Il biologico: bufala o opportunità di salvezza?

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Oggi quasi tutto può essere bio: dalla cosmesi alla detergenza, dal turismo all’edilizia, dal parrucchiere al dentista. E ovviamente, e prima di tutto, bio è il cibo.

di Alfonso Lustrino

Qualche decennio fa il biologico era una scelta per fricchettoni seguaci di qualche filosofia orientale. In seguito è diventata una moda per radical chic. Poi il mondo si è ricordato che siamo ciò che mangiamo, si è reso conto che le risorse terrestri sono limitate, che nel nostro piatto ci finisce troppa chimica, e così il bio è parso una seria opportunità di salvezza.

Oggi quasi tutto può essere bio: dalla cosmesi alla detergenza, dal turismo all’edilizia, dal parrucchiere al dentista. E ovviamente, e prima di tutto, bio è il cibo.

Ma vediamo di capirci qualcosa di più.

L’agricoltura biologica è un sistema di produzione che offre determinate garanzie. Comprare biologico vuol dire scegliere un cibo sano, buono e onesto, senza sostanze chimiche di sintesi, senza OGM, libero dalle neurotossine, senza diserbanti, fertilizzanti chimici, radiazioni, additivi dannosi, e senza la possibilità di creare microrganismi resistenti agli antibiotici. Ma significa anche sostenere un’agricoltura fonte di vita, lottare contro il saccheggio dell’ambiente, rispettare gli animali, salvaguardare la biodiversità del pianeta e la salute degli addetti ai lavori. Insomma proteggere la salute di tutti, la propria e anche quella di chi ancora non mangia biologico.

Per i più ingenui questa dovrebbe essere la normalità, ma purtroppo solo un misero 4% dei prodotti in commercio in Italia sono certificati biologici, per il resto il “convenzionale” la fa da padrone.

Fatta eccezione di una piccola resistenza che si approccia in maniera virtuosa all’agricoltura anche senza avvalersi della certificazione biologica, la maggioranza delle aziende agricole fa larghissimo uso di sostanze estremamente dannose all’ambiente e alla nostra salute: l’Italia è il paese europeo che usa più pesticidi, altro che made in Italy sinonimo di qualità.  Il paradosso è che nell’impiego di insetticidi soltanto lo 0,1% dei principi attivi usati nei campi raggiungono l’obiettivo per cui sono stati usati, il resto è destinato a raggiungere le acque superficiali e le falde. I pesticidi rappresentano anche una delle principali cause della riduzione degli insetti impollinatori, (indispensabili per la riproduzione delle piante), in quanto influenzerebbero l’orientamento, la capacità riproduttiva e i comportamenti sociali di questi insetti, minandone la sopravvivenza e l’equilibrio degli ecosistemi.

Il problema non si ferma ai pesticidi. L’agricoltura convenzionale fa largo uso anche di diserbanti (uno fra tutti il famigerato glifosato) e concimi chimici (che rendono la terra sempre più dipendente dai concimi stessi). Per quanto ancora questo modello potrà essere sostenibile?

Considerando, invece, i prodotti confezionati, quanti di noi leggono e sono in grado di interpretare correttamente le etichette dei prodotti?

Prendiamo, ad esempio, i cosiddetti “prodotti secchi”, come pasta, riso, marmellate, biscotti, creme, sott’oli ecc. Quelli biologici devono rispettare canoni molto restrittivi: le materie prime devono provenire rigorosamente da agricoltura biologica, non devono contenere conservanti, coloranti, glutammato, correttori di sapidità, non utilizzano carni separate meccanicamente, non contengono ingredienti OGM e nessuna sostanza dannosa per l’ambiente e per la salute.  Purtroppo sugli scaffali della grande distribuzione organizzata (GDO) si trovano difficilmente prodotti di qualità, perché l’imperativo è rendere l’articolo conveniente, e per abbassare il prezzo è indispensabile abbassare la qualità della materia prima e della lavorazione. Quindi eccoci difronte a bottiglie di olio a meno di 2 euro, pani fatti con farine di oltreoceano, confezioni di uova, carni e pesci provenienti da allevamenti intensivi, pasta a pochi centesimi ecc.

Il biologico: bufala o opportunità di salvezza?

Nel mercato si sono insinuati anche i cosiddetti “ecofurbi” che si appropriano ingiustamente di una immagine green per rendere i loro prodotti appetibili, al pari di chi produce davvero nel rispetto dell’ambiente e della salute. Ma la GDO, aspirando alla conquista di un’altra fettina di mercato, ha cominciato a proporre anche linee biologiche. Ma il biologico è quindi sinonimo di qualità? Non sempre. Oltre alla certificazione resta indispensabile la lettura dell’etichetta. Facciamo un esempio: una nota marca biologica in vendita presso la GDO propone un pesto biologico con i seguenti ingredienti: aroma di aglio (anziché aglio vero), altri aromi (non specificati però), sciroppo di riso (dolcificante!), olio di girasole (anziché extravergine di oliva come invece prevede la ricetta originale), formaggio (generico, al posto del Grana Padano DOP della ricetta originale), fiocchi di patate. Infine: le materie prime di questo prodotto sono tutte provenienti dall’estero (dicitura Agricoltura UE-Non-UE): aglio cinese, formaggio estero ecc… Sarà pure biologico, ma è un prodotto scadente.

Se invece consideriamo una gallina che ha vissuto per tutta la sua vita in una gabbia angusta, sotto un capannone e con luci al neon sparate 18 ore su 24, con mangimi industriali, ci si dovrebbe chiedere: che uovo potrà produrre? Senza considerare la sofferenza dell’animale.  Una bistecca di un animale che ha sofferto tutta la sua vita a livello sia fisico che mentale, che ha raramente o mai visto la luce del sole, che non si è mai mosso, che è stato sistematicamente trattato con farmaci… è cibo? Scegliere carne biologica diminuisce l’esposizione agli antibiotici, agli ormoni sintetici e alle altre sostanze chimiche che dagli animali passano al consumatore. Oltre a migliorare sensibilmente la vita dell’animale.

Un recente servizio della rivista “Il Salvagente” ha evidenziato che alcuni latti provenienti da allevamenti intensivi e in vendita presso una nota catena di discount presentavano tracce anche di tre antibiotici contemporaneamente.

Pensando ai nostri bambini. Il loro organismo in via di sviluppo è più sensibile alle tossine di quanto non lo sia quello degli adulti. Scegliere il biologico aiuta ad alimentare i bambini senza esporli ad alcuna sostanza tossica. Ma i costi? È evidente che il prodotto biologico di qualità costi di più dei prodotti convenzionali. Non potrebbe essere altrimenti. Ma forse la domanda dovrebbe essere posta su quei prodotti che costano “troppo poco”: un motivo c’è, anzi più di uno.

I motivi per passare al biologico “di qualità” evidentemente sono tanti. Non ci resta che imparare a leggere le etichette e affidarci a negozianti che con trasparenza e coscienza fanno scelte consapevoli e sostenibili. Chi sceglie di consumare biologico lo fa per salvaguardare la propria salute, perdare un futuro migliore ai propri figli, col vantaggio non trascurabile di non contribuire alla distruzione del mondo in cui viviamo attraverso l’immissione nella catena alimentare di veleni. E scusate se è poco.

“Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo Cibo” Ippocrate