I mali della nostra Repubblica

0
860
decreto

di Antonio Calicchio

Mentre sono trascorsi, ormai, sei mesi dalle elezioni politiche della XVIII legislatura repubblicana, non è inutile fare delle considerazioni su alcuni mali del nostro Paese, della sua politica e del dibattito pubblico.

Il primo, è la partigianeria politica; l’Italia è sempre stato il Paese dei campanili, nel bene e nel male, e, oggi, nell’era della tecnica, i social network sono subissati di scontri tra fazioni di sostenitori delle differenti parti politiche, che militano più che ragionare. Il principio del presupponendum di Ignazio di Loyola – parti dall’ipotesi che il tuo interlocutore/avversario abbia una parte di verità e che sia in buona fede – è un principio sistematicamente violato. E più che incontri fra persone, si inscenano scontri fra burattini, un teatro comico, ma anche tragico.

Il secondo male, è rappresentato dal livello medio di competenze; e ciò, nel complesso, rende gli Italiani meno capaci di valutare l’attuabilità delle promesse delle forze politiche. Questo aumenta la tentazione delle medesime a sfruttare cinicamente la situazione per rilanciare promesse velleitarie ed illusorie. Un tempo, valevano riferimenti culturali e morali che aiutavano le persone ad orientarsi; oggi, siamo tutti più soli e più deboli davanti alle bufale in rete e alle false verità. E a concezioni deliranti come quella, fatta dilagare, secondo cui i problemi italiani “dipendono dai migranti”.

Il terzo male, è proprio la perdita del senso del reale. Ai tempi della peste – quella narrata anche nei “Promessi sposi” di Manzoni – vi erano gli untori. Quando esiste un problema, la tentazione è sempre quella di una via d’uscita semplice, di una bacchetta magica, di una fuga dalla realtà. Di una accusa che appaga ed eccita. E gli untori odierni sono l’euro e gli stranieri. Ma i mali italiani sono l’accumulo, nel tempo, di problemi che soltanto lentamente e faticosamente, sempre nel tempo, potranno essere risolti. Uscire dall’euro significherebbe corsa in massa agli sportelli bancari, fallimenti degli istituti di credito, speculazione finanziaria, default del debito pubblico, rinegoziazione coi creditori esteri ed inflazione, che si divora risparmi e competitività. Sarebbe come voler ristrutturare casa demolendo il muro portante o voler spegnere l’incendio in cucina gettandosi dalla finestra del quinto piano, anziché utilizzando l’estintore o scendendo dalle scale. Ma gli Italiani non sono tutti ingegneri o economisti, e muovere guerra alle regole della matematica o della gravità è meglio che rimboccarsi le maniche per risolvere i propri problemi quotidianamente. Ma è proprio questo che occorre fare. Combattendo contro i nostri “vizi capitali”, come la corruzione, la lentezza della giustizia, la burocrazia pletorica, la criminalità organizzata che generano ostacoli e vincoli a chi intende creare lavoro. Ed elaborando soluzioni razionali e sagge al problema dell’economia globale che è la corsa verso il basso nel costo del lavoro che produce precarizzazione e moltitudini di “scartati”.

Il quarto male, è costituito dal tatticismo – esasperato – delle forze politiche, le quali pensano più al loro tornaconto elettorale, che al bene del Paese. E agiscono nell’illusione di disporre di modelli che dicono quale sarà questo tornaconto di qui alle prossime elezioni. Pertanto, da un lato, puntano a drogare il corpo elettorale con miraggi di soluzioni inattuabili e, d’altro lato, concludono che la cosa migliore è “mettersi da parte” per far sperimentare agli Italiani un po’ di tragedia greca  e farli rinsavire.

Ed infatti, molti ritengono che, a fronte di questi mali, oggi, probabilmente, non altro rimedio esiste se non viverne, sulla nostra pelle, gli effetti negativi. E mandare al governo chi ha sbagliato e ha sobillato le coscienze che – ovviamente – è sempre qualcun altro. E’ come dire che la terapia per il nazifascismo non poté che essere la Seconda guerra mondiale. Dinanzi a tale tentazione, è indispensabile cominciare a ragionare. Si può e si deve pensare che non sia vero. Che vi sia una via d’uscita migliore. Pure questo potrebbe essere un errore, ma almeno occorre provarci.

Tutti gli Italiani e tutte le forze politiche delle ultime elezioni debbono divenire consapevoli che questi sono i nostri mali, e possono decidersi a far emergere da loro il meglio di sé; è possibile affrontare e curare i mali d’Italia, se ci impegniamo tutti, nessuno escluso. Ma è necessario accettare il fatto che alla soluzione si perviene lentamente, e non certo per miracolo.