I SOLDI DEL GOVERNO? SO’ COME I MIJARDI DE NELLETTO

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“Annunciazione. Annunciazione!”: dai dieci miliardi, in due settimane si è arrivati a cinquanta, poi settanta, per schizzare a quattrocento a cui vanno sommati altri trecentocinquanta.

di Angelo Alfani

Non passa giorno che i governanti irrompano nella nostra vita avvisandoci che stanno “liberando” miliardi di miliardi ed ancora miliardi, indispensabili alla ripartenza di un Paese che sta passando dal lockdown al knockdown.

Mia convinzione è che nessuno riesca più a stare dietro alla cifra raggiunta, manco Amadeus Conte. È un fatto che siamo ai primi di maggio ed i miliardi sono ancora virtuali, a parte l’elemosina dei seicento euro distribuiti a molti nuovi disperati e la sinecura laica ai soliti paraculi che, da tradizione atavica, sono dei fuoriclasse a campare sulle spalle del prossimo. La sensazione di trovarsi sulle montagne russe, con l’arrancare sferragliato ed il conseguente precipitare mozzafiato tra curve paraboliche, è accompagnata per i cervetrani alla esclamazione: “I soldi del Governo!? So come li mjardi de Nelletto” Una storia strapaesana questa di Nelletto che, in tempi in cui ci si soffia in faccia la propria disperazione, può tornarci utile quanto gli ansiolitici. L’incipit viene collocato in un sabato da ottobrata cervetrana del 1969 quando, al bar di Agustarello, il nostro protagonista, asciugandosi nervosamente con il fazzoletto il sudore che copioso gli bagnava la camicia bianca, giocò “tre schedine doppie col sistema”.

La matrice della giocata venne sistemata nel retro del bancone, tra una bottiglia di Mistral e quella di un Amaro abruzzese. Con abile contraffazione la schedina risultò totalizzare più di un tredici.

Il lunedì la matrice scomparve e la presunta vincita, col trascorrere del tempo e degli interessi attivi, moltiplicò la cifra: da un miliardo iniziale si passò a centinaia di miliardi. Nei luoghi deputati agli accidiosi come i bar, i circoli sportivi, le panchine di travertino dei giardini, quelle di tufo della biglietteria alla Banditaccia, le scomode seggiole del Museo, tra fogli del Corriere dello Sport macchiati di caffè e carte napoletane ingiallite dalle bruciature di mozziconi, la saga, avente come centro propulsore il nostro personaggio, accompagnò per un ventennio le uggiose giornate.

Dalla mattina sul presto a sera inoltrata il centro del paese si trasformò in un proscenio. La fantasia davvero prese il potere e fu estasi pura.

Storie incredibili, dai percorsi tortuosi e dagli intrecci incomprensibili, iniziarono a snocciolarsi, per essere poi dimenticate e, come torrenti carsici, riaffiorare di nuovo. Di bocca in bocca passavano notizie di pianoforti dalle casse imbottite di biglietti da centomila lire, che, una volta a settimana, cinque cervetrani belli tosti, spingevano su per le scalette della chiesa, consegnandoli a don Quirino.
Erano centinaia i lingotti d’oro che “quel birbaccione de postino braccianese” consegnava alla solita cricca, dopo che il nostro eroe venne ufficiosamente fatto passare come: “bello che defunto”.
I cervetrani scomodarono perfino centinaia di cammelli, carichi tra una gobba e l’altra di bisacce di pelle di capra gonfie di diamanti, intravisti deambulare, mezzi nascosti dal cannucciame, nell’alveo del fosso Vaccina in direzione della proprietà Guastini. Non si fecero scrupolo neanche di importunare il Presidente Reagan il quale, “personalmente di persona”, spedì via mare montagne di dollari: trenta miliardi la prima volta che, di raddoppio in raddoppio, raggiunsero diecimila milioni di miliardi, finiti in caveau svizzeri dopo aver sormontato montagne innevate.
Per non citare le candele d’oro ed i santini; i seimila maiali con tremila quintali di farina consegnati al pecoraro, nonché guardiano delle Tombe, col cui ricavato furono comprati “trenta ettari di pianura su per le montagne della Tolfa”.
Ovviamente il legittimo beneficiario rimase a becco asciutto: mai una consegna, tranne raccomandate con cambiali avallate per 900 miliardi da onorare. Vennero tirati in ballo generali che avrebbero dovuto dirimere la situazione ed ottenere legittimo risarcimento, dai nomi improbabili: Influenza e Polmonite della guardia di Finanza, Tosse Convulsa dell’Aeronautica, Calma piatta della Marina.
Con sublime fantasia vennero fondati nuovi Istituti bancari: la Banca della Scimmia ed il Credito cooperativo del Vaffanculo. Per non citare il cagnolo che, invece di ossa, sgarufando tirava fori biglietti da diecimila.
Era una Cerveteri spensierata, compartecipe di un film in presa diretta con un fratello che si districava da assoluto protagonista, in una storia dalla trama improvvisata.

Mia madre lo incontrava di frequente nel suo negozio per la programmata telefonata al segretario di Stato Vaticano cardinal Casaroli, e provandone simpatia gli chiedeva: “Ma signor Nello ci crede veramente!?”.
Lui, accennando un sorriso sornione rispondeva senza indugi: “Signora Filomè, ma nun l’ha capito che li sto’ a pià per culo a tutti quanti”.
Sono in molti a crederlo e essere convinti che abbia giocato coi suoi compaesani come fa il gatto di campagna con la coda della lucertola.