VITTIMA O CARNEFICE?
Arriva al cinema il film sul dramma dell’immigrazione, “Madame Luna”, diretto dal regista svedese di origine cilena Daniel Espinosa, campione d’incassi per “Easy Money” e “Morbius”. Premiato per la Migliore fotografia al Göteborg, il più grande festival cinematografico dei paesi nordici, è interpretato dalla giovane Meninet Abraha, alla sua prima esperienza sul set.
di Barbara Civinini
“Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli”, sosteneva Nelson Mandela, ma questo, probabilmente, Almaz non lo sa. Daniel Espinosa, regista svedese di origine cilena, ci racconta la sua storia, ispirata a fatti veri, con “Madame Luna”.
Almaz è una donna eritrea, spietata trafficante di esseri umani. Quando il regime in Libia cade, è costretta a fuggire e intraprendere anche lei un pericoloso viaggio della speranza, confondendosi tra i migranti. Sbarcata in Italia, la conoscenza di un pugno di lingue africane la aiuta nella scalata al potere in un’organizzazione criminale che specula illegalmente sull’accoglienza. L’incontro con la giovane Eli però la costringerà a fare i conti con il passato, per scegliere, ancora una volta, da che parte stare.
Il regista, dopo 10 anni di Stati Uniti e di successi al box office – da “Easy Money” al più recente e chiacchierato ”Morbius”, spin-off di “Spider-Man” – torna al suo realismo sociale ponendosi una domanda di fondo: È possibile redimersi dal male?
Dietro questo interrogativo, come spiega lo stesso regista, c’è un suo dramma dell’adolescenza, quando a soli 16 anni tagliò la gola a uno dei suoi migliori amici. Il ricordo del mio amico con la gola sanguinante è diventato un incubo che mi ha tormentato per molti anni, dice. Da qui, dall’ansia di redenzione, nasce il tema ricorrente della sua vita. Quando si tratta di sopravvivere, l’istinto è quello di non morire, e questo potrebbe arrivare a trasformarti in un assassino. È moralmente ingiustificabile? si domanda Espinosa.
Insomma, ci si può affrancare dall’odio che si prova per se stessi, dal senso di colpa che si porta dentro, oppure è solo una menzogna che si racconta al mondo esterno per convincersi di essere una persona decente? Il film certo non fornisce quella risposta che il regista non ha saputo dare neanche a se stesso, ma porta al cinema un dramma dei nostri giorni che si consuma silenzioso proprio nel cuore del Mediterraneo, dietro l’angolo delle nostre case.
Forse farà riflettere lo spettatore su una grande verità e cioè che Sarà sempre uno schiavo chi non sa vivere con poco, come affermava Orazio. Il regista ha lavorato anche alla sceneggiatura con Suha Arraf, rifugiata palestinese, e con Maurizio Braucci, cosceneggiatore di “Gomorrra” e “Martin Eden”.
L’idea del film però è del produttore David Herdies, che l’ha sviluppata insieme a Binyam Berhane, regista di documentari, per poi passarla a Espinosa. Per raccontare questo dramma della miseria il regista ha fatto molto uso di camera a spalla, proprio per rendere più realistica la desolazione di questa tragedia umanitaria.
Almaz, in arte Madame Luna, è interpretata dalla giovane Meninet Abraha Teferi di origine eritrea, alla prima esperienza sul set. Il film, presentato al Festival di Taormina, è stato prodotto con il contributo del MIC e dello Swedish Institute, oltre a quello della Film Commission di Calabria e Sicilia.