I RAGAZZI DI CASA SOTTOVENTO

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TANTE VITE, PIÚ VOLTI E UN SOLO GRIDO: «IO ESISTO!»

Il blu delle maioliche, le stoviglie a vista, la finestra sull’aia dove il cane si affaccia e mi accoglie. L’odore del caffè, le chiacchiere, i silenzi. L’imbarazzo difronte ad una sconosciuta misto alla curiosità di accoglierla. Si respira odore di famiglia a casa Sottovento dove Antonella è il faro. Non è invadente eppure il cardine di un gruppo, che intorno a lei, come fosse un focolare, si raduna per scaldarsi. Lo faccio anche io in questo pomeriggio assolato accolta in casa per una chiacchierata più che un’intervista.

Ho il piacere di conoscere i ragazzi di casa Sottovento, di cui conosco solo in parte le loro storie e che oggi mi accolgono nella loro dimora. Mi piace l’idea che il territorio possa conoscere quale patrimonio umano vi risiede. Una risorsa che la città, forse distratta, non sa di avere.

Fuori non ti comprendono è il pensiero condiviso dai ragazzi giunti a Sottovento per incapacità genitoriale. Non accettati per come sono, non compresi, dimenticati da chi dovrebbe amarli. Una circostanza che genera non solo sofferenza ma innesca anche tanta insicurezza e senso di colpa. Ebbene sì, se proprio chi ti ama ti dice “incapace” è vero! Gli credi diventando quel bambino “ingestibile” tanto da essere consegnato al Sistema. Si prende carico del fardello il servizio sociale, fatto di esperti impiegati non sempre qualificati per il ruolo assegnato loro. Una responsabilità che nel Bel Paese sembrerebbe essere assegna con leggerezza, non solo, qui la vita di un essere umano è nelle mani di un protocollo. E proprio le persone più fragili si ritrovano ad essere una pratica da svolgere.

Tra i posti dove sistemare un ragazzo senza famiglia o con una famiglia inadeguata a stargli accanto, si colloca la famiglia Sottovento, la casa dove mi trovo oggi. Una realtà fuori dal sistema, una famiglia appunto, quasi scomoda tanto è efficace, funzionale e produttiva. Dove tutti i giorni Antonella, Alessia e Davide fanno del loro meglio per crescere i ragazzi che arrivano.

“Si parla, si parla, si parla. A casa Sottovento si parla e si ascolta, soprattutto”.
Mi guardo intorno, c’è un ragazzo dal sorriso disarmante, lo chiamavano ribelle. Bello, dai modi gentili, non sa ancora cosa vuol fare da grande ma di sicuro saranno grandi cose perché guardandolo negli occhi c’è vita. Non è l’unico in cerca di sé stesso, la giovane donna che mi siede accanto sorride grintosa, sta cercando il suo posto nel mondo, consapevole intanto di essere giunta nel luogo giusto. Quello che lei definisce un’opportunità, che non si farà sfuggire nonostante le delusioni provate, ha coraggio da vendere. Si unisce a noi in punta di piedi, ha 17 anni, un sorriso dolce nonostante faccia di tutto per nasconderlo, ascolta con attenzione, il suo grido al mondo potrebbe essere: non giudicare! Un altro ragazzo, direi “il gigante buono” più loquace, racconta del suo amore per gli animali. Come molti di loro ha partecipato al corso da istruttore cinofilo suggerito dai responsabili e ha deciso di farne la sua professione, è circondato dagli amici a 4 zampe che abitano la casa, partecipano anche loro all’incontro. Chi ama i videogiochi e chi le due ruote, chi ti guarda con due occhioni smarriti e sinceri mentre lotta con la mancanza che ha dentro, per accettarla e guardare alla vita nonostante il dolore, difficile da sopportare, di non essere voluta, cercata, importante.

Esperienze che fanno sentire piccoli al confronto: non basterebbe una vita intera per provare le vicissitudini accumulate in una manciata di anni. É allora che comprendi quanto speciali sono i ragazzi che abitano a Sottovento, così fieri e coraggiosi nell’aprirsi al mondo. Nel tirare fuori le emozioni provate. Sono da Esempio, come tratto bene solo chi se lo merita, un ragazzo che, seppur con cautela, ti guarda negli occhi e condivide ciò che ha dentro, è coraggioso. In lui non ha vinto la diffidenza conseguente alle delusioni, in lui c’è speranza e fiducia nel prossimo. La stessa fiducia che il 13enne più chiacchierone del gruppo nutre per Antonella, a Sottovento finalmente si sente a suo agio, accettato e sta, come gli altri, smaltendo la rabbia che ha in corpo, frutto delle ingiustizie ricevute.

Andare alla radice del comportamento non fermarsi ad esso: l’alta competenza della responsabile D’Amico e di tutti gli assistenti che compongono lo staff, unita all’esperienza e alla dedizione profusa creano quel porto sicuro di cui parla Lorenzo, la cura per tutti i mali dell’anima. E il nido da cui spiccare il volo appena si è pronti.
Cosa dire al mondo fuori?
Di cose da raccontare ne hanno molte, nonostante la giovane età.

i ragazzi«Al mondo fuori: apri gli occhi, ascoltaci che noi siamo ancora qui. Ci hai provato in tutti i modi a buttarci giù e guarda ora come stiamo. Ti dispiace? Volevi che soffrissimo di più? Che stavamo zitti?
Stiamo urlando, più forte, ancora sù, più felici»

 

«NELLA VITA  E NEL MONDO CI VUOLE DETERMINAZIONE E CORAGGIO, MA ANCHE CALMA E TRANQUILLITÁ»
«VITA, MONDO CI HAI PROVATO A BUTTARCI GIÚ, MA SIAMO PIÚ FORTI»

«MENTRE PARLIAMO C’ERA SERENITÁ, TRANQUILLITÁ, FUORI C’É MOLTA CATTIVERIA, MENEFREGHISMO, MANCA COMUNICAZIONE, COMPLICITÁ».

«MI CHIAMO LORENZO STO A SOTTOVENTO PERCHÉ NON MI CAPIVANO I MIEI GENITORI…»
«IN QUESTO MONDO BISOGNA DISTINGUERSI PER SOPRAVVIVERE, CIRCONDARSI DI PERSONE POSITIVE E CHE SANNO ASCOLTARE LA TUA STORIA»

Essere un operatore in casa famiglia è il piacere di veder crescere i ragazzi, ascoltare, ridere e consolare. Il piacere di vivere giornate intere in una casa dove corrono, litigano, urlano, si arrabbiano, ridono, piangono, chiedono i grandi perché della vita. Veder rifiorire i ragazzi assistendo ai loro piccoli traguardi, così come dei loro dolorosi scivoloni, camminandogli accanto nella conquista di nuovi spazi, mentali e fisici, di sicurezza, autonomia, sogno di vita buona e migliore. Essere genitori.

Il pomeriggio scorre piacevole e si rivela un’opportunità di riflessione sull’agire quotidiano, per esempio l’atto di riconoscere il valore di una persona, quanto spesso si perde di vista? Oppure il saper perdonare e perdonarsi soprattutto! È l’impresa difficile su cui lavorano a casa Sottovento, nel loro personale percorso di guarigione. E lo fanno insieme, sono una squadra loro, si differenziano in questo da “fuori”, da noi, dove l’individualismo regna sovrano.

Preferisce ascoltare, parla poco ma quando lo fa accende la conversazione, pertinente e profonda considera il suo soggiorno a Sottovento una rivincita. Infine, un abbraccio alla più piccola di casa, giunta da poco a Sottovento sta muovendo i primi passi nel sentiero verso la rinascita.