Il Marchese del Grillo a 40 anni dall’uscita del film, aneddoti di verità storica

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Una delle figure più radicate nella tradizione popolare romana è quella del Marchese del Grillo, resa immortale ai giorni nostri dal grande Alberto Sordi nell’omonimo film diretto da Mario Monicelli e uscito nel dicembre del 1981 che registrò al Box Office il secondo incasso più alto della stagione cinematografica pari a 12 miliardi di lire. In realtà la figura del famoso marchese si è plasmata attraverso vari nomi che nei secoli hanno alimentato la leggenda, anche se il personaggio che per eccellenza si intende è il settecentesco Marchese Onofrio del Grillo che dimorava in una sontuosa residenza romana alla Piazzetta del Grillo presso Tor de’ Conti a ridosso dei Fori Imperiali dove ancora nella Salita del Grillo c’è il Palazzo del Marchese. Questo era solito combinare i più disparati scherzi e dispetti a burla di chiunque, poveri, borghesi, nobili e persino il Papa! Si narra ad esempio che una volta il Marchese organizzò una sontuosa festa da ballo in un castello alle porte di Roma, dove invitò le più importanti famiglie borghesi: il medico, il governatore, il notaio e così via. Si mangiò e si bevve tutta la notte, ballando e divertendosi a non finire. Poi il marchese congedò i rispettosi ospiti e si ritirò per la notte. Ma una sorpresa aspettava ognuna delle famiglie invitate: il marchese aveva ingaggiato una squadra di operai esperti per far murare e intonacare in silenzio tutti i portoni delle case degli invitati mentre questi banchettavano alla festa. Gli sventurati al loro rientro non trovarono più gli ingressi alle loro abitazioni e ben presto si ritrovarono nella piazza ad imprecare e a pregare impauriti contro l’opera del “demonio” passando tutta la notte “alla serena”. Ma era solo lo scherzo di uno stanco marchese annoiato, ricco e viziato. Poi un’altra volta chiamò un esperto calzolaio e gli ordinò, senza badare a spese, molte paia di lussuosi stivali. In un mese le scarpe erano pronte e l’artigiano le portò al palazzo. Il conto da pagare era stato però ignorato ed il malcapitato ciabattino dopo alcuni giorni ritornò pretendendo di parlare con il marchese. Il nobile dopo aver adulato il calzolaio per il bel lavoro lo congedò ignorando ancora il conto. Le insistenze dell’artigiano finirono in un litigio che portò i due in tribunale. Ma il giorno che si arrivò a dibattere la causa, il marchese aveva già corrotto giudici, avvocati e cancellieri e vinse la diatriba. La mattina del giorno dopo tutta Roma fu svegliata dal suono delle campane a morto scandito da tutte le chiese: che fosse morto il Papa? No. il Marchese del Grillo aveva chiesto a tutte le chiese romane una messa in suffragio per la morte di un illustre personaggio: era morta a Roma Madama la Giustizia perché per un nobile ricco che aveva torto si condannava un onesto lavoratore povero che aveva ragione. Questi sono solo alcune delle burla che la tradizione popolare associa al marchese che dello scherzo aveva fatto la sua passione, come reca inciso pure lo stemma: <Er grillo del Marchese sempre zompa, Chi zompa allegramente bene campa>.

Di Pamela Stracci