Il Parco dei Mostri di Bomarzo

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Bomarzo

Tra mistero e meraviglia, un’opera che sfida i secoli.

di Giuseppe Vatinno

Bomarzo è un suggestivo borgo in provincia di Viterbo, nella Tuscia laziale, vicino ai monti Cimini, permeata di resti romani ed etruschi, uno di quei luoghi magici di congiunzione tra le due grandi culture italiche che caratterizzarono il centro – nord della penisola. Ma Bomarzo è nota in tutto il mondo per un altro motivo e cioè per il famoso “Parco dei Mostri”che è una vera attrazione internazionale e che si estende su una superficie di tre ettari. Esso fu costruito a partire dal 1547 dall’architetto Pirro Ligorio che ebbe l’incarico dal principe Pier Francesco Orsini, per la moglie Giulia Farnese. Le gigantesche statue in basalto furono opera dello scultore Simone Moschino.

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Come molte opere artistiche, sia letterarie, che pittoriche, che scultoree di quel periodo e del secolo successivo, fa riferimento all’Alchimia e ai suoi simboli. Infatti in esse si può trovare un doppio livello interpretativo: uno, esoterico-pubblico, è quello puramente osservativo dell’opera d’arte in sé, mentre il secondo è un livello esoterico-iniziatico, e decifrabile solo agli adepti tramite allegorie, simboli e motti in latino che le corredano formandone una affascinante cornice.

 

Tuttavia l’interpretazione esoterica è assai ardua perché fa riferimento appunto alla simbologia dell’Arte Regia, l’alchimia, di cui nella nostra epoca si sono persi quasi del tutto i modelli interpretativi. Allora invece, i parchi, i labirinti, la singolare commistione tra specie arboree raffinate e motti filosofici, fornivano una mappa di pensiero di quello che l’autore voleva comunicare agli iniziati. Dunque dicevamo che il Parco è famoso per le sue gigantesche statue ed anche per alcune “architetture impossibili” come la “Casa Pendente” che altera la percezione delle prospettive facendo perdere l’equilibrio.

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La più famosa statua è certamente quella del Drago il cui aspetto è veramente suggestivo ed inquietante. Molto famoso è anche l’Orco, con le sue fauci minacciosamente spalancate nei confronti dei visitatori. Le due Sfingi accovacciate sono interpretabili esotericamente come “guardiani di Soglia” e vegliano su chi entra nel parco. L’Elefante, la Sapienza, che sorregge una Torre e un soldato romano ricorda il mito di Annibale.

Ci sono poi gruppi di statue che fanno riferimento alla mitologia classica, in particolare a quella greca, come Cerere, Cerbero, l’Ariete del vello d’oro di Giasone, una ninfa dormiente, il dio Nettuno, Echidna, la donna che al posto delle gambe spalancate ha due serpenti e il cavallo alato Pegaso. Ercole e Caco –che Dante descrive come un centauro- formano la più grande statua del parco, chiamata “il Colosso”. Completano le statue di animali come la Tartaruga, la Balena e i Leoni simboli di fortezza, resistenza e coraggio.

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Il parco di Bomarzo è –come detto- un parco iniziatico.
Francesco Orsini, oltre che un condottiero, era un raffinato letterato, studioso di alchimia, umanista ed amico di Cosimo de’ Medici, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. Ed è proprio l’umanesimo la chiave interpretativa di questo meraviglioso “bosco” in cui l’immaginazione pare aver preso il posto della realtà.

L’Ars Regia era il principale interesse dei monarchi europei che costruivano “giardini alchemici”, come quello di Bomarzo, per rappresentare in forma occulta le fasi della trasmutazione dei metalli vili, come il piombo, in oro tramite la Pietra Filosofale che compiva l’Opera. L’Alchimia in questa concezione agiva a due livelli: uno materiale che avrebbe dato origine alla chimica ed uno spirituale che consisteva nella trasmutazione dello Spirito in forme più elevate.

Il riferimento letterario che guida la costruzione del parco è l’Hypnerotomachia Poliphili, opera iniziatica di Francesco Colonna del 1499. Il libro, che dal latino significa, Battaglia d’amore in sogno di Polifilo, è la controparte letteraria del Parco, una sorta di guida scritta interpretativa. Per chiarire il meccanismo ermetico riporto un esempio, la statua della Tartaruga.
Il suo guscio ha tredici scaglie maggiori che rappresentano le tredici lune piene dell’anno mentre le 28 scaglie minori sono i 28 giorni del calendario lunare, ma anche del ciclo rigenerante femminile. Dunque possiamo vedere addirittura tre livelli interpretativi del magico Bosco. Il primo quello materiale puramente artistico, il secondo un livello simbolico, come nel caso della Tartaruga ed un terzo finale iniziatico. Bomarzo sfida da secoli la curiosità e l’interesse dei visitatori che nel suo parco trovano un luogo incantato e fiabesco, ma che fa anche meditare e riflettere.