di Pietro Zocconali, Presidente naz.le ANS, giornalista professionista
Il 16 novembre u.s., ho partecipato ad un convegno avente per tema “Il fenomeno del Tatuaggio”, presso il MACRO, Museo di Arte Contemporanea di Roma; segue la mia relazione:In quanto sociologo sono già da diversi anni interessato al fenomeno Tatuaggio, soprattutto per approfondire quanto è avvenuto da quaranta anni a questa parte, almeno in Italia. Infatti questa pratica, proveniente quasi esclusivamente da certi fenomeni devianti, si è trasformata molto diffusamente in un’invasione colorata, fino ad arrivare in certi casi ad un’espressione artistica notevole ed accreditata, adottata dai più, anche dalla ormai famosa casalinga di Voghera.
Nel 1998, il Ministero della Sanità, finalmente registrando il fenomeno come importante, aveva istituito i Corsi professionali obbligatori di 90 ore, attivati nel Lazio con DGR 22 settembre 1998 n. 4796. L’istituzione di questi corsi ebbe l’intento di sanare una situazione “di fatto” e legalizzare l’esistenza di una figura professionale, quella del tatuatore, perfettamente attiva da decenni nel tessuto sociale. La prima indagine in Italia, pubblicata sul web dall’Istituto Superiore di Sanità, risale invece solo al settembre 2015 e denunciava che in Italia, a scrivere indelebilmente sulla propria pelle, erano ormai quasi sette milioni di persone, il 12,8% della popolazione. Tra i tatuati le donne rappresentavano il 13,8% della popolazione femminile, mentre gli uomini erano l’11,7%. Inutile dire che oggi quelle percentuali sono sensibilmente aumentate.
Già nel maggio del 2016 avevo partecipato a Roma, invitato da Carla Guidi e Valter Sambucini, ad un convegno sul tema e, ascoltando le varie relazioni, avevo capito l’importanza del fenomeno praticato fin dalla preistoria. Questa usanza potrebbe rappresentare oggi, come ha scritto Carla Guidi citando vari autori, non solo un disagio, una ricerca di identità e di rapporto non effimero con la realtà del corpo, ma anche una reazione ad un modo sempre più incerto di stare al mondo, una reazione all’oppressione di un’invadente tecnologia.
Da sociologo non posso non citare Zygmunt Bauman, che ha insegnato per molti anni in Inghilterra, scomparso di recente. Egli è conosciuto come teorico della cosiddetta “società liquida”: – “La modernità è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza’”. Concetto ripetuto nella sua produzione scientifica; la nostra vita è ormai “liquida”, i nostri amori, il lavoro, la famiglia, l’intero tessuto della società di oggi, sociale e politico, sono “liquidi”, e perciò sfuggenti e inafferrabili.
Lo spaesamento dell’uomo medio, dovuto alla precarietà del lavoro, della famiglia e di tutto ciò che lo circonda, ai repentini cambiamenti, alla cruda realtà della società contemporanea è, purtroppo, un dato di fatto. Gli scritti di Bauman ci ricordano che in questo clima da villaggio globale (locuzione usata per la prima volta da Marshall McLuhan) i concetti di migrazione e progresso sono sempre stati collegati tra loro, poiché i processi di modernizzazione, l’uso delle macchine, hanno sempre fatto scaturire una sovrabbondanza di essere umani, una quota superflua che per lo più colpisce l’immigrato, chi è di diversa religione e colore della pelle, chi è fuori dagli schemi e che non rispetta certi parametri. Tutto ciò a scapito della creatività di chi a prima vista ed ai meno sensibili, può sembrare diverso. Ma è dalle diversità che scaturisce il progresso dell’uomo. Non voglio mancare di citare il mio maestro, il sociologo italiano per eccellenza, Franco Ferrarotti che, a proposito di omologazione, intitolava un suo libro del 2012: “Un popolo di frenetici informatissimi idioti”. Titolo che, da solo da l’idea del contenuto del lavoro.
Oggi, con la rivoluzione digitale, la società è sempre più caotica, e muta costantemente in modo vertiginoso; il lavoro manuale viene sempre più svalutato, mentre si danneggia il capitale individuale, sia quello concreto di beni materiali e ambientali, ma soprattutto quello spirituale di esperienze, di abilità, di cultura e, naturalmente, ci rimette l’ambiente comune, sempre più impoverito. Uno sviluppo economico deforme spinge a produrre quello che si produceva ieri, ma spendendo di meno ed usando meno personale; inoltre in questa “società liquida”, tutto è così rapido ed incerto che può accadere qualsiasi cosa, in ogni momento, ma nulla si riesce a tamponare a propria difesa, poiché il tempo è così accelerato che non c’è modo di metabolizzare le esperienze, di riflettere, di costruire.
C’è chi vuole attribuire la responsabilità di questa incertezza proprio agli immigrati, poiché sono le persone che incontriamo per la strada e sulle quali scarichiamo i nostri disagi, non potendo prendercela con gli inaccessibili e inarrivabili burattinai, direttori del “grande ignoto” che avanza, che invece sono tra noi ma invisibili e che, anche se potessimo vederli in volto, non potremmo mai toccarli o poter influire su di loro; esseri eterei, irraggiungibili molto di più del “Megadirettore Galattico”, personaggio fantozziano, creato dal grande Paolo Villaggio.
In una recente trasmissione su RAI tre, “Presa diretta” di lunedì 15 ottobre 2018, sotto la sigla IPERCONNESSI, si evidenziava essere diventato di quaranta secondi il tempo medio di attenzione davanti a uno schermo quando siamo al lavoro, ma anche quando ci rilassiamo, con l’abitudine o l’obbligo di saltare continuamente da una chat a una foto, su di un post, da un link all’altro, da una mail all’altra. Questo continua poi nella vita privata, spesso anche di notte. Ma poiché non siamo all’altezza di fare bene due cose contemporaneamente (perlomeno noi maschietti), la nostra capacità di comprendere, di ragionare, di memorizzare viene tirata qua e là; per concentrarci su di una cosa abbiamo bisogno di tempi sempre più lunghi che spesso non possiamo permetterci. Nel frattempo però il nostro cervello comincia ad adattarsi a saltare da un abbozzo di pensiero all’altro, seguendo un’attenzione sempre più effimera, come dicono i neuro scienziati, mentre proprio questa attenzione è l’oggetto del vero business dei giganti del web, che riescono a venderci di tutto con questo sistema: prodotti, stili di vita, proposte politiche. In questo mondo, ormai iperconnesso, in cui girano ogni giorno 150 miliardi di email e 42 miliardi di messaggi whatsapp, dobbiamo ritrovare il modo per tornare ad ascoltarci.
Non sorprende quindi che la particolare attenzione rivolta al proprio corpo, liberato dopo la mondiale rivoluzione degli anni ’60 del secolo scorso, potenziata dal riscatto del corpo delle donne dai dettami di una cultura patriarcale ed ecclesiastica, abbia attirato a sé il desiderio di possedere una particolare espressione visiva, volontaria e permanente.
Anche se la riappropriazione del corpo veniva intrappolata quasi subito dalle premesse seducenti di multinazionali dell’estetica, della chirurgia e della farmacologia, rimaneva pur sempre la scelta e la libertà di decorare il proprio corpo con scritte ma soprattutto immagini che fungessero anche da memoria emozionale.
Inoltre, come sanno bene gli artisti-tatuatori, le persone si rivolgono a loro per avere consigli estetici, oltre che per comprare, solo per se stessi, opere d’arte permanenti, che non possono essere alienate quindi ma che vanno a modificare ed in qualche modo stabilizzare, l’identità della persona, messa a dura prova dall’incertezza del presente.
Risulta in ogni caso un tentativo di personalizzazione, atto ad uscire dagli standard e contrastare l’omologazione “orwelliana” tanto temuta da chi si sente un artista, un essere diverso dagli altri, se non migliore, pronto a dimostrare la sua peculiarità, contribuendo in questo modo a colorare il mondo.
Bibliografia
Zygmunt Bauman – Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi – Laterza.
Zygmunt Bauman – Modernità liquida – Laterza.
Franco Ferrarotti – Un popolo di frenetici informatissimi idioti – Solfanelli. N.B. Il termine “idioti” del titolo non è un insulto gratuito. È da intendersi nel senso etimologico di “circoscritti”, “localizzati”, “irretiti”, “prigionieri nel web”.
Carla Guidi – Estetica anestetica. Il corpo, l’estetica e l’immaginario nell’Italia del Boom economico e verso gli anni di Piombo – I Robin&sons.
Marshall McLuhan – Guerra e pace nel Villaggio Globale – Apogeo.
George Orwell – 1984 – Mondadori.
Paolo Villaggio – Fantozzi – Rizzoli.