Come vivere, senza pioggia, nel deserto di Atacama
di Giovanni Zucconi
Il loro nome sembra uscito da una favola: I cacciatori di nebbia. Ma non vi racconterò una storia di maghi e druidi alle prese con potenti sortilegi, ma vi parlerò di uomini e di donne che riescono a sopravvivere nell’ambiente più ostile che esiste sulla terra: il deserto cileno di Atacama. E’ una storia talmente lontana dalle nostre esperienze, che si fa fatica a capire fino in fondo tutta la sua drammaticità e la sua lezione. Per noi l’acqua è un bene abbondante e scontato. Esce dai rubinetti quando ne abbiamo bisogno o la troviamo nelle bottiglie dei supermercati. La vediamo scorrere nei fiumi e riempire le depressioni dei laghi. Dalle nostre fontane zampilla senza sosta, solo per allietare gli occhi dei turisti o per rinfrescarli nei giorni caldi dell’estate. Ma non è un’abbondanza condivisa da tutte le popolazioni della Terra. Per molti, troppi, quasi un miliardo di persone, l’acqua è una risorsa crudelmente limitata. E’ un bene necessario per la sopravvivenza, ma che può richiedere, a volte, ore ed ore di cammino per poterne raccogliere la quantità sufficiente per la sopravvivenza della propria famiglia. In molte zone dell’Africa, soprattutto le donne, percorrono decine di km per poter raggiungere il primo pozzo con acqua potabile. C’e un progetto del Kenia che prevede che, il prima possibile, tutta la popolazione possa disporre di una fontanella posta in prossimità della propria abitazione. Viene facile chiedere una riflessione sui nostri sprechi insensati da nazioni ricche. Abbiamo accennato ai km che devono fare alcune popolazioni dell’Africa per poter raccogliere l’acqua potabile dei pozzi. Ma non è la situazione più difficile ed estrema che possiamo trovare nel nostro mondo. Almeno loro i pozzi ce l’hanno. C’è chi non ha nemmeno quelli, e deve trovare il modo di sopravvivere lo stesso. Parliamo dei villaggi di pescatori e minatori che vivono nel deserto di Acatama, nel Cile settentrionale. Non sono pochi. Sono circa un milione di persone che vivono in questo luogo arido, confinati una striscia di terra costiera. Chiamarlo luogo arido è un eufemismo. Ci sono stati periodi, anche di 40 anni, nei quali non è caduta nemmeno una goccia di pioggia. La particolare posizione geografica, tra due catene montuose ed altre particolarità climatiche, rende praticamente impossibile la formazione di nubi. E’ talmente sterile, che le apparecchiature usate per ricercare la vita su Marte, la volta che furono provate nel deserto di Acatama, non hanno rilevato nessuna presenza di vita, neanche microbica. Ma per fortuna è una regione molto nebbiosa, e un progetto cileno, sviluppato negli anni 80, ha sfruttato in modo geniale questa caratteristica: intrappolando la nebbia. Come funziona? Una rete sottile, sintetica, di diversi metri quadrati viene tesa tra due pali posti sulla montagna. Il vento spinge delle goccioline di acqua sulla rete. L’acqua di queste goccioline rimane intrappolata nelle fibre di questa rete. Più forte è il vento e più porterà acqua, e le goccioline diventeranno gocce sempre più grandi. Crescendo, la goccia diventa così pesante che comincia a scivolare nella rete e viene poi raccolta in diversi serbatoi. L’acqua viene poi incanalata in alcune condutture e portata ai villaggi. Con questo sistema vengono prodotti, ogni giorno, tra i 5 e i 15 litri di acqua per metro quadrato di rete. Non è molto, ma per chi ha poche altre alternative è moltissimo, e può fare la differenza tra sopravvivere o morire. Questa “tecnologia”, chiamata anche dei pozzi aerei, è stata implementata, per la prima volta, in un villaggio di pescatori cileni di circa 300 persone. Alla fine del progetto, i cacciatori di nebbia, riuscivano a raccogliere, in media, fino a 11.000 litri di acqua al giorno. Per la prima volta, gli abitanti del villaggio riuscirono a bere con regolarità, a fare il bucato e addirittura riuscirono a coltivare un piccolo orto e ad allevare polli e anatre. Si installarono anche i primi bagni. Questa tecnica, se diffusa, potrebbe essere una valida fonte di approvvigionamento per le regioni costiere aride, dove sono abbondanti l’umidità e la nebbia ma non la pioggia. Per fortuna l’esempio del deserto di Acatama ha fatto scuola, e ci sono altri cacciatori di nebbia in altre parti del mondo: Canarie, Perù, Nepal e anche in Africa.