I PENSIERI CATASTROFICI

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pensieri catastrofici

Tutti noi una volta o più nella vita abbiamo pensato che un evento o una serie di eventi potessero avere conseguenze gravissime.

Un classico esempio si ha quando un genitore chiama il figlio al telefono più volte e il figlio non risponde. Ciò che succede nella mente del genitore è una catena di pensieri che inizialmente hanno dei contenuti “reali” (“non risponde perché ha il cellulare silenziato”), fino ad arrivare a “gli hanno rubato il cellulare” (e qui il genitore ha già un’ansia importante) per poi pensare “è stato rapito/è morto/è in ospedale in uno stato di salute gravissimo” (qui il genitore è in un vero e proprio panico). Cerchiamo di seguire il passaggio ed lo sviluppo di questi pensieri: da un ancoraggio alla realtà, si passa a spiegazioni che possono essere reali ma che, in questo caso, sono alimentati (o alimentano) da uno stato d’ansia tale che porta la persona ad una sorta di distaccano dalla realtà. Cioè, è lo stato d’ansia e/o panico che fa diventare il pensiero staccato dalla realtà. Ci sono delle persone che sono costantemente in questo stato d’ansia, per tutto e per tutti oppure solo verso alcune persone, per esempio i famigliari. Intanto è importante evidenziare che il cervello, evolutivamente, ha imparato a strutturare pensieri a contenuto progressivamente catastrofico appena percepisce segnali di pericolo, per preparare la persona al peggio. È una sorta di difesa. Il problema si verifica nella perseverazione e nell’incastro delle idee catastrofiche. Le idee catastrofiche possono avere vari contenuti, “non attraverso la strada perché potrei non accorgermi di un auto che sta arrivando a grande velocità” oppure “quando mio figlio ha un raffreddore penso sempre che sia qualcosa di gravissimo, finchè non guarisce”.

Questi due esempi potrebbero nella realtà verificarsi ma ciò che differenzia una persona bloccata nel loop catastrofico da una classica preoccupazione, è il dare per certo che questi eventi si stanno verificando o si verificheranno. Quali potrebbero essere le cause? Le cause possono essere molteplici. Per esempio, una persona può aver appreso questo comportamento ansioso o catastrofico dall’adulto di riferimento e mantenerlo perché pensa che sia quello giusto (molto spesso si pensa che preoccuparsi in questo modo sia il sintomo di tanto amore e che il contrario voglia dire disinteresse). Un altro motivo potrebbe essere aver vissuto uno o più episodi di abbandono o una serie di eventi che hanno messo molta incertezza nella propria vita, recente o passata; spesso, infatti, l’ansia nasconde un abbassamento del tono dell’umore reattivo ad un lutto recente oppure risalente a molti anni prima o a veri e propri vissuti d’abbandono. Nella pratica clinica, noto che questi pensieri catastrofici si verificano dopo eventi luttuosi improvvisi o che hanno creato una frattura famigliare. Cosa fare per uscirne? Iniziare a “gonfiare” il piano di realtà, accostando alla convinzione catastrofica l’idea che questa è rara oppure pensare sempre più spesso ad un evento con sviluppi semplici (per esempio, l’immagine che si attraversa la strada e basta). Un’altra cosa da fare, è capire se questi pensieri sono sempre stati presenti oppure hanno iniziato ad un certo punto della vita. Così la persona racchiude l’esordio di questi pensieri, in un piano di realtà, con coordinate spazio-temporali concrete. Questa è la parte cognitiva. È importante anche considerare la parte emotiva che, però, è personale e difficilmente ripetibile in poche parole.

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Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dottoressa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense
Cell. 338/3440405