Il gioco infantile – 1° parte

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Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

A ben ragione (come vedremo) si può proprio dire che giocare è una cosa molto seria: il gioco, infatti, assolve molte funzioni importanti per lo sviluppo affettivo, cognitivo e motorio del bambino in età evolutiva. Attraverso il gioco il bambino ha, tanto per cominciare, la possibilità di elaborare emozioni che non riesce bene a definire e che non saprebbe esprimere altrimenti con le parole: accadimenti spaventosi, gioiosi, dolorosi, o solamente nuovi attivano in lui emozioni potenti che attraverso il gioco, e grazie ad esso, possono essere da lui “digerite”. Lo fa rimettendo continuamente in scena nel gioco la situazione che, per esempio, lo ha turbato: bambini che hanno visto una scena familiare violenta la ripropongono nel gioco più e più volte, spesso con finali diversi e più rassicuranti. In fondo è ciò che accade anche agli adulti quando, attraverso l’espressione artistica (un dipinto, una poesia, una canzone, etc.), esprimono e “mettono fuori” emozioni conturbanti ma poco chiare, come tentativo per “metabolizzarle” e definirle meglio (o come modo per liberarsene).Tornando ai bambini: un’altra funzione che il gioco ha per loro, questa più cognitiva che affettiva, è quella di aiutarli ad interpretare e memorizzare le cose nuove che apprendono. Per esempio, quando la curiosità del bambino lo spinge a chiedere che lavoro fanno i genitori, egli cercherà di capire bene che mestiere fanno giocando con i pupazzi in modo che questi rappresentino i genitori all’opera nel loro lavoro di infermiera/e, cameriere/a, poliziotto/a, etc. Ed egli ripete, e ripete più volte, lo stesso gioco, con le stesse modalità, fino a che sente di non aver “compreso”. Questo aspetto di comprensione ed elaborazione della realtà attraverso la ripetizione continua si presenta anche attraverso la richiesta dei bambini di letture di storie, e sempre le stesse storie, ogni sera. Perché si “fissano” su una storia (o sulla visione di un cartone animato)? Quando c’è una tale richiesta “ossessiva” di lettura di storie (o cartoni), o fanno ripetutamente lo stesso gioco, i bambini sono alla prese con qualcosa di importante che ancora gli sfugge e che cercano di capire ed integrare dentro di loro attraverso la ripetizione. Per esempio le favole hanno sia un linguaggio esplicito che uno implicito, cioè metaforico. I bambini si accorgono di questo e con la richiesta di ripetizione della storia cercano di comprendere i messaggi nascosti e metaforici delle fiabe. In “Cappuccetto Rosso”, tanto per sceglierne una, si rendono conto che il lupo può rappresentare una persona e quale sia il messaggio nascosto del racconto, ma è solo con la ripetizione continua che ne colgono tutte le sfumature ed i significati impliciti. E dunque, anche quando il bambino apparentemente gioca per riempire momenti di vuoto, in realtà la scelta di un gioco piuttosto che un altro è mossa, come abbiamo visto, da bisogni, desideri o emozioni, angosciose o gioiose che siano: il che vuol dire che il gioco ha dei linguaggi e degli scopi inconsci (cioè non chiari nemmeno al bambino se interrogato sulla scelta del gioco in cui è impegnato) che perseguono obiettivi di elaborazione emotiva, apprendimento motorio o comprensione intellettuale del reale. Nella seconda parte del presente articolo esplorerò altre significative funzioni del gioco infantile.

 

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Psicoterapie individuali, di coppia e familiari

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