“Luogo meraviglioso. Messaggero di pietra. Musica celestiale. Tenebrose presenze. Quello che lei cerca è al Cimitero degli Inglesi, degli Artisti e dei Poeti.” (Edward Percival Forster)
In via Caio Cestio numero 6, sorge un piccolo spazio, soprannominato con molti romantici appellativi, tra cui il “Cimitero degli Artisti e dei Poeti”. Si tratta del Cimitero Acattolico di Roma, sito nel quartiere di Testaccio, in cui si trovano gli stranieri deceduti nell’Urbe, compresi ebrei, ortodossi e protestanti, dunque chiunque non fosse in linea con i dogmi della religione cattolica.
La sua storia ha inizio alla fine del 1700: il “Cimitero per gli stranieri”, che all’epoca erano tutti protestanti, viene ideato per consentire la sepoltura a coloro che non possono essere seppelliti in terra consacrata, secondo le norme della Chiesa cattolica. La sua costruzione non viene studiata a tavolino, anzi nasce da una pura e semplice questione di necessità: tra il ‘700 e gli inizi dell’800, in Inghilterra è in vigore la monarchia degli Stuart, in particolare, il personaggio legato alla storia del cimitero a Roma, è Giacomo Stuart (Londra, 1688 – Roma 1766), conosciuto come Giacomo III, Re d’Irlanda e Inghilterra, e Giacomo VIII, Re di Scozia. Agli inizi del secondo decennio del ’700, Giacomo III si trova in esilio presso la città di Urbino insieme alla moglie. Poco dopo si trasferiscono a Roma, in cui il Pontefice Clemente XI, e i suoi successori, garantiscono protezione ai due sovrani e alla loro corte, riconoscendo loro anche i titoli di Re e Regina di Inghilterra, Irlanda e Scozia. È proprio un componente della corte dei sovrani, William Arthur, ad essere il primo sepolto in questo luogo di culto acattolico, grazie a una deliberazione del Sant’Uffizio, risalente al 1671, che permette ai Signori non aderenti alla fede cattolica di evitare la terribile vergogna e offesa di essere seppelliti accanto a prostitute e altri peccatori di ogni genere, presso il Muro Torto.
I defunti, che abitano questo spettacolare sito, sono molti e spiccano per la loro incredibile varietà: giacciono russi, inglesi, tedeschi, americani, perfino qualcuno proveniente dalle zone dell’Oriente, perfino le iscrizioni sono presenti in oltre 15 lingue diverse (inglese, lituano, bulgaro, giapponese), e altrettanto varie sono le religioni di appartenenza, come Buddhismo, Islam e molte altre ancora.
Ai piedi della Piramide Cestia spunta questo angolo poco conosciuto perfino dai romani stessi, in cui riposano anche molte delle personalità che hanno fatto la storia, appartenenti ad ogni campo, tra i quali, il poeta inglese John Keats, scomparso a Roma nel 1821 (26 anni) a causa di una tubercolosi, sulla sua lapide è scritto in inglese “Qui giace qualcuno il cui nome fu scritto sull’acqua”; il poeta romantico Percy Bysshe Shelley (marito della nota Mary Shelley autrice del romanzo gotico “Frankenstein”), deceduto nel 1822 a causa di un terribile naufragio, sulla sua lapide sono riportati alcuni versi tratti dall’opera di Shakespeare “La Tempesta”, che recitano “Niente di lui si dissolve, ma subisce una metamorfosi marina per divenire qualcosa di ricco e strano”; troviamo la tomba dello scrittore Carlo Emilio Gadda, morto nel 1973; quella di Antonio Gramsci, 1937; e così moltissimi altri personaggi.
Il 10 settembre del 1943, il “Cimitero di Testaccio”, oggi meta di turismo proveniente da tutto il mondo, è stato spettatore della storica battaglia di Porta San Paolo, uno degli scontri più sanguinosi tra civili, militari italiani e nazisti, molte lapidi riportano ancora oggi i fori dei proiettili scagliati contro l’occupazione tedesca.
La particolarità di questo luogo è che ancora oggi viene utilizzato per le sepolture e, nonostante tutti i nobili epiteti che si è guadagnato nel corso del tempo, il più bello, malinconico e gioioso l tempo stesso, rimane quello meritato grazie ai suoi meravigliosi giardini, ricchi di fiori, lapidi fantasiose e molte particolari sculture, “il Cimitero gioioso”.
Flavia De Michetti