con regimi orientali vari, da quello iraniano a quello russo a quello cinese?
Con tutta probabilità, questo “piano pandemico” ha come primo scopo quello della “scrittura difensiva”.
In Italia, lo sappiamo, dopo il caso della parlamentare di IV Raffaella Paita, a processo per diversi anni (anche se poi assolta) con l’accusa di non “aver dato l’allerta meteo” e con l’ex ministro Speranza sotto accusa non per le “misure” adottate, ma per non aver “aggiornato il piano pandemico” ormai è di moda il chiusurismo difensivo.
Nel dubbio, si chiude tutto o quasi, e nessuno ci potrà accusare che non abbiamo chiuso abbastanza come accaduto per la famosa inchiesta di Bergamo che è stata per fortuna archiviata.
Se questo piano verrà approvato, in altri termini, nessuno potrà accusare il ministro Orazio Schillaci, Giorgia Meloni e la loro squadra di governo politica e tecnica di non aver “aggiornato il piano pandemico” e quindi non rischieranno il processo. E questo pensiamo sia il primo obbiettivo di chi lo ha scritto.
Quanto ai contenuti, sembra che gli “esperti” di Meloni abbiamo compreso che gli italiani hanno iniziato a “dissentire” dalle politiche pandemiste del 2020-2022 solo quando gli obblighi e le misure sono state legate a doppio filo alla vaccinazione. Sappiamo che anche tra i cosiddetti “medici dissidenti” c’erano numerosi soggetti che contestavano l’obbligo vaccinale solo per la vera o presunta inefficacia dei vaccini a Mrna, ma non per il principio dell’habeas corpus individuale, e che nel 2020 facevano video su video per invitare le persone a “restare a casa”.
Le linee guida del piano pandemico meloniano sembrano quindi due: il primo è lasciare una fortissima ambiguità tra “obbligo” e “raccomandazione” in modo da non scontentare nessuna delle due correnti del proprio elettorato, quella “pro misure” e quella “no vax” vera o presunta.
Il secondo è rafforzare le misure di ordine pubblico e di repressione della libertà individuale come quella di lavoro e di circolazione, rispetto a quelle altrettanto lesive della libertà individuale, ma legate alla somministrazione più o meno coatta di trattamenti farmacologici come il green pass.
Un modello più Conte 2020, che infatti esulta per il riconoscimento implicito delle sue politiche, che Draghi 2021, in buona sostanza.
Il green pass, mai nominato, è uno strumento che probabilmente non sarà più adottato in caso di situazione simile gestita da questo governo, che presumibilmente opterà per un obbligo vaccinale più o meno generalizzato sorretto dalla retorica che “questa volta ci sono le evidenze scientifiche”.
La passione di questa maggioranza per l’approccio muscolare all’ordine pubblico è stata evidente in diverse occasioni, dai nuovi reati alle emergenze rave assortite, dalle azioni locali come quella sullo sgombero dello spazio popolare di Massa ai vari giri di vite e cacciavite per categorie varie.
Non dubitiamo che si perderebbe l’occasione di mettere in pratica questa passione anche in caso di “pandemia” di fronte a eventuali proteste.
Sarebbe garantita la libertà di manifestazione pubblica, che, a parte il caso della Trieste governata proprio dal meloniano Roberto di Piazza, e di Milano, governata dal piddino Sala, è stata tutto sommato garantita nel 2021-2022?
È legittimo avere molti dubbi.
La scelta di un approccio più centrato sulle limitazioni alle libertà personali e di circolazione rispetto al modello green pass è probabilmente dovuta al fatto che gli esperti di comunicazione ingaggiati da Meloni hanno ben chiaro che le draconiane grida manzoniane sul metro di distanza, la bolla sociale dei congiunti, il confinamento nei confini comunali, sono in larga parte inapplicabili o facilmente aggirabili, e che gli italiani le hanno tollerate nel 2020 proprio perché, a parte i primi mesi del 2020 sotto l’effetto sorpresa, sono state nei fatti largamente aggirate.
Tra il 2020 e il 2021 è stato proprio l’enorme scarto tra i comportamenti privati degli italiani e l’adesione solo di facciata di molte persone alle misure e alla narrazione pandemica ad aver tenuto in piedi il famoso “castello”.
Se, in caso di nuova situazione simil-2020, che al momento, lo sottolineo, appare improbabile, il governo in carica fosse l’attuale e decidesse di usare la forza e il monopolio statale della violenza per far rispettare “la permanenza in casa”, la “bolla sociale” e il “distanziamento sociale” secondo il modello del regime cinese (che scelse questa specifica politica repressiva rispetto a quella, altrettanto, ma diversamente repressiva del modello green pass), magari affidando il comando delle operazioni a qualche generale di area, quale sarebbe la reazioni degli italiani?
Forse capirebbero una buona volta l’orrore di questo approccio repressivo e autoritario alle questioni sanitarie?
Forse l’opposizione riscoprirebbe la retorica sui diritti che agita a temi alterni?
Con questo non è intenzione di chi scrive negare che in caso di “pandemia” conclamata (respiratoria o meno, e ci chiediamo anche perché questo piano parli solo di malattie respiratorie) sia legittimo disporre alcune limitate e circostanziate misure di limitazione di alcune libertà garantite nella condizione di normalità.
Il punto è che dopo il circo in scena tra il 2020 e il 2022 la fiducia nelle istituzioni, nella burocrazia pubblica, nello stato, nella scienza sottomessa e strumentale a interessi economici e politici, è zero.
E pertanto, quello che avremmo voluto vedere in un piano pandemico “diverso” è non solo un focus sul rafforzamento della medicina territoriale e della sanità, ma anche e soprattutto la previsione di alcuni limiti entro i quali lo stato non si può spingere per tutelare la “salute pubblica”.
Ci sarebbe piaciuto leggere che in nome della salute pubblica lo stato non può imporre trattamenti sanitari obbligatori, non può impedire alle persone di lavorare, non può intromettersi nella vita intima delle persone stabilendo chi può frequentare e chi no, quanti minuti deve durare un rapporto sessuale e con chi è consentito averlo, chi può entrare in una casa privata, non può impedire alle persone di uscire di casa. Diritti minimi che impedirebbero la trasformazione dell’Italia in quella sorta in quell’inferno che è stata tra il 2020 e il 2021.
E sembra anche utile ricordare che la critica ai “piani pandemici” non è qualcosa che riguarda solo la bolla del cosiddetto dissenso o i cosiddetti no vax, con buona pace di Marco Furfaro.
Qua sono in gioco i diritti fondamentali di tutti i cittadini, diritti che riguardano tutte le persone e che credevamo acquisiti per sempre, e quel che resta della democrazia liberale nel cosiddetto Occidente.
Davvero qualcuno ha voglia di rivedere le scene della primavera 2020?
Di certo la nostra bellissima Costituzione, che nel caso di conflitto tra l’interesse del singolo e quello della collettività, opta inevitabilmente per quelli della seconda, non appare adatta a difenderci dai rischi di una nuova svolta autoritaria con il pretesto della “salute pubblica”.