Il disturbo da conversione

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disturbo della conversione

Il disturbo da conversione viene anche chiamato “disturbo da sintomi neurologici funzionali” (DSM V) ed è caratterizzato da uno o più sintomi neurologici senza una lesione neurologica effettiva, provoca disagio psicologico e sociale ma non pone la persona in pericolo di vita.

I più comuni sono i disturbi della funzione motoria e sensoriale. È importante differenziare il disturbo da conversione dai dolori neuropatici cronici (tipo la fibromialgia, di cui ancora non si conoscono le cause), dall’Ipocondria (un disturbo che cade nello spettro ansioso) e dalla somatizzazione.

Già Freud, alla fine del 1800, parlava da disturbo da conversione riferito soprattutto alle donne e lo faceva rientrare nell’isteria (tanto che fino a pochi decenni fa il DSM parlava di isteria da conversione).

Per comprendere appieno il disturbo da conversione è fondamentale premettere  che, a differenza di tempo fa, non esiste più la dicotomia mente-corpo ma si parla di sistema mente-corpo e, negli ultimi anni, è entrato il concetto di continuum mente-corpo. Questo cambiamento non è solo concettuale e teorico ma evidenzia che corpo e mente fanno parte dello stesso circuito che si autoevolve e che partire da un punto fa arrivare inevitabilmente all’altro.

Ciò implica che corpo-mente hanno la stessa medesima importanza nella vita dell’individuo e che attività mentale ed attività del corpo si influenzano reciprocamente e nello stesso modo, in un sistema in continuo equilibrio sia funzionale che disfunzionale.

Altro punto da sottolineare è che qualsiasi sintomo portato dalla persone è un compromesso che il sistema ha messo in atto per far affrontare gli aventi della vita. È, tipo, una zattera con cui il naufrago cerca di allontanarsi dall’isola deserta.

I disturbi da conversione più frequenti sono: movimenti incontrollabili, cecità o problemi di visione, perdita dell’olfatto o della parola, intorpidimento o paralisi, crisi psicogene non epilettiche (PNES), difficoltà nella deglutizione (disfagia), vertigini, svenimento (sincope), stanchezza cronica.

I sintomi possono apparire improvvisamente e la persona può non essere consapevole del legame con un disagio o problematica psicologica perché, spesso, la sua origine risale a molti anni prima. Può capitare che una persona che ha subito un abuso (evento traumatico) nell’età infantile manifesti un sintomo da conversione in età adulta.

È sempre fondamentale effettuare delle indagini neurologiche per una corretta diagnosi differenziale. Quando è appurato che il sintomo non è collegato ad una lesione neurologica, allora è importante che la persona inizi un percorso di psicoterapia per capire la motivazione e quali sono i meccanismi difensivi che hanno fatto scaturire il sintomo manifestato.

Il percorso di psicoterapia potrebbe essere molto lungo perché la persona ha in atto meccanismi difensivi molto rigidi e tendo ad avere difficoltà nel contattare il proprio mondo emotivo. Per questo motivo lo psicoterapeuta deve far sentire la persona protetta al fine di farla avvicinare al suo mondo emotivo (considerato pericoloso) in modo graduale e con attenzione.

È importante che il terapeuta abbia ben chiaro che quel sintomo è il risultato migliore che la persona ha messo in atto per la sua sopravvivenza psicologica e che, quindi, deve essere considerato una grande risorsa che ha funzionato finora ma che ora non funziona più, ostacolando una vita personale e sociale adeguata.

psicologia giuridica
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense Cell. 338/3440405

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