I meccanismi psicologici di difesa sono comunemente usati da tutti noi, ne sono stati delineati una ventina ed agiscono a livello inconscio.
Essi sono una strategia che la psiche utilizza per proteggerci dal prendere consapevolezza di desideri, bisogni, pulsioni, contenuti e rappresentazioni mentali potenzialmente angoscianti, disturbanti o in qualche modo fonte di sofferenza e che in noi si sono attivati, generandoci ansia. Fu Sigmund Freud il primo a descriverli e a capirne la funzione per l’equilibrio mentale e poi la figlia Anna, anche lei psicoanalista, continuò il lavoro del padre ampliandone la classificazione.
Da allora per gli psicoterapeuti che lavorano seguendo un orientamento psicoanalitico o psicodinamico i meccanismi di difesa sono un elemento centrale del lavoro con il paziente, nel senso che uno degli obiettivi del lavoro terapeutico è quello di aiutare il paziente a capire in quali modi – cioè attraverso l’utilizzo di quali meccanismi di difesa – egli gestisce l’angoscia. Ulteriore passo del lavoro con il paziente è poi quello di capire assieme a lui che cos’è che gli fa provare un senso d’angoscia: quali contenuti mentali, conflitti, pulsioni, emozioni, etc.
Trai i meccanismi di difesa ce n’è uno chiamato “Sessualizzazione” o “Istintualizzazione”. Esso consiste, come suggerisce il nome, nell’usare il sesso come una difesa: le attività e le fantasie sessuali possono essere usate difensivamente per padroneggiare l’angoscia, per recuperare l’autostima, per controllare la vergogna o per sottrarsi ad una sensazione di noia e morte interiore. Le persone possono sessualizzare qualunque esperienza con l’intento inconscio di convertirela paura e la sofferenza, o qualsiasi altro vissuto soverchiante, in eccitazione. Pensiamo ad esempio a quanto possa essere annichilente la sensazione di morte interiore, il senso di vuoto, la paura “di non esistere” o di far fatica a trovare un senso nella propria vita. La questione centrale da capire è che l’eccitazione sessuale è un mezzo efficace per sentirsi psicologicamente vivi. Nella masturbazione compulsiva/ninfomania il piacere orgasmico cercato ossessivamente ha proprio questa funzione. Altre volte invece il sesso serve per difendersi dall’amore e dal conseguente sentimento di attaccamento/dipendenza di cui la persona ha bisogno, ma al contempo timore a causa di un infelice esperienza infantile di relazione con i suoi genitori. In questo caso il sesso è scisso (disgiunto) dal sentimento ed usato per avere un contatto umano, ma senza “il rischio” di un legame affettivo. Lo studio di persone con insolite inclinazioni sessuali, o che si masturbano compulsivamente ha rilevato spesso nelle loro storie esperienze infantili che hanno sopraffatto la capacità del bambino di elaborarle e sono state successivamente trasformate in attive sessualizzazioni del trauma. Per esempio lo studio di Stoller (1975) sul masochismo ha messo in luce che chi riferisce di aver bisogno di provare dolore per raggiungere la gratificazione erotica aveva subito nell’infanzia cure mediche intrusive e dolorose.
Sarebbe tuttavia fuorviante dire che sessualizzano solo coloro che hanno vissuto traumi: tutti possono farlo in certi momenti della vita per fuggire da stati d’animo difficili da tollerare.
Dottor RICCARDO COCO Psicologo – Psicoterapeuta
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