Il Depresso inconsapevole

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Il Depresso inconsapevole

A cura del Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Alcuni di coloro che sono inclini alla depressione sono, salvo nel momento in cui si trovano nella conclamata fase depressiva, personalità aggressive, “robuste”, che quasi sempre fanno fronte con successo alla loro tendenza sottostante alla depressione con l’iperattività e l’ipomaniacalità.

La cosiddetta difesa maniacale o ipomaniacale è un modo di difendersi dalla depressione, gestendo l’angoscia depressiva attraverso l’iperattivazione a livello di pensiero (che non si ferma mai, impedendo anche il sonno ristoratore) e di comportamento (sono persone sempre in movimento): ciò che accade, ma ad un livello inconsapevole per la persona (i meccanismi di difesa psichici sono infatti delle procedure automatiche ed inconsce per definizione), è che nel momento in cui l’individuo sta per “spegnersi”, contrasta tale “forza” che lo “butterebbe giù” con una iperattività mentale e fisica… fino a che però poi non si esaurisce esacerbando a questo punto i sintomi depressivi che avrebbe avuto se si fosse lasciata andare alla spinta depressiva che la “buttava giù”.

Infatti combattere le spinte depressive negando la loro esistenza non risolve la depressione ma semmai ne rimanda solamente il confronto in uno stadio successivo a cui però si arriva, in questo modo, allo stremo delle forze mentali e fisiche, aggravando il livello della depressione. Balzac è un esempio di persona di questo gruppo. Queste personalità sono state definite “Depressi inconsapevoli” o “Personalità Maniacali”. Come Balzac, quindi, un certo numero di persone con una psicopatologia depressiva riesce ad evitare (ma non per sempre) la depressione clinica con il superlavoro, oppure trovando nemici legittimi su cui sfogare la propria aggressività.

Questo secondo aspetto è molto interessante, poiché è legato allo strutturarsi di “ossessioni” che riguardano alcune persone da perseguitare o da cui ci si sente perseguitati: non fa invero molta differenza, l’importante è che “catturino” la mente distogliendo così l’attenzione dal principale persecutore che è invece dentro e non fuori da sé. Sto parlando ovviamente della depressione, dalla quale non si può scappare se non affrontandola: ecco allora che personificarla con qualcuno o qualcosa che è fuori da sé rende il tutto più controllabile e meno (si fa per dire) minaccioso.

Questo modo protettivo di funzionare della psiche spiega anche perché siano così resistenti al cambiamento queste “fisse mentali”: esse servono per non dover affrontare un nemico ancora peggiore che vive h 24 dentro di sé. Della serie: “mi tengo la mia ossessione o la convinzione di essere tradito, perseguitato, etc. che è sempre meglio che dovermi occupare della mia depressione e deprimermi”… Il tutto, ripeto, avviene ad un livello automatico ed inconscio. Tale automatismo può però essere tuttavia modificato e sostituito con un diverso modo di stare al mondo e di funzionare mentalmente.

In psicoterapia si possono apprendere nuovi modi di gestire l’angoscia depressiva che siano risolutivi della stessa ed alternativi alla fuga (nei vari modi che abbiamo visto): e poiché da se stessi non si può fuggire all’infinito; ecco che allora, forse, a guardare in due “i mostri” questi fanno meno paura e ci si può anche arrischiare ad entrare in cantina, soprattutto se uno dei due, quello che tiene la torcia, ha imparato a non temere i mostri… a partire dai suoi.

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