“Il cane può entrare. Io no!”

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foto generica di repertorio

Un lettore disabile ci racconta le peripezie per accedere ai negozi di Ladispoli nonostante le agevolazioni fiscali introdotte dal ComuneQuesta è la storia del percorso ad ostacoli di un disabile che si è avventurato nei negozi di Ladispoli. Un lettore che si è rivolto al nostro giornale per evidenziare come, nonostante l’impegno del comune che ha chiesto la collaborazione degli esercenti, ancora oggi un portatore di handicap si sente legittimamente discriminato anche nel semplice atto di andare a fare shopping.

“Questa storia – racconta il lettore che chiameremo Renato – nasce quando ho letto la scritta Io posso entrare, ovvero l’adesivo col cagnolino ben in vista, incollato sulla vetrina di uno dei tantissimi negozi del centro di Ladispoli. E’ un adesivo che a me piace molto, in quanto non discrimina chi porta in passeggiata con sé il proprio amico a quattro zampe e non è di conseguenza costretto a legarlo fuori.  Poi lo sguardo mi cade verso il pavimento e noto con orrore il grande gradino che separa il negozio dal marciapiede. Io, con la mia carrozzina, non posso entrare. E’ qui che la rabbia mi morde al fegato, velenosa,si pensa a far entrare il cagnolino, ma non la persona disabile. Ingoio pane e frustrazione, mi armo di coraggio e faccio quello che solitamente non si fa, ovvero chiedo spiegazioni. Con calma, senza dito puntato, la rabbia riposta in una tasca della carrozzina. E mi sento dire che noi disabili sono in pochi, che in pratica non ci sono clienti in sedia a rotelle in quell’esercizio pubblico. Il negoziante è in visibile imbarazzo, le pedane fisse si possono mettere, oltretutto ricordando che il sindaco di Ladispoli, Alessandro Grando per questi negozianti ha fatto un gran bel gesto. Annunciando che non pagheranno la tassa Tosap quei commercianti che abbattono le barriere architettoniche. Era lo scorso dicembre, purtroppo in pochissimi hanno voluto fare questo regalo natalizio ai tanti portatori di handicap di Ladispoli”.

Ricordiamo infatti che l’amministrazione aveva detto a chiare note che  la città deve essere fruibile a tutti, compresi coloro che hanno ridotte capacità motorie e sensoriali. La piena accessibilità dei negozi e degli edifici privati rappresenta un indice di elevato senso civico e di alta qualificazione urbana. Il comune era certo che l’appello sarebbe stato raccolto dalle attività produttive che avrebbero anche usufruito di importanti agevolazioni fiscali aderendo al progetto di abbattimento delle barriere architettoniche. Non è stato così, salvo ovviamente lodevoli eccezioni. Renato continua il suo racconto, visibilmente amareggiato.

“E’ assurdo – dice al negoziante che resta muto e non ha argomenti per replicare – soltanto perchè siamo in pochi non ci permettete di andare in giro da soli ? Certo che siamo pochi. Marciapiedi impraticabili, ciclabili inesistenti che terminano con gradini ed ostacoli architettonici, esercizi commerciali che presentano uno, due, tre scalini all’ingresso, spesso contornati da pesanti porte che non restano aperte da sole. Il percorso minato urbano è spesso insormontabile e tanto deprimente per un disabile.  E non aiuta molto l’immaginare di dover chiedere costantemente qualcosa agli sconosciuti quando si esce da soli. Scusi, mi tiene aperta la porta? Scusi, mi può aiutare a scavalcare questo gradino? Scusi, mi spinge su questo marciapiede che è tanto in pendenza? Scusi, può aiutarmi a raggiungere il bancomat che è troppo in alto? Una vera e propria giungla che spinge chi utilizza una carrozzina verso l’auto segregazione nei centri commerciali e negozi anche di recente ristrutturazione e di nuova costruzione devono essere eseguiti a norma di legge. Pena il rifiuto del permesso per l’apertura dell’esercizio pubblico. Ma tutto questo non accade, nessuno fa questi controlli. Il negoziante in questione nel frattempo si è adoperato per farmi entrare, aiutandomi a scavalcare il gradino di accesso. Suggerisco l’uso di una pedana amovibile da apporre e rimuovere subito dopo il passaggio della persona diversamente abile, un piccolo, grande gesto di civiltà che saprebbe riportare nelle città anche le persone che usano una sedia a rotelle. Il negoziante mi risponde che è una buona idea, ma che se è un solo esercizio ad aderire si risolve ben poco. Nel frattempo sento la rabbia scalpitare.  L’unica cosa che posso fare, è continuare ad uscire e non rinunciare alle città per la presenza di limiti. Continuerò a rompere le scatole al mio prossimo in modo che anche lui sia automaticamente edotto su cosa rappresenti una barriera, argomento del quale non si parla davvero mai abbastanza. Non mi trincererò nella mia comfort zone, affronterò il rischio di non farcela e non rinuncerò ai centri urbani per la mancanza di facilitazioni. La mia battaglia infervora l’animo del negoziante che si ripromette di fare la sua parte perché possa entrare anche io con la mia sedia, oltre ai cagnolini. Proseguo caparbio per la mia strada con la speranza che tutti gli esercizi commerciali si adoprino affinché nessuno sia costretto a dire, negli anni che verranno io non posso entrare”.

Che altro aggiungere? Il nostro lettore ha ragione da vendere, purtroppo a ping pong si gioca in due. Il comune ha lanciato la pallina ai commercianti di Ladispoli, invitando ad un gesto di civiltà, peraltro nemmeno gratuito vista l’esenzione dalla Tosap. Ma in pochissimi hanno risposto e non hanno rilanciato la pallina.